Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 23 Martedì calendario

Alla (ri)scoperta di Dorothy Baker e delle sue gemelle. Il dramma americano raccontato da una grande scrittrice a lungo sconosciuta in Italia

Scopriamo ora, grazie all’editore Fazi, la statunitense e strabiliante Dorothy Baker. In realtà, Dorothy nata Dodds e diventata Baker dopo il matrimonio col poeta Howard Baker, è scomparsa da un bel pezzo: nata nel 1907, fu stroncata nel 1968 da un cancro. Lo stesso di cui è morta la madre delle gemelle omozigote Judith e Cassandra nel romanzo Cassandra al matrimonio (pp. 256, euro 16,50), pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1962. Dopo Young man with a horn, ispirato alla vita del jazzista Bix Beiderbecke e che divenne un film, Chimere, con Kirk Douglas; Trio, su un triangolo amoroso con componente lesbica che fu trasformato in una piéce di Brodway interrotta dalle proteste dei Protestanti e Our gifted son.
Cassandra al matrimonio
è per noi, oggi, un eccezionale esordio postumo. Ciò da una parte conferma la regola che la vera scrittura non deperisce mai, passino anni, decenni e pure secoli. Dall’altra, che sono infiniti i capolavori già scritti, eppure dimenticati o sconosciuti, italiani e soprattutto stranieri. E se l’autarchia va più che bene per agricoltura e industria, molti scrittori nostrani farebbero bene a leggersi questi tesori nascosti, anziché tediare editori e lettori con le loro str... Scusate, storielle. E se l’appena sfornato è punto di valore per vestiti, scarpe e accessori, non lo è in automatico per la scrittura. Anzi. Nella postfazione della più recente edizione americana di questo capolavoro Deborah Eisenberg ha scritto che Cassandra al matrimonio «non dovrebbe mai essere smesso di stampare». È così. Sempre la Eisenberg ha citato la teoria del Simposio di Platone, per spiegare il simbiotico legame tra le due sorelle, che oscilla da una simbiosi di tipo gemellare ad una quasi sentimentale, quasi incestuosa. Come dice anche Peter Cameron in postfazione all’edizione italiana, essere gemelli monozigoti, cioè provenienti da un unico ovulo, vuol dire possedere di fatto un’identità non unica al mondo. È come, aggiungiamo, essere nati già clonati. E se l’amore è, secondo Platone e secondo quasi chiunque, rintracciare la propria metà perduta, la Baker trasla il concetto delle metà che si devono riunire per amore a quello parentelare delle gemelle che, già unite, si devono staccare per riuscire a vivere la propria vita. Judith è la gemella che vuol farlo. Sta per sposarsi, ha già sostituito il legame con Cassandra con quello col futuro marito. Cassandra, più lesbica che etero, spaventata dalle relazioni vere – che siano con uomini o donne (soprannomina «la piattola» l’ultima amante che la cerca spasmodicamente) – è invece colei che rifiuta la separazione e, narcisisticamente e infantilmente, come regalo di nozze offre alla sorella «fedifraga» il suo tentativo di suicidio. Sarà proprio l’estraneo promesso sposo, medico, a salvarla. A costringerla, quindi, ad accettarlo come elemento ormai familiare ed intimo, volente o nolente ch’ella sia. Tutto è speculare e geometrico in questo romanzo suddiviso in due parti, Parla Cassandra (di sé, di Judith e della prima parte della storia) e Parla Judith (di sé, di Cassandra e del resto della storia). La prosa è sopraffina – citiamo solo l’incipit, una racchettata che scaraventa il lettore nella storia e ce lo incolla: «Ho detto a tutti che potevo liberarmi il ventuno e che sarei arrivata a casa il ventidue. (Giugno)». Ci vogliono coraggio, sapienza e classe per incominciare una narrazione così e proseguirla così. La Baker, una scacchista dell’esposizione più che una semplice narratrice, li aveva. A badilate.