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 2014  dicembre 29 Lunedì calendario

Tony Fernandes, l’uomo che ha fatto volare oltre 200 milioni di passeggeri a prezzi accessibili ma che ora, dopo la scomparsa di un altro aereo malese, vive il suo peggior incubo. Acquistò la Air Asia a 20 centesimi per replicare nel continente il successo di Ryan Air e Easyjet, mantenendo però un servizio di alta qualità: sedili in pelle, puntualità, personale di bordo sempre cortese, promozioni e nuove rotte per vacanze da sogno

Per 600 milioni di persone nel Sud-Est asiatico, e ormai anche più in là, «Air Asia» è quasi un sinonimo di compagnia aerea low cost in generale. Come «biro» per una penna a sfera, o «scotch» per il nastro adesivo. Nell’ultimo decennio, l’azienda guidata da Tony Fernandes ha fatto volare oltre 200 milioni di passeggeri a prezzi accessibili: un impero costruito intercettando con tempismo perfetto l’espansione della classe media regionale all’inizio del «secolo asiatico».
«Chiunque può volare»
Lo slogan aziendale, «Now everyone can fly», è eloquente. «Chiunque» può volare Air Asia, spesso con poche decine di euro e mai con più di qualche centinaio. E con rotte sempre più capillari – oltre 100 aeroporti serviti in 21 Paesi – la compagnia puntava ormai anche al volare «dovunque»: dal suo nucleo nel Sud-Est asiatico si è espansa in Cina, India e Giappone, inglobando un altro paio di miliardi di potenziali passeggeri. Il tutto tra alti standard di sicurezza e mai una vittima prima d’ora, con un solo incidente registrato: un atterraggio d’emergenza che aveva provocato lievi danni al velivolo. Tale successo ha dato vita a una proliferazione di rivali, ma il predominio regionale resta incontrastato, e i riconoscimenti continuano: tra di essi quello di «miglior compagnia low cost al mondo» per ognuno degli ultimi 6 anni.
Dalla musica agli aerei
L’intuizione di Fernandes, malese 50enne della minoranza indiana, sembra ora elementare. Ma quando l’ex imprenditore discografico rilevò l’Air Asia nel 2001, in molti gli diedero del pazzo. Nei quattro anni precedenti, la compagnia nata da una costola della Malaysia Airlines era rimasta al palo, affossata dalla crisi economica del 1997 e talmente indebitata che l’allora premier malese Mahatir Mohamad la «regalò» all’ambizioso Fernandes per 20 centesimi di euro. Il nuovo patron era però convinto che il modello Ryanair e Easy Jet si potesse replicare in Asia, e per inseguire il suo sogno impegnò tutti i soldi risparmiati nei 14 anni alla Warner, più quelli dell’ipoteca sulla casa.
Mentre in Europa le low cost si guadagnavano la fama di offrire servizi così essenziali da risultare poco sopportabili, l’Air Asia è riuscita a mantenere un’immagine vincente: sedili in pelle, puntualità, personale di bordo sempre cortese, frequenti promozioni e nuove rotte per vacanze da sogno.
Lo stile di Tony
Con il suo stile rilassato, sorriso e cappellino rosso con il logo d’ordinanza, Fernandes è diventato un personaggio che riassumeva la filosofia dell’azienda. Così come tutti potevano volare, tutti potevano avvicinarlo: dipendenti con cui a volte condivideva i turni al check-in o allo smistamento bagagli, oppure i clienti con i quali volava da passeggero qualunque, stringendo mani e firmando autografi.
Un tutt’uno, l’uomo e l’azienda che lo ha reso milionario: ma che ora, come ha twittato ieri, si trova a fronteggiare «il mio peggiore incubo».