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 2014  dicembre 29 Lunedì calendario

Il caso dei gemelli contesi. Un anno dopo l’errore del Pertini, i genitori biologici ancora non sia arrendono

Uno scherzo del destino, un errore umano, una grande gioia e un grande dolore. Speranze tradite ed esaudite. Ci sono pezzi di vita, sentimenti, emozioni, responsabilità in questa storia che ha come protagonisti un bambino e una bambina cresciuti nell’utero sbagliato, contesi tra due coppie di genitori. Quelli naturali e quello biologici. Un errore nell’impianto degli embrioni il 6 dicembre 2013, rivelato da La Stampa, e il destino di sei persone non è stato più lo stesso. La madre che ha partorito e suo marito, la donna e l’uomo a cui appartenevano gli embrioni, i due gemelli nati in mezzo a questo gran pasticcio. Venuti al mondo alle 8,58 di domenica 3 agosto, all’ospedale San Salvatore dell’Aquila due chili e quattro lui, un chilo e nove lei. Due nomi esotici, frutto della passione per l’oriente di mamma e papà. Subito registrati allo stato civile dell’Aquila con il cognome del marito della donna che ha partorito. 
«Non so come sia potuto accadere», disse la biologa responsabile dell’impianto. Ma è accaduto e da quel momento, da quando le due coppie sono state informate dello scambio, è iniziata una contesa che ha portato fino in Europa dove il ricorso della madre e del padre biologici non è stato giudicato ammissibile visto che l’iter nelle sedi giudiziarie italiane non è stato completato. Nella fattispecie i giudici di Strasburgo affermano che i ricorrenti non hanno iniziato alcun procedimento civile o penale per far accertare le responsabilità dell’ospedale e del personale medico per quanto è accaduto e ottenere un riconoscimento del danno subito. Iter che hanno deciso di percorrere fino in fondo questi due genitori traditi da chi li doveva aiutare. «No comment» dice l’avvocato Paoletti. Ma fonti vicine alla coppia assicurano una nuova ondata di denunce in sede civile e penale.
Il primo pronunciamento della legge italiana è del giudice monocratico Silvia Albano: i gemelli devono crescere con la madre biologica e con il marito e non con i genitori genetici. Perché, nonostante un vuoto legislativo, «la letteratura scientifica è unanime nell’indicare come sia proprio nell’utero che si crea il legame simbiotico tra il nascituro e la madre. D’altro canto, è solo la madre uterina che può provvedere all’allattamento al seno del bambino. Non può, pertanto, non ritenersi sussistente un interesse dei minori al mantenimento di tale legame, soprattutto alla luce del fatto che i bambini sono già nati e nei loro primi giorni di vita deve ritenersi abbiano già instaurato un significativo rapporto affettivo con entrambi i genitori e sono già inseriti in una famiglia».
Oggi i due piccoli hanno 4 mesi e mezzo e crescono ignari nella casa di chi li ha portati in grembo e messi al mondo. Hanno trovato i regali sotto l’albero, sorridono ai volti di mamma e papà, alle coccole dei parenti, riconoscono il loro odore. Crescono in una certezza di affetti a cui dovrebbero avere diritto tutti i bambini del mondo. In un’altra casa il Natale è molto diverso per chi sente di aver subito uno scippo, quei due embrioni, oggi bellissimi bambini, che hanno i loro codici genetici. Il desiderio di avere degli eredi tradito da un errore. O forse no solo dal destino. Perché non è detto, spiegano gli esperti, che quei due embrioni nell’utero della madre biologica sarebbero cresciuti. Tanti «se» che oggi non hanno molto valore. 
«Gli diremo tutto quando avranno l’età per capire», hanno assicurato mamma e papà. Mentre gli altri genitori preparano la battaglia legale. Non vogliono arrendersi. E questo si era già capito quando chiesero di mettere i neonati in una casa famiglia in attesa dell’ultima parola della legge sull’affidamento dei piccoli. «Io e mia moglie rimanemmo sbalorditi alla notizia», commentò il papà «legale».«Comprendiamo la sofferenza di quella coppia, ma sinceramente il bene dei gemelli viene prima di tutto. E il loro bene non consiste certo nell’essere trasferiti in una struttura socio-sanitaria».
«Siamo stati tacciati di essere stati giuridicamente aggressivi», si lamentò Nicolò Paoletti, avvocato della coppia biologica che a quei piccoli non vuole rinunciare. Un botta e risposta via media che ha alimentato ansie e tensioni. «E infatti adesso ci teniamo a non apparire», spiega Paoletti. «Quello che faremo non dovrà finire sui giornali». Sul caso intervenne anche la ministra della Salute Beatrice Lorenzin: «Se fosse capitato a me e fossi stata la mamma che aveva in grembo questi gemellini, li avrei sentiti come miei a prescindere». Una storia umana, una palestra di dibattito per giuristi. Chi si richiamava alla legge per cui è madre chi partorisce. Chi invece sostiene che i due bambini non sono figli della madre gestante visto che «manca il presupposto del consenso all’impianto di embrioni non propri». In mezzo due bambini che a un certo punto dovranno fare i conti con la loro nascita.