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 2014  dicembre 12 Venerdì calendario

La Bce concede 130 miliardi di liquidità a circa 300 banche dell’Eurozona. Gli istituti italiani raccolgono 26 miliardi, il 20% del totale erogato da Francoforte. Si fa sempre più forte l’ipotesi del Quantitative Easing

Ventisei miliardi e mezzo di euro. Ecco l’ammontare complessivo di liquidità preso ieri in prestito dalle principali banche italiane nella seconda asta Tltro della Bce, l’operazione di rifinanziamento con scadenza a 4 anni finalizzata a riportare il credito alle imprese. La somma raccolta dagli istituti tricolori rappresenta circa il 20% dei 129,8 miliardi raccolti dalle 306 banche europee che hanno preso parte all’iniziativa di Francoforte. Ma il peso delle richieste delle italiane sale al 25% del totale se si somma all’asta di ieri la precedente, quella di settembre, in cui le richieste erano state 23,3 miliardi. Nel giro di due mesi, in sostanza, le prime quindici banche italiane hanno chiesto circa 50 miliardi (49,95 per la precisione) su un totale di 212 miliardi erogato a livello europeo. «Questa è una ulteriore dimostrazione dell’intenso impegno delle banche in Italia per la ripresa che si evidenzia anche con la forte crescita dei mutui pur esclusi dai finanziamenti finalizzati dalla Tltro», ha detto il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. Secondo il numero uno dell’associazione bancaria, «queste immissioni di nuova liquidità si assommano ai circa 1.800 miliardi di prestiti già in atto da parte delle banche in Italia e rappresentano un concreto ed assai ingente sostegno alle prospettive di ripresa».
Nel dettaglio, fra le banche italiane che ieri hanno risposto all’asta della Bce, va segnalata la partecipazione delle due banche principali, Intesa Sanpaolo e Unicredit, che hanno richiesto rispettivamente 8,6 e 2,2 miliardi. Buona anche la domanda di Mps (pari a 3,3 miliardi), Ubi (3,2 miliardi), Banco Popolare (2,7 miliardi), Bpm (1,5 miliardi),?Iccrea (1,7 miliardi), Banca Popolare di Vicenza (1,25 miliardi), Veneto Banca (980 milioni), Pop Sondrio (750 milioni), Carige (400 milioni), oltre a Banca Sella (200 milioni, che però è fuori dall’elenco Bce).
Per tutti questi istituti diventerà ora necessario “girare” questa liquidità raccolta a tasso agevolato – lo 0,15% annuo, ovvero dieci centesimi in più rispetto al tasso di rifinanziamento – in nuovi prestiti alle imprese, pena la restituzione a partire da dicembre 2016. Ecco perchè, come indicato dall’Abi, è prevedibile una ripresa degli impieghi nel primo trimestre del 2015.
Al di là della buona risposta dell’Italia, e nonostante il fatto che l’asta di ieri si sia rivelata più sostanziosa di quella di settembre (130 contro 82,6 miliardi)rimane il fatto che l’obiettivo auspicato in autunno da Francoforte non è stato centrato. Nelle due aste sono state assegnate 212,4 miliardi contro i 400 messi a disposizione dalla Bce. Una domanda così tiepida, nel complesso, che potrebbe spingere la Bce a prendere in considerazione nuove misure straordinarie, acquisto di titoli di Stato in primis.

Luca Davi

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Si rafforzano le attese di nuove misure di stimolo monetario da parte della Banca centrale europea, incluso probabilmente l’acquisto di titoli pubblici, già alla riunione di consiglio del prossimo 22 gennaio, dopo che circa 300 banche dell’eurozona hanno chiesto alla Bce nuova liquidità per 129,8 miliardi di euro nella seconda asta Tltro, creata per indirizzare nuovi finanziamenti all’economia reale. Secondo fonti monetarie e informazioni delle banche, la domanda più alta è venuta da istituti italiani, francesi, spagnoli e, a sorpresa, tedeschi.
La somma è più o meno in linea con le aspettative di un sondaggio svolto alla vigilia dall’agenzia Reuters, ma porta comunque il totale delle prime due operazioni a 212 miliardi di euro (la prima di 82), poco più della metà dei 400 messi a disposizione dalla Bce. Il risultato accentua le pressioni di mercato sull’istituto di Francoforte per il cosiddetto Quantitative easing, o Qe, già realizzato dalle altre grandi banche centrali, all’inizio del 2015, con un annuncio già al consiglio del 22 gennaio, o al più tardi a marzo, nonostante la chiara opposizione del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, e alcuni altri consiglieri. Sui mercati si parla di possibili acquisti di debito pubblico fra 500 e mille miliardi di euro.
La Bce è infatti lontana, con gli attuali strumenti, dall’intenzione dichiarata di aumentare il proprio bilancio di mille miliardi di euro, riportandolo a circa 3mila miliardi, il livello di inizio 2012, per contrastare l’inflazione troppo bassa, che rischia di tramutarsi in deflazione, e la stagnazione dell’economia. La Germania ha confermato ieri l’inflazione di novembre allo 0,5%, ma l’andamento negativo in Francia fa ritenere che il dato definitivo per l’eurozona possa essere ribassato rispetto allo 0,3% preliminare. Si tratta di valori lontanissimi dall’obiettivo di stare sotto, ma vicino al 2 percento. L’ulteriore crollo del prezzo del petrolio fa ritenere che l’inflazione fin dal prossimo mese possa scendere a zero, o sotto zero. Nel bollettino mensile, pubblicato ieri, la Bce sostiene che «in linea di principio», il calo del petrolio potrebbe rivelarsi temporaneo, ma le ripercussioni più significative potrebbero aversi sulle aspettative degli operatori sull’inflazione futura, indicatore seguito da vicino dalla Bce. L’ulteriore rinvio di nuove misure metterebbe a rischio la credibilità della Bce nel rispettare il mandato, punto su cui ha insistito il presidente Mario Draghi la settimana scorsa.
Oltre alle due Tltro (che saranno seguite da altre sei operazioni trimestrali da qui al giugno 2016, dalle quali però ci si attende un impatto minore), la Bce ha finora messo in campo acquisti di obbligazioni bancarie garantite (covered bond) per 21 miliardi di euro e titoli cartolarizzati (Abs) per soli 600 milioni di euro. Si tratta di somme che lasciano l’istituto di Francoforte ben lontano dai mille miliardi di euro approvati dal consiglio. Nelle prossime settimane, tra l’altro le banche rimborseranno circa 270 miliardi di euro ottenuti con i finanziamenti triennali Ltro fra fine 2011 e inizio 2012, riducendo pertanto la liquidità.
Il risultato della seconda Tltro, ha detto Benoit Coeuré, membro del comitato esecutivo della Bce, è in linea con le stime e le aspettative della Bce e dei mercati. «Vediamo chiaramente – ha affermato il responsabile delle operazioni di mercato dell’Eurotower – che le Tltro (a bassissimo costo e durata quadriennale ndr) contribuiscono a migliorare l’accesso di lungo termine delle banche alla liquidità». Coeuré ha precisato anche che gli istituti che hanno partecipato alle prime due operazioni hanno richiesto in media l’80% della cifra disponibile (per ciascuna banca il 7% degli impieghi in essere all’economia reale). Il fatto che in prima linea ci siano banche italiane e spagnole sta facendo arrivare la liquidità dove è più necessaria, osservano alla Bce. Secondo alcuni analisti, tuttavia, la domanda molto inferiore all’offerta mostra la riluttanza delle banche a fare nuovi prestiti in una fase di domanda di credito ancora debole e sofferenze in aumento. Inoltre, a differenza che in passato, ora che i tassi di deposito sono negativi, le banche non hanno l’opzione di «parcheggiare» nuovamente la liquidità alla banca centrale, dato che dovrebbero pagare uno 0,20%.
Secondo molti osservatori di mercato, l’acquisto di titoli pubblici è a questo punto inevitabile, dato che si tratta dell’unico mercato con i volumi necessari per ottenere l’espansione desiderata del bilancio della Bce, ultima misura rimasta a disposizione per un ulteriore stimolo monetario, dato che i tassi d’interesse sono ormai a zero. Fino ai giorni scorsi, qualcuno riteneva che la Bce avrebbe potuto allargare gli acquisti inizialmente alle sole obbligazioni societarie, ma l’ipotesi sembra ora superata dalle parole di Draghi e dal risultato della seconda Tltro.
Alessandro Merli