Corriere della Sera, 29 dicembre 2014
«Sì, abbiamo chiuso e riaperto gli scatoloni due volte, e questa è quella che vale, perché indietro non si torna davvero». Parla Clio Napolitano. Le carte del Presidente tornano a Palazzo Giustiniani, il resto andrà nel loro appartamento di via dei Serpenti, «dove abitavamo prima»
Una tranquilla domenica natalizia, una delle ultime nel Palazzo dove hanno vissuto per nove anni. Lui a limare gli appunti per il messaggio del 31 dicembre, con il quale si congederà dagli italiani in diretta tv. Lei a controllare i dettagli finali di un «ritorno a casa» che era già stato preparato nell’aprile del 2013 e che fu rinviato in extremis per la rielezione del marito.
«Sì, abbiamo chiuso e riaperto gli scatoloni due volte, e questa è quella che vale, perché indietro non si torna davvero», racconta Clio Napolitano. Parla senza malinconia, ma anche senza euforia, la moglie del presidente. Nulla di assimilabile allo spleen che si poteva leggere nello sguardo di Oscar Luigi Scalfaro, quando sentenziava un crepuscolare ed evangelico «advesperascit», scende la sera, nei mesi in cui si preparava a lasciare il Colle. Nulla di paragonabile al «no, pro patria mori proprio no» di Franca Ciampi, quando qualcuno ventilò un bis per l’amatissimo e provato Carlo Azeglio.
Insomma, donna Clio non vuol dare alcuna enfasi teatrale a questo passaggio della sua vita di «coppia molto unita». Preferisce trasmettere un’idea di «serenità e normalità», anche se il rito delle valigie deve di sicuro sembrarle liberatorio, considerando la sua abitudine a ripararsi nell’ombra (sempre un passo dietro a lui e sempre in silenzio), la sua ansia di preservare la sfera privata e la sua proverbiale insofferenza per il protocollo. «Mi creda: non sta succedendo niente di straordinario, qui. C’è un po’ di confusione, ma è la stessa che si crea in ogni famiglia al momento di un trasloco. Tutto è ormai tranquillo. Giorgio, come aveva fatto un anno e mezzo fa, ha rimandato nel nuovo studio di Palazzo Giustiniani (che è poi quello che occupava Scalfaro dopo aver lasciato il Quirinale, ndr) una parte delle proprie carte. Il resto va nel nostro vecchio appartamento al rione Monti, in via dei Serpenti, dove abitavamo prima».
Un alloggio piuttosto piccolo e che i coniugi Napolitano hanno tenuto sempre aperto, nonostante la loro residenza si fosse necessariamente spostata sul Colle. E la signora Clio a settimane alterne vi si è recata, se non altro «per respirare l’aria di prima». Per cui adesso non le resta che farsi portare là «alcuni oggetti personali», cui non aveva voluto rinunciare fin da subito, con l’aggiunta di «qualche mobile» che si è comprata negli ultimi anni.
Le hanno attribuito un ruolo determinante, nella scelta del capo dello Stato di ritirarsi adesso (nonostante i ripetuti inviti del premier Matteo Renzi a restare in carica fino a primavera). Diciamo pure un ruolo iperprotettivo. Che sarebbe stato rinforzato dai pareri dei figli Giovanni e Giulio e che sarebbe cresciuto quando, durante il secondo mandato, gli impegni del marito sono divenuti di giorno in giorno più gravosi, sovrapponendosi al peso di certi inevitabili acciacchi dell’età: quasi novant’anni, oramai. Anche in questo caso, però, la signora Napolitano minimizza. «Lo sorveglio con l’attenzione che può reciprocamente scattare in qualsiasi coppia. Niente di più e soprattutto niente di condizionante, per lui. Mettiamo che mio marito si alzi nel cuor della notte: è ovvio che io cerchi di capire se sta bene oppure no, se c’è qualche cosa di particolare di cui ha bisogno… Lui farebbe, e anzi fa, lo stesso per me. Se me ne occupo io è perché non abbiamo delle persone di servizio cui rivolgerci, all’interno dell’abitazione».
Allude all’alloggio dove si è spostata cinque anni fa, la moglie del presidente. Un trasferimento di poche centinaia di metri, rispetto all’ala quirinalizia dove hanno sempre vissuto i presidenti, e di cui nessuno ha mai fatto cenno. Un trasloco avvenuto quando, stanca dell’alienante solitudine e del continuo «sbatter di tacchi» di corazzieri e staffieri a ogni suo movimento (non per nulla l’immaginifico Francesco Cossiga ripeteva che lì dentro si sentiva «con la sensazione di essere la comparsa di un film storico»), ha preteso di spostarsi in un appartamento più semplice e umano. «Nel quale sentirmi meglio e più libera». Dopo un tira e molla con la security, la residenza ideale fu trovata nel cosiddetto palazzo della Panetteria, con un accesso nell’antica via di Monte Cavallo, oggi detta della Dataria.
Ancora poche settimane e donna Clio lascerà anche quell’appartamento, comunque un po’ claustrofobico per lei. Prevede una breve vacanza, per la fine di gennaio? «Proprio no», dice. Con il tono di chi giudica una vacanza già il semplice tirare il fiato a casa. Quella vera.