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 2014  dicembre 29 Lunedì calendario

La recessione si è mangiata ben 40 giorni di spese per beni e servizi di consumo rispetto al 2008. Sei anni fa potevamo permetterci 248 giorni di lavoro per comprare abiti, scarpe, cibo, benzina e quant’altro. Ora ce ne restano solo 204. E le tasse? Sei giorni in più per pagarle

La recessione in Italia si fa sentire, eccome. Immaginiamo che il reddito famigliare sia come una timeline lunga un anno. Ebbene, dal 2008, anno di inizio di questa lunga crisi che sta entrando nella sua terza recessione, una coppia con un figlio (a condizione che entrambi i coniugi abbiano mantenuto il proprio posto di lavoro) ha dovuto tagliare 40 giorni di spese (il tempo di lavoro "impiegato" per l’acquisto di beni e servizi di consumo, dall’alimentare ai trasporti), ha avuto bisogno quasi di una settimana in più per pagare imposte e contributi e – immersa in una incertezza globale sul proprio futuro – ha visto in questi sei anni triplicare la quota di reddito non speso (liquidità che viene utilizzata per il risparmio e per la previdenza complementare), balzata dal 4,4% al 13,7 per cento. Un trend analogo ha colpito anche le coppie con due figli (vedi grafico a fianco): i giorni dedicati alla spesa sono scesi dai 248 del 2008 agli attuali 204, il tempo per onorare i propri impegni con il Fisco è cresciuto da 99 a 105 giorni e il reddito non speso è schizzato al 15,3% quando all’inizio della crisi era solo del 5,1 per cento. A tracciare il "calendario della spesa 2014" delle famiglie italiane è l’indagine "Consumer end day" elaborata dal Centro studi Sintesi, il cui scopo è calcolare il numero di giorni di lavoro necessari a due famiglie-tipo per acquistare beni e servizi dopo aver pagato le tasse, mentre la parte residuale costituisce la propensione al risparmio.
«In prima battuta – sottolinea la ricerca del Centro studi Sintesi, curata da Alberto Cestari – emerge la crescita della quota del reddito lordo familiare destinata al pagamento delle imposte e dei contributi, che per entrambe le tipologie di coppie aumenta di sei giorni all’anno. La dinamica si può spiegare con l’andamento dell’imposizione locale: secondo il nostro modello, il totale di quanto versato a titolo di addizionali Irpef, tasse rifiuti e Imu è aumentato del 65% per la coppia con un figlio e del 66% per la coppia con due figli. L’incremento del fisco locale è una conseguenza dei tagli alle amministrazioni locali operati negli ultimi anni. Ed è giusto osservare che l’Irpef e i contributi previdenziali, più strettamente legati alla dinamica reddituale, sono aumentati complessivamente del 14,5% per entrambe le tipologie famigliari».
In secondo luogo, il "Consumer end day" mostra la «rilevante flessione della spesa per consumi delle famiglie. La quota di reddito famigliare lordo, espressa in giorni, destinata ai consumi diminuisce di circa sei settimane per entrambe le famiglie considerate, una tendenza confermata sia dai dati della spesa in termini nominali calcolata dall’Istat (-5% tra il 2008 e il 2013), sia dai dati sull’andamento reale dei consumi recentemente diffusi dalla Commissione Ue, che ha registrato un taglio del 6,8% nel periodo 2008-2014».
E non è finita qui. Un ulteriore indizio che conferma la dinamica generale dei consumi in Italia viene fornito dall’Iva. «Dal nostro modello risulta infatti che il numero di giorni spesi per il pagamento di questa imposta si riduce da 26 a 22 per la coppia con un figlio e da 27 a 21 per la coppia con due figli. Dati inequivocabili che confermano la crisi dei consumi: nonostante l’aliquota ordinaria sia aumentata due volte, nel settembre 2011 e nell’ottobre 2013, passando dal 20% al 22%, il gettito dell’Iva, in base ai dati del dipartimento delle Finanze, tra il 2008 e il 2014 è diminuito del 5,9 per cento, da 91,12 miliardi a 85,74».
Con quali conseguenze? «In pratica, è aumentata la quota di reddito non speso, dato per definizione dalla differenza tra il reddito lordo, le imposte e la spesa per consumi. Tra il 2008 e il 2014 la quota di reddito non speso, in rapporto al reddito lordo, sale infatti dal 4,4% al 13,7% per la coppia con un figlio e dal 5,1% al 15,3% per la coppia con due figli».
Insomma, l’identikit del "Consumer day" mostra una famiglia italiana che, pur subendo pesantemente le conseguenze negative della crisi, ha comunque cercato di "tutelarsi". Lo confermano anche i dati sui depositi bancari: secondo Banca d’Italia risultano in crescita del 16% tra settembre 2011 e settembre 2014, quando sono passati da 741 a 859 miliardi.
Ma non solo. Non tutto il "reddito non speso" può essere considerato risparmio. «Ci sono risorse residuali che possono essere utilizzate per il pagamento di imposte minori non considerate nella nostra analisi», si legge nello studio del Centro Sintesi. Infine, va registrata la crescente rilevanza del fenomeno della previdenza integrativa complementare, che potrebbe aver assorbito una quota non trascurabile del reddito famigliare, specialmente per quanto riguarda i nuclei non colpiti direttamente dalla crisi». Anche in questo caso (fonte Covip) le risorse per le prestazioni sono cresciute dai 61,3 miliardi del dicembre 2008 ai 123,9 del settembre 2014, pari a un incremento del 102 per cento.