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 2007  agosto 21 Martedì calendario

La famiglia Poggi non parla più con alberto Stasi (articolo del 21/8/2007)

«Che cosa pensiamo... Cosa vuole che pensi, una famiglia che ha appena perso una figlia». Il campanile batte le sette, il temporale spopola il bar, la chiesa è chiusa: ora da tigì, più che da vespri o da pettegolezzi. Quel che resta della famiglia di Chiara Poggi è venuto a nascondersi fra le corti diroccate di Valeggio, 226 abitanti quando non è agosto, nelle mura alte e gialle d’ un cascinale d’ amici, poco lontano dalla tomba di Pieve Albignola, pochi chilometri più in là d’ una Garlasco che era famosa solo perché ci è cresciuto Ron e adesso è una Cogne in pasto ai Ris. La Renault metallizzata posteggiata sulla via, un cane ad abbaiare sbavante e dentro, sbarrati e muti, un papà Giuseppe, una mamma Rita, un fratello Marco in fuga da domande ossessive, neanche fossero loro a dover ricordare, capire, spiegare che cos’ è successo. Nel cucinone, s’ intravede una lucina fioca. I lampi della tivù sono accesi sul Tre. Una settimana dopo, va in onda l’ incredibile: l’ Alberto che era il fidanzato e adesso fa rima con indagato, setacciato, indiziato. «Che cosa pensiamo...». Attenti al cane, alle parole di troppo, ai soliti sospetti. «Non facciamo commenti», avverte Gianluigi Tizzoni, l’ avvocato che d’ ora in poi rappresenterà i Poggi: «Ci limitiamo a prendere atto di quanto sta succedendo, mantenendo il massimo rispetto nella magistratura che coordina le indagini». Fosse per loro, la quiete muta di Valeggio dovrebbe valere per tutti quanti: «L’ ideale per noi sarebbe il silenzio stampa - chiarisce Tizzoni, rientrato a Garlasco dalle vacanze -. Mi rendo conto dell’ impossibilità di chiederlo, in questo momento. Però è comprensibile il desiderio dei familiari di Chiara d’ attenuare gli echi d’ una vicenda che ha sconvolto la loro esistenza». Ci sono comportamenti che parlano più dei commenti, però. E raccontano che ieri, per la prima volta dopo sette giorni, e dopo quell’ ostinato tenersi per mano durante i funerali, e dopo le pubbliche certezze nell’ innocenza del fidanzato di Chiara, ieri nessuno dei Poggi ha chiamato il cellulare di Alberto Stasi. Il silenzio. Hanno dormito da una zia, poi si sono fermati un paio d’ ore alla Casa Famiglia Ing. Edoardo Sassia, una visita alla nonna materna di Chiara («è caduta ed è morta battendo la testa», la bugia pietosa a una vecchia donna che non reggerebbe), poi tutti a Valeggio. Alla larga da un paese che nasconde qualcosa. Qualcuno l’ aveva già notato, sabato: là dove la mamma di Chiara difende senza dubbi il ragazzo, qualche dubbio assiste altri parenti. Perché poi la famiglia è un cortile, una strada, un intero villaggio e pure il villaggio vicino. E a Gropello Cairoli, cinque chilometri distante, sotto i tuoni apre la porta Peppino Galli, lo zio di mamma Rita, e dalla canotta bianca qualcosa lascia traspirare: «Cosa vuole che pensiamo. Ci stanno sottoponendo a una pressione molto pesante». Anche questo sviluppo, l’ indagine che punta diretta su Alberto... «A noi, quel che fa male è avere perso la Chiara. Di tutto il resto, non sappiamo niente e aspettiamo di sapere». un punto da capire: che cosa significava, fino a ieri, quel tenersi stretto un fidanzato che gli investigatori sospettano d’ avere ammazzato tua figlia? Ed è possibile che l’ abbraccio caldo, d’ improvviso, diventi un gelido congedo? A Garlasco le chiacchiere fioriscono più del buslà, del biancospino. Alberto e Chiara stavano insieme da quattro anni, ma tutta questa frequentazione in famiglia non c’ era: se si vedevano, dicono, era sempre e solo a casa di lui. E se lui andava da lei, era quando i Poggi non c’ erano. Mamma Rita porta il diffuso cognome dei Preda, è una coscritta del 1954 che non manca i raduni di classe, è impiegata del municipio di Gropello, conosce un po’ tutti e soprattutto conosce bene la famiglia Stasi: già questa sarebbe la più logica spiegazione di quelle coccole al ragazzo. Giuseppe Poggi, operaio al reparto tracciatura dell’ Italiana Conduttori, lavora con qualche parente di Alberto: anche questa sarebbe una risposta. E poi l’ hanno visto tutti: i Poggi, gli Stasi si sono abbracciati in lacrime davanti ai becchini che muravano Chiara. Tutto questo finora. Indagare il ragazzo può sbrecciare tanta fiducia (spera chi investiga) o rinforzarla, se le perquisizioni si riveleranno una topica. Perché l’ enigma di questo fidanzato «franzonizzato» resta l’ ariete dell’ indagine: «Chiara era molto riservata, non parlava mai dei suoi legami», dice Francesca L., che le faceva da tutor nel lavoro da stagista: «Anche di questo ragazzo, mai una parola». Uno di questi giorni, Alberto andrà a trovare ancora i Poggi. Un abbraccio molto più difficile. Con quel dubbio sempre lì, e chissà per quanto, come un refrain di Ron: «Vorrei incontrarti fra cent’ anni...».