Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 30 Martedì calendario

Un capodanno da paura con Dario Argento. In tv un ciclo di film dedicato al maestro italiano del brivido, che parla anche del suo nuovo lavoro con Iggy Pop, The Sandman. «A volte mi rinchiudo in squallide stanze d’albergo di squallidi alberghi e mi lascio trasportare dall’istinto e dalle mie sensazioni. La solitudine è la mia vera compagna di lavoro»

Capodanno d’Argento, con la A maiuscola, è l’inusuale scelta che Iris ha fatto per il 31 dicembre: una maratona di film tutti diretti da Dario Argento. Si partirà alle 21 con Profondo Rosso, la pellicola più celebre del 74enne regista romano che si appresta a trascorrere un ultimo dell’anno tranquillo come pochi altri: «Lo passerò con amici di vecchia data, solidi e fidati. Non sapevo di questa iniziativa di Iris, ne sono soddisfatto perché i miei film sono come figli». Dopo Profondo Rosso sarà la volta de La sindrome di Stendhal (ore 23.50), Non ho sonno (1.50), La terza madre (3.50) e Il fantasma dell’Opera (5.30). Una notte del terrore all’insegna di un regista che sta vivendo un periodo felice per via della autobiografia dal titolo Paura (Einaudi) e per il nuovo progetto che dovrebbe prendere corpo in estate quando Argento inizierà a girare il suo nuovo film con Iggy Pop – proprio lui, l’Iguana rock statunitense – tra i protagonisti. Incontriamo il regista, molto eccitato per l’anno che verrà. Ma con un grande rimpianto personale che svela in esclusiva a Libero.
Non si vive di rimpianti, ma lei ne ha mai avuto uno?
«Sì, non ne ho mai parlato ma ora è venuto il momento: negli anni 80 avevo scritto la sceneggiatura di un film, ebbene quello script è andato perduto, sparito per ragioni assolutamente misteriose. È andato perduto tutto: trama, descrizione dei personaggi, location, dialoghi…».
Possibilità di recuperare quella sceneggiatura?
«Zero. Non ve ne sono. E mi spiace immensamente. È il mistero vero della mia vita».
Lei ha intitolato il suo libro Paura, mai scelta fu più azzeccata: ma per Argento cosa è la paura?
«Un corridoio buio, retaggio della mia infanzia. Non avevo disagio per il buio ma il corridoio di casa. Camera mia era là in fondo e io avanzavo terrorizzato, poi correvo e mi chiudevo la porta dietro le spalle, quindi mi infilavo nel letto. Pensavo: anche per stanotte sono salvo».
Situazione che ha ricreato in molti film…
«Pensate soltanto al corridoio con i quadri di Profondo Rosso…».
Profondo Rosso: nel 2015 cadrà il quarantennale di quel film. Lo considera il suo fiore all’occhiello?
«Mi consacrò in Italia dopo tre film fortunati quali erano stati L’uccello dalle piume di cristallo, Quattro mosche di velluto grigio e Il gatto a nove code. Ma sui mercati internazionali il più apprezzato di tutti è stato Suspiria, una storia di streghe che, per la sua bizzarria, mi fece conoscere in tutto il mondo: Francia, Usa e persino in Giappone».
I Goblin stanno lavorando sulla colonna sonora del suo nuovo film, titolo provvisorio The Sandman. Un thriller su un serial killer che ama togliere gli occhi alle vittime per conservarli come reliquie. Cos’altro ci può anticipare?
«Che Iggy Pop sarà effettivamente uno dei protagonisti e che dovrei iniziare a girare all’inizio dell’estate».
Sua figlia Asia, presente in ben cinque suoi film, ci sarà?
«No».
Nei suoi film la musica ha avuto un ruolo fondamentale: l’accoppiata Argento-Goblin ha fatto epoca, tra l’altro quella band guidata da Claudio Simonetti sta andando in tour per interpretare proprio le musiche dei suoi film. Li ha scoperti lei?
«Sì. Per Profondo Rosso avevo puntato in alto, pensando ai Pink Floyd o ai Deep Purple. Sentivo che la musica doveva essere non un tappeto musicale ma parte integrante del film, quasi un personaggio».
Alla fine si affidò a una band sconosciuta…
«Fu una scelta felicemente incosciente. Lo stesso aveva fatto il grande Sergio Leone quando chiamò il sottoscritto e un giovane Bernardo Bertolucci per collaborare alla storia di C’era una volta il West. Io puntai sul giovanile entusiasmo dei Goblin».
L’attore con cui si è trovato meglio?
«Celentano, protagonista in uno dei pochi non thriller che ho girato, e cioè lo storico Le Cinque Giornate. Adriano è stato uno degli attori più facili da dirigere”.
E con David Hemmings, star in Profondo Rosso, come andò?
«Tutto bene, il suo talento mi era stato ispirato dal film Blow Up di Antonioni, thriller onirico nel quale David era il fotografo protagonista della storia».
Mai avuto problemi con gli attori?
«Parecchi con Tony Musante durante le riprese de L’uccello dalle piume di cristallo. Ci furono scontri tra noi».
Considera Alfred Hitchcock il suo maestro?
«Sì. Un aneddoto: fu lui a vietare al pubblico l’entrata in sala quando Psyco era già iniziato, per lui quel film lo si doveva vedere dall’inizio. Feci lo stesso per Profondo Rosso. Ai titoli di testa chiesi di far chiudere le porte dei cinema».
Negli anni 70 raccontò la paura a un’Italia che di paura ne aveva già abbastanza visto che stava vivendo gli anni di piombo. Oggi è ugualmente facile raccontare la paura?
«Quando nei cinema venivano proiettati Profondo Rosso o Suspiria, per le strade si sparava. C’era il terrorismo e l’Italia era terrorizzata per la realtà di tutti i giorni. Oggi l’atmosfera è un po’ diversa».
Il suo cinema è stato figlio dei tempi?
«No. Io giravo e in Italia accadevano cose, belle o brutte. Ho sempre separato il lavoro da quel che sentivo al telegiornale».
Vero che per scrivere le sceneggiature lei si isola? Preferisce la solitudine al lavoro di gruppo?
«A volte mi rinchiudo in squallide stanze d’albergo di squallidi alberghi e mi lascio trasportare dall’istinto e dalle mie sensazioni. La solitudine è la mia vera compagna di lavoro».