Corriere della Sera, 29 dicembre 2014
«Una scena come nei film di guerra con i marines ma abbiamo pensato anche al Titanic. Solo che stavolta era tutto vero»; «Mio marito Georghios è morto di freddo per salvarmi, facendomi scudo col suo corpo». Parlano i sopravvissuti all’incendio sul Norman Atlantic
La lotteria dei soccorsi ha spezzato in due le famiglie, figli evacuati con gli elicotteri e madri portate sui mercantili, chi è finito in Italia e chi in Grecia e nuova angoscia, perciò, cala adesso sul volto dei salvati. Ma finalmente alle nove di sera la piccola Maria, dodici anni, ritrova il sorriso e forse è questa, davvero, la notizia del giorno, perché la vita alla fine ha sconfitto la tempesta, il fuoco e la paura.
La ragazzina, distesa sul lettino del reparto di Pediatria a Copertino, riesce a parlare al telefono prima con sua madre rintracciata in Grecia e poi con sua nonna che vive a Molfetta. Il suo viso s’illumina: «Nonna sono viva, presto, vienimi a prendere», quasi grida al cellulare che le porge Anna Caputo della Prefettura di Lecce. La bambina (il nome è di fantasia) è figlia di Michele Lazzizera, direttore di macchina della Norman Atlantic e con mamma Rosa e l’altro fratellino aveva seguito suo padre per passare tutti insieme il Natale. Il suo racconto è quello di una nave intera: «Stavo dormendo, mi ha svegliato il suono della campanella dell’allarme, tutti correvano per la paura del fuoco, anch’io l’ho visto il fumo e le fiamme salire, così mi sono subito messa a correre verso il punto di raccolta della scialuppa più vicina. I marinai ci hanno calato giù, faceva un freddo tremendo, non si vedeva niente, abbiamo atteso nel silenzio per ore, piangendo e pregando, finché abbiamo sentito in cielo gli elicotteri...».
«Dall’alto hanno calato le corde e ci siamo aggrappate», ricordano Fei e Alexandra, due sorelline greche prese in cura all’ospedale di Brindisi da Valerio Scarano Catanzaro, giovane medico del Battaglione San Marco, amico dei due marò Girone e Latorre. «Una scena come nei film di guerra con i marines – raccontano in inglese le sorelline – ma abbiamo pensato anche al Titanic. Solo che stavolta era tutto vero».
Il console di Grecia a Bari, Stelio Campanale, ieri ha fatto il giro di tutti gli ospedali della Puglia per assistere i suoi connazionali. Tra loro c’è Sofia Antonaki, moglie di un professore di Ginecologia, Giorgio, che è rimasto tra i passeggeri ancora a bordo della Norman Atlantic.
La signora, insieme ad altri naufraghi greci ricoverati a Copertino, segnala al console un’importante anomalia: «Noi dovevamo partire con un’altra nave della compagnia, ma all’ultimo momento ieri c’è stato un cambio e ci hanno imbarcato sulla Norman. Però questa era piena di camion e infatti nell’aria c’era un gran puzzo di gasolio. Perciò ci siamo subito preoccupati. In effetti, poi, l’incendio pare sia nato proprio dal garage. Ci siamo aggrappati alle corde calate dagli elicotteri, con me c’erano i miei due figli maschi di dodici e quindici anni, sono stati molto coraggiosi, si sono arrampicati come due piccoli eroi».
Era una nave piena di camionisti greci che rientravano al lavoro dopo le ferie, la Norman. E ora ce n’è uno che vaga nelle corsie dell’ospedale chiedendo a tutti del suo cane Leo che viaggiava con lui, prima disperso e poi per fortuna ritrovato anch’esso.
All’ospedale di Galatina, invece, è arrivata Teodora Douli, la moglie dell’unica vittima (questa è la speranza) del naufragio: «Mio marito Georghios – racconta ai mediatori dell’Arci che l’hanno accolta a Otranto – è morto di freddo per salvarmi, facendomi scudo col suo corpo, una volta che eravamo finiti in acqua per raggiungere una scialuppa. Si è sacrificato per me. Non lo dimenticherò mai».