La Gazzetta dello Sport, 29 dicembre 2014
Sul traghetto Norman Atlantic, andato a fuoco con 478 persone a bordo al largo dell’isola di Othonoi, si deve sapere quanto segue: gli elicotteri che sono intervenuti per salvare passeggeri ed equipaggio potevano trasportare otto persone per volta; il soccorso via mare è risultato impossibile per le condizioni atmosferiche, venti violenti, onde alte anche sei metri

Sul traghetto Norman Atlantic, andato a fuoco con 478 persone a bordo al largo dell’isola di Othonoi, si deve sapere quanto segue: gli elicotteri che sono intervenuti per salvare passeggeri ed equipaggio potevano trasportare otto persone per volta; il soccorso via mare è risultato impossibile per le condizioni atmosferiche, venti violenti, onde alte anche sei metri. Mentre scriviamo, a bordo del traghetto ci sono ancora 308 persone. I trasbordi dureranno ancora a lungo: la Norman Atlantic è stata alla fine agganciata, dalla parte di prua, dal rimorchiatore italiano Marietta Barretta, che l’ha girato verso est e lo sta trascinando verso l’Albania. Il relitto era da molte ore fuori controllo, scarrocciava ed era invaso dal fumo. Un uomo, di nazionalità greca, ha provato a salvarsi buttandosi sullo scivolo che portava a una zattera. È morto invece sul colpo. Il nome non si sa ancora. La moglie ha accompagnato la salma a Otranto, su una nostra motovedetta che portava anche due militari italiani feriti.
• Com’è possibile che sia scoppiato un incendio a bordo?
È tutto da capire. Abbiamo finora una sola testimonianza, resa da una bambina di 12 anni originaria di Molfetta e ricoverata nel reparto pediatria dell’ospedale di Copertino (questa bambina, come gli altri passeggeri finiti in ospedale, ha sofferto soprattutto di ipotermia, ossia di freddo, temperatura corporea sotto i 35° e rischio concreto di assideramento). «Ho sentito che il fuoco si è sprigionato da un camion e poi si è propagato alla nave», ha detto. Il traghetto, che può ospitare fino a 880 passeggeri, ha anche un garage per il trasporto delle auto. Ieri erano imbarcati una moto, due autobus, 90 automobili e 128 camion. Uno di questi, per ragioni tutte da capire, si sarebbe incendiato.
• Ho sentito che la barca non era a posto con le norme antiincendio.
È da stabilire anche questo. Il Norman Atlantic era stato ispezionato pochi giorni fa, il 19 dicembre, nel porto di Patrasso. L’organizzazione internazionale Paris Mou, che aveva eseguito i controlli, aveva verificato sei deficiencies
e tra queste una riguardava le porte tagliafuoco. L’armatore Carlo Visentini dice che «nel corso dei controlli era stato riscontrato un lieve malfunzionamento di una delle porte tagliafuoco che però era stato immediatamente eliminato». D’altra parte, è vero che gli ispettori non avevano ritenuto le deficienze così gravi da impedire la navigazione. Era in loro potere, nel caso, di tenere la nave bloccata in porto.
• Non sarà che si tratta di una carretta del mare, di una vecchia barca sfruttata fino al limite?
Mah, non si direbbe neanche questo. La scheda della Norman Atlantic dice che si tratta di un’imbarcazione lunga 186 metri, stazza lorda di 26.904 tonnellate, netta di 7.800, messa in mare a Porto Viro dai cantieri navali Visentini nel novembre 2009, quindi giovane. C’è però la strana storia dei cambi di nome e di gestione. Al momento del varo, infatti, il suo nome era Akeman Street, poi divenuto Scintu, e infine (nel gennaio scorso) Norman Atlantic. Di proprietà di Visemar di Navigazione, la nave è stata prima noleggiata alla società T-Link, quindi a Siremar, poi a Gnv e a Moby, quindi a LD Lines e più di recente a Caronte and Tourist. Questo giro vorticoso nasconde qualcosa? Non lo sappiamo. Registriamo però una dichiarazione del deputato sardo Mauro Pili, che almeno all’apparenza di queste cose s’intende. «L’incidente di oggi» dice Pili «è il risultato del vergognoso traffico delle navi usate. Grecia e Sardegna, andata e ritorno. Nei mesi scorsi ho presentato alla Camera una dettagliata denuncia sul mercato di navi tra i signorotti del mare tra la Sardegna e i Balcani, con puntate in Egitto e Turchia. Nessuna risposta. Tutto poco chiaro, con registrazioni di passaggi tra armatori in poche ore, peraltro sempre tra gli stessi personaggi. Sono servizi pubblici gestiti senza alcuna trasparenza con navi che vanno e vengono in un traffico di cui nessuno parla».
• Quanti italiani c’erano a bordo?
44. 22 passeggeri (di cui quattro donne) e 22 marittimi (tutti uomini). La grande maggioranza era greca (234 persone), c’erano poi 54 turchi e 22 albanesi. Quindi rumeni, russi, austriaci, ungheresi, svizzeri, croati, georgiani, siriani (tra questi una mamma incinta), svedesi, canadesi, ucraini, egiziani, tedeschi, afgani, maltesi, bulgari, macedoni, inglesi, olandesi, belgi, francesi, iracheni. La testimonianza più impressionante è quella del passeggero che s’è accorto di quello che stava succedendo perché a un certo punto le sue scarpe hanno cominciati a liquefarsi.
• Di fronte a tutti questi stranieri, che figura abbiamo fatto?
I soccorsi – due motovedette, nove elicotteri, un aereo Atr42 – sono stati coordinati dalla nostra marina. Renzi è rientrato a Palazzo Chigi e ha costituito un’unità di crisi a Brindisi, tweettando come al solito. Otto mercantili che si trovavano in zona sono stati dirottati sul punto in cui si trovava la Norman Atlantic, perché le facessero cerchio e diminuissero in questo modo l’impatto delle onde. La Marietta Beretta è un incrociatore italiano. Quindi, a parte l’incognita sulle condizioni del traghetto (italiano), direi che nella fase dei soccorsi ci siamo comportati a dovere.