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 2014  novembre 27 Giovedì calendario

La prescrizione si lega all’esigenza di certezza del diritto che non tollera una pretesa punitiva senza tempo. È inutile parlare di ragionevole durata e di prescrizione, se non si risolve a monte il problema, oggi esistente, per cui un cittadino può essere investigato e intercettato per qualche anno prima di assumere un volto visibile

Con l’intervento sul Corriere di ieri, Nicola Ferri ha sviluppato il tema della prescrizione suggerendo di abolirla dopo la sentenza di primo grado. Vorrei aggiungere che la prescrizione si lega all’esigenza di certezza del diritto che non tollera una pretesa punitiva senza tempo. È inutile parlare di ragionevole durata e di prescrizione, se non si risolve a monte il problema, oggi esistente, per cui un cittadino può essere investigato e intercettato per qualche anno prima di assumere un volto visibile.
Si dà il caso che l’Italia soffre processi penali d’intollerabile durata, spesso connessa alla durata del tempo di prescrizione: difatti gli operatori di giustizia generalmente regolano la loro attività nel processo a misura del termine di prescrizione. È prevedibile che, allungando la prescrizione, si finirebbe per allungare il processo, la cui durata è già oggi incompatibile con la civiltà. Abolirla dopo la prima sentenza, allungherebbe ugualmente il processo, perché reso senza scadenze.
   Visto che il nostro Paese ha scelto il rito accusatorio, vale la pena di guardare all’Inghilterra che ha adottato questo rito otto secoli prima di noi. Per le fattispecie minori ( summary offences ), il procedimento deve iniziare al più tardi entro sei mesi dalla commissione del reato. Per i reati più gravi non esistono termini, ma vige la teoria dell’abuso di processo ( abuse of process ): il giudice può arrestare il processo, cioè estinguere l’azione penale, quando la prolungata prosecuzione apparisca abusiva e ingiustamente pregiudizievole per l’accusato. Questa è la
cultura del processo accusatorio del mondo anglosassone: la prescrizione del processo, piuttosto che la prescrizione del reato. Il che pare logico. Si tratta di un pilastro del rito accusatorio, da noi adottato senza riuscire ad applicarlo. La Commissione ministeriale Riccio per la riforma del codice (2006) dava in tal senso suggerimenti, peraltro accantonati dal populismo giudiziario.