Il Messaggero, 29 dicembre 2014
Moby Prince. Parla Alessio Bertrand, l’unico sopravvissuto alla tragedia. Il mozzo, al suo primo imbarco, si gettò in acqua al buio, vincendo lo spavento del mare: «Ricordo tutto come fosse ieri, ma non voglio ricordare. Mi fa male riandare a quei momenti, parlare di quella notte»
Centoquaranta morti, un solo superstite. Alessio Bertrand, mozzo, al suo primo imbarco. Aggrappato al parapetto di poppa del “Moby Prince”, il traghetto da Livorno a Olbia trasformato in rogo dalla collisione con la petroliera “Agip Abruzzo”, alle 22.03 del 10 aprile 1991, al cono d’uscita dal porto toscano, si gettò in acqua al buio, vincendo lo spavento del mare, incalzato dalle fiamme dalle quali era fuggito “camminando sui cadaveri”, incoraggiato soltanto dalle voci di due ormeggiatori che per primi, con una piccola imbarcazione, avevano raggiunto il “Moby Prince” in fiamme e inutilmente lanciavano SOS.
I soccorsi furono lentissimi, tardivi: 140 tra passeggeri e membri dell’equipaggio ebbero il tempo di morire bruciati o asfissiati, e non tutti subito, come appurò l’inchiesta, la gran parte (60) intrappolati nel salone “De Lux” protetto da porte taglia-fiamme, in attesa di “salvatori” che non si presentarono, arrivarono all’alba.
Bertrand invece fu ripescato la sera stessa, messo in salvo, ricoverato in ospedale. Da allora la sua vita non è più la stessa. Ferito per sempre, risponde con voce incerta dal suo appartamento di Ercolano, alle falde del Vesuvio.
Bertrand, la sua storia è pazzesca, fu l’unico a salvarsi. Come andò?
«Ricordo tutto come fosse ieri, ma non voglio ricordare. Mi fa male riandare a quei momenti, parlare di quella notte».
Quanti anni aveva?
«Ventiquattro. Ne sono passati 23, oggi ne ho 47. Vivo della pensione della Cassa marittima con mia moglie e i miei due figli. Ho un vitalizio mensile. Ma i guai per me non sono finiti. I miei figli hanno problemi, vanno assistiti. Come si dice in questi casi? Cornuto e mazziato».
Lei fu l’unico ad avere la forza di gettarsi in mare. Che cosa bisogna fare per salvarsi, in una nave che va a fuoco?
«Bisogna recarsi nelle zone che vengono indicate...»
I passeggeri del Moby Prince l’avevano fatto...
«La verità? Bisogna affidarsi al Padreterno, non c’è altro da fare».
Lei fu raccolto in acqua da due ormeggiatori. Ricorda?
«Gliel’ho detto. Ricordare mi fa male. Sono stato tanto male anche dopo, per anni. Quel che è successo non posso cancellarlo. Come si può? E a parlarne non ci riesco».
È accaduto qualcosa di simile a un traghetto al largo di Corfù, lo sa?
«Non so niente, non ho visto la televisione. Lo apprendo da lei».
Lei quindi oggi è pensionato…
«Sì. Mi scusi ma anche se sono passati 23 anni per me è ancora lo stesso incubo. Anche le sue domande mi fanno male. Ero al mio primo viaggio, ero solo un mozzo, ero un ragazzo. Il tempo si è fermato, non riesco più a cancellare quella notte».