il Giornale, 26 novembre 2014
Gabriele Torchio, l’uomo che ha risanato l’Alitalia e gli ha dato un futuro con Ethiad. Ora lo vogliono Ntv, Roberto Cavalli e Andrea Bonomi. Ritratto di un giovanottone di 63 anni con l’espressione cordiale, i modi semplici, la passione per il lavoro e il cuore generoso: dà in beneficenza il suo bonus milionario
Gabriele Del Torchio non ha risanato l’Alitalia. Ha fatto molto di più: le ha assicurato un futuro. Quand’è arrivato alla guida della compagnia, nel maggio 2013, ha trovato un unico, esile filo di speranza. Era l’idea, appena abbozzata, di favorire l’avvicinamento con Etihad, la compagnia di Abu Dhabi in cima alle classifiche mondiali per qualità, crescita, rapidità di sviluppo, originalità di strategie. A quel tempo sembrava un paradosso: quello di scaricare un rottame, con il fallimento come unico orizzonte, su un campione del lusso e dell’efficienza. Ebbene, se oggi Alitalia entra in un grande gruppo internazionale, con prospettive di sviluppo inimmaginabili fino a un anno e mezzo fa, questo merito va riconosciuto innanzitutto a lui, quel giovanottone di 63 anni con l’espressione cordiale, i modi semplici, la passione per il lavoro, che nelle foto d’archivio spesso appare in tuta da motociclista. Certo, per le nozze con Etihad si sono prodigati in tanti, ma con ruoli diversi e contrastanti. Il vero negoziatore, l’instancabile tessitore di una diplomazia sempre sull’orlo della rottura, è stato Del Torchio. L’operazione non era facile da concepire anche perché le perdite inarrestabili di Alitalia non giocavano a favore di un’alleanza. E poi, troppi interessi in gioco: un gruppo eterogeneo e colorito di azionisti, con interessi anche conflittuali tra loro; un gruppo di banche, grandi e piccole, preoccupate di non perdere crediti e capitale, ma allo stesso tempo sotto scacco e costrette a continuare a versare denaro; il governo, per il quale Alitalia, nonostante lo status di società privata, è sempre stata un’operazione «di sistema», un’infrastruttura del Paese da sostenere fino in fondo; i sindacati, consapevoli della mancanza di alternative al grave sacrificio di personale richiesto. Dall’altra parte c’era James Hogan, ex rugbista, manager esigente, inflessibile, del tutto estraneo a quelle logiche di compromesso che tanto male hanno fatto all’economia italiana e alla stessa Alitalia.
Del Torchio ha lavorato su tanti tavoli, con pazienza, determinazione, fiducia. Ha ricomposto (e zittito) la squadra degli azionisti; ha convinto le banche; ha trovato il giusto feeling con il governo; ha ottenuto il sì dei sindacati senza un’ora di sciopero; ha corrisposto alle richieste di Etihad tenendo duro anche quando gli arabi sembravano pronti a rinunciare, ed esibendo con Hogan la qualità che più di tutte questi poteva apprezzare: la lealtà. E, al momento giusto, è riuscito a trovare il nuovo socio inaspettato, il salvatore uscito dal cappello di un prestigiatore: Poste italiane.
Gabriele Del Torchio – nato a Caravate (Varese), casa a Padova, cuore a Bologna, dove ha fatto rinascere le moto Ducati – è arrivato all’Alitalia, su indicazione di un cacciatore di teste. Uomo d’azienda con un lungo curriculum ed esperienza soprattutto nel settore manifatturiero, Del Torchio è arrivato alla compagnia proprio sulla scia del successo alla Ducati, rilanciata e poi venduta alla tedesca Audi. Le analogie con la vicenda Alitalia sono evidenti soprattutto nell’arrivo di un azionista estero; ma ce ne sono anche altre, meno note: per esempio il taglio drastico alle retribuzioni dei manager, nell’una e nell’altra società.
Ora Del Torchio, grazie ai risultati ottenuti e alla visibilità dell’ultimo anno, è un manager conteso. Stando alle indiscrezioni, lo vogliono Ntv, la concorrente delle Fs nell’Alta velocità, lo stilista Roberto Cavalli, il suo ex azionista Andrea Bonomi. Ed esce dall’Alitalia, coerentemente, dando in beneficenza il suo bonus milionario.