la Repubblica, 30 dicembre 2014
È ancora mistero sul volo AirAsia QZ 8501 svanito da qualche parte a metà del tragitto previsto tra Surabaya in Indonesia e l’isola di Singapore. Due chiazze d’olio trovate in mare e ancora all’esame dei periti, oltre ad alcuni detriti che a quanto pare non hanno niente a che fare con l’Airbus A320 200, sono le uniche tracce a disposizione dei ricercatori
Altre dodici ore di luce non hanno rivelato molto di più sulla sorte del volo AirAsia QZ 8501 svanito da qualche parte a metà del tragitto previsto tra Surabaya in Indonesia e l’isola di Singapore. Due chiazze d’olio trovate in mare e ancora all’esame dei periti, oltre ad alcuni detriti che a quanto pare non hanno niente a che fare con l’Airbus A320 200, sono le uniche tracce a disposizione dei ricercatori distribuiti tra l’isola di Bangka Belitung a largo di Sumatra e Pontianak sulle coste occidentali del Borneo-Kalimantan.
È qui, in acque relativamente poco profonde, che potrebbe essersi inabissato il relitto con le 162 persone a bordo, secondo i calcoli delle ultime traiettorie radar. C’è l’ipotesi plausibile che l’aereo sia venuto giù domenica mattina a causa del forte maltempo e i venti incrociati, anche se nessuno esclude guasti tecnici, né la combinazione di un errore di valutazione del pilota sulla velocità di navigazione ingannato dagli strumenti avariati, o perfino un sabotaggio. Tra gli elementi in grado di portare luce nel giallo della nuova scomparsa di un aereo malese dopo il caso dell’Mh370 svanito 9 mesi fa, ci sono due minuti circa di conversazione tra il pilota Irianto e i controllori del traffico aereo nelle torri del Soekarno Hatta Airport a Giakarta.
Le ultime frasi sono state registrate poco prima che l’aereo scomparisse dal radar. Il direttore per gli standard di sicurezza Darjono Visnu ha rivelato che la conversazione inizia con la richiesta già nota del capitano di volare più in alto, ossia al “livello 380”, il codice che sta a indicare un’altezza di 38 mila piedi, ovvero 12 chilometri, due sopra la media. Si sa anche che l’autorizzazione gli venne negata perché nello stesso tratto di cielo c’erano ben sei altri aerei. Tutti evidentemente alle prese con le stesse turbolenze e alla ricerca di uno spazio sopra le nuvole a “livello 380”. La novità è che – secondo Visnu – il pilota del volo scomparso non avrebbe spiegato la sua richiesta, perché in caso di emergenza per una tempesta è regola concedere accesso prioritario su una rotta alternativa. L’approvazione giunse dopo appena due minuti, ma quando la Torre ha chiamato per dare l’ok non c’era già più nessuno a rispondere. L’incertezza ha gettato ancora di più nello sconforto le famiglie ospitate negli alberghi vicini all’aeroporto di Surabaya. «Papà, torna, ho ancora bisogno di te», ha detto in un accorato messaggio la figlia ventenne del pilota Irianto. Ma ben pochi nutrono ancora speranze, e aspettano quantomeno un segnale di avvistamento del relitto da una delle 12 navi, cinque aerei, tre elicotteri spediti dal governo e aiutati nelle ricerche dai mezzi delle vicine Singapore e Malesia oltre alle barche dei pescatori di Belitung.
L’AirAsia anche ieri ha insistito nel ricordare i record di sicurezza della compagnia che ha trasportato nei suoi 13 anni di vita oltre 220 milioni di passeggeri, e ha contribuito a sviluppare il traffico aereo asiatico dove oggi operano numerose altre società low cost non sempre altrettanto affidabili. Nonostante un aumento del 20% di passeggeri all’anno lo scalo di Giakarta, costruito per 22 milioni di transiti l’anno contro gli attuali 60 milioni, non ha saputo adeguare gli standard di sicurezza. L’Indonesia vanta un tragico primato di incidenti nelle fasi di partenza, volo e atterraggio, e solo cinque delle 67 compagnie registrate dal governo hanno requisiti accettabili per volare in Europa.