la Repubblica, 22 ottobre 2014
Cuperlo contro Renzi e contro la Leopolda: «Il suo progetto è vecchio, sta alimentando un partito parallelo. Io non ci sto, mi tengo stretto il Pd e punto a rilanciare la sinistra»
Cuperlo lei ci andrà alla Leopolda?
«Se riesco faccio un balzo lunedì».
Ma la Leopolda finisce domenica.
«Ah, dura solo tre giorni? E allora sarà per l’anno prossimo».
Cosa rimane di sinistra in quel partito della Nazione che Renzi vuol portare addirittura al 51 per cento?
«Il premier mi ricorda la parabola dei talenti. Il punto è dove vuole indirizzare le doti che ha. L’impressione è che voglia catturare il consenso ovunque, senza limiti e confini. Ma se spezzi il legame tra bisogni e consenso rischi di fondare il potere su una trasversalità senz’anima».
Sono tutti ’renziani’ cioè tutti dalla parte del vincitore. Cos’è che le impedisce di aggregarsi al coro?
«Lo spartito».
Lei dice: ’Non vado da nessuna parte, questo è il mio partito’. Ma è sicuro che il Pd sia ancora il suo partito?
«Mi batto per questo. So che la sinistra non esiste in natura. La sinistra è un impasto di speranza, conflitti e passione. E’ scegliere la parte della società che vuoi liberare e promuovere. E’ immaginare il mondo con gli occhi di chi parte dal fondo».
Accusano l’opposizione interna di essere troppo morbida e per giunta divisa. Pagherebbe alzare i toni?
«Io penso che paghi la chiarezza. Ho chiesto a Renzi se vuole guidare un partito o una confederazione. Rischiamo di andare verso la seconda. E allora io dico che la sinistra deve unirsi, organizzarsi ma soprattutto ripensare tutto con una radicalità che finora non ha avuto».
Renzi è davvero il nuovo Blair? Ed è possibile importare il New Labour?
«Renzi ha definito la sua una sinistra delle opportunità. In questo è blairiano. Ma per me Blair oggi è l’Old Labour. Perché il tema del secolo torna con prepotenza, quello di nuove uguaglianze e libertà. Non cogliere questo aspetto restringe la sinistra in un recinto stretto mentre il mondo corre più in là».
Marco Pannella chiede di nuovo di iscriversi al Pd.
«Io penso al Pd come ad un campo aperto: ai singoli, a culture diverse, a movimenti, ad associazioni».
Rodotà ha evocato “il diritto ad avere dei diritti” anche e soprattutto in tempo di crisi.
«Rodotà cita giustamente Samuel Moyn quando spiega perché i diritti umani globali sono l’ultima utopia a disposizione dell’umanità. Questa è la bussola anche nella concretezza. Perché se alla sinistra togli la potenza dell’utopia le togli il respiro. E nella notte delle utopie tutte le riforme si somigliano ».
Quanti partiti ci sono ormai dentro il Pd? C’è il partito della Leopolda, ci siete voi di SinistraDem...
«Il Pd non ha bisogno di tifoserie ma di persone autonome e pensanti. Se risorse e potere alimentano un partito parallelo è quasi un dovere dentro il Pd dare un luogo a chi non la pensa così».
Non si capisce qual è il punto di non ritorno. Renzi alza l’asticella ma voi sembrate sempre chinare il capo. L’articolo 18 fino a poco tempo fa pareva il confine.
«Ma io sfido il governo ad avere più coraggio. Semmai chiedo una manovra più espansiva. Un mercato del lavoro più aperto. Una rete di diritti più moderna. Evasione e lotta alla corruzione, imposta progressiva sui patrimoni sopra i 2 milioni di euro, bonus a chi guadagna meno di 8 mila euro all’anno e ai disoccupati. Restituire qualcosa ai pensionati. Altro che capo chino».
Renzi adesso parla con ’rispetto’ della manifestazione della Cgil. Glielo ha consigliato lei di ammorbidire i toni?
«No, ma un leader sa da solo che una piazza di lavoratori si ascolta».
Che ne pensa del premio di lista, la nuova proposta di riforma elettorale?
«Il bipartitismo non è una gabbia e vorrei discuterne nel Pd. Per me le priorità da cambiare sono le soglie e le liste bloccate».
Qualche volta la mattina si alza e si chiede: chi me lo fa fare?
«Mai, ho il privilegio unico di vivere la politica come una passione».