la Repubblica, 21 ottobre 2014
La truffa dei finanziamenti destinati alle Regioni per investire in mestieri innovativi e sui giovani: Sessantenni assunti come apprendisti. Uno spreco da 90 milioni dei fondi per il turismo. Nel mirino il braccio operativo dell’Enit, in liquidazione, al centro di tre indagini della procura di Roma
Antonio ha 62 anni e fa il cameriere d’albergo a Pompei. Svetlana, una signora russa di 57 anni, lavora in un grosso centro turistico di Reggio Calabria. Maria, raggiunti i 60, è stata arruolata in un ristorante nel cuore di Napoli. A 63 anni, Giuseppe ha realizzato il suo sogno: “studiare” da pasticcere in un bar del comune di San Rufo, in provincia di Napoli. Nomi di fantasia, storie vere che raccontano come sono stati spesi i soldi comunitari destinati alla formazione di professioni innovative nel settore del turismo. Non giovani con una prospettiva di crescita e inserimento lavorativo, ma ex-massaie, disoccupati o pensionati ai quali è stata data una seconda opportunità. La loro è una partita che vale 90 milioni di euro, gestita da Promuovitalia (società pubblica controllata al 100 per cento dall’Enit) e iniziata nel 2005 sotto il cappello del progetto “Sviluppo&Formazione” che prevedeva lo stanziamento di fondi comunitari e dello Stato italiano (ripartiti al 50 per cento) per inserire nel mondo del lavoro le categorie più svantaggiate del Sud.
Ma negli anni i propositi sono naufragati, alimentando una fucina di manodopera a basso costo, sfruttata per far girare gli ingranaggi di imprese amiche. Solo nel 2014 sono oltre 1.000 i tirocinanti impegnati nel progetto e per ciascuno di loro è prevista un’indennità di partecipazione di 750 euro lordi pagata dalla Ue e dallo Stato. L’impresa, da parte sua, non tira fuori un euro, anzi riceve un’indennità di 300 euro come rimborso per il tutoraggio. A beneficiare di questa manodopera sono quindi le aziende, per la maggior parte grosse catene alberghiere del Sud, come il Grand Hotel Baia Verde di Acicastello, in Sicilia, che grazie al progetto ha arruolato ben 7 camerieri. E così, invece di start up, produttori di contenuti digitali, portali web, la selezione delle imprese ha privilegiato bowling, centri estetici, bar, pasticcerie, hotel, ristoranti. Tutti ufficialmente impegnati a formare “figure innovative” così come deve aver fatto l’Istituto superiore di scienze religiose di Reggio Calabria dove, tra volumi in latino e immagini di santi, sono finiti due tirocinanti, un archivista e un addetto al museo, beneficiari dei fondi distribuiti a pioggia dalla generosità di Promuovitalia .
IL SISTEMA
Quello di Reggio è solo un caso su mille, e forse il meno eclatante, pescato all’interno di una giostra di sprechi, clientele e prebende che va avanti da anni e che non accenna a diminuire neanche oggi, dopo che il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, ha commissariato l’Enit e messo in liquidazione Promuovitalia, suo braccio operativo. Tutta la storia è scritta in un documento riservato (di cui Repubblica è in possesso) che certifica come negli ultimi anni sono stati spesi i soldi dell’Unione europea per circa 10.000 tirocini formativi. Denari che arrivano a Promuovitalia insieme ai fondi dello Stato italiano e che vengono poi dirottati a beneficio dei tirocinanti, scelti insieme all’azienda che li formerà. Questo solo in teoria. Perché oggi, a fronte dell’errato utilizzo dei fondi, è reale il rischio che l’Unione decertifichi la spesa e che si sfili dalla concessione della sua parte, lasciando allo Stato italiano l’intero peso finanziario dello stanziamento.
AFFITTI PAZZI
I soldi dell’Ue sono finiti in tanti rivoli e il ventaglio degli sprechi e delle clientele ha coinvolto ogni voce di spesa, compresi gli affitti per i tirocinanti fuorisede. Nella gestione tutta personale dei soldi pubblici accade infatti che un dirigente di Promuovitalia dirotti un piccolo esercito di tirocinanti nella sua Piacenza riuscendo a farli alloggiare nelle case intestate a sua madre. Un gioco facile, in parte continuato anche dopo il decesso della signora, che funziona in questo modo: lo Stato e l’Ue pagano l’alloggio ai giovani provenienti da altre province per essere formati, e ad incassare c’è lo stesso dirigente che gestisce il progetto. L’uomo si chiama Antonino Bussandri ed è oggi indagato nell’ambito di uno dei filoni d’inchiesta aperto su Promuovitalia. Il dirigente dovrà giustificare agli uomini della Guardia di Finanza i circa 360mila euro guadagnati negli anni grazie all’affitto degli appartamenti. La strana vicenda è stata peraltro denunciata oltre un anno fa al consiglio di amministrazione dell’azienda, senza però che questo sia intervenuto per prendere provvedimenti o sanzionare il manager. Anzi, il dirigente che aveva sporto denuncia è stato prima ridimensionato nei poteri e in seconda battuta licenziato.
GIOCHI DI POTERE
Lo scontro tra i manager, il buco di bilancio, i tanti casi di sprechi più o meno certificati hanno portato due settimane fa gli uomini della Guardia di Finanza negli uffici di Promuovitalia a largo Chigi per raccogliere carte e documenti utili alle tre inchieste aperte dalla Procura di Roma sulle vicende interne all’azienda. Al centro delle indagini c’è sia il caso degli affitti pazzi che quello più generale dell’utilizzo dei fondi europei nelle regioni del Sud, oltre alla verifica di un potenziale buco di bilancio da 11 milioni di euro. Il pentolone comincia a bollire e giovedì scorso l’onorevole Francesco Ferrara di Sel ha presentato un’interrogazione parlamentare diretta al ministro Franceschini per chiedere chiarezza su tutte le criticità emerse, dai fondi spesi fino al mancato pagamento dei lavoratori di Unicity, l’azienda che per conto di Promuovitalia si occupa della gestione del sito Italia.it, dal quale ieri si è dimesso il direttore Arturo Di Corinto, in polemica per il mancato pagamento degli stipendi. Tutto questo ha contribuito ad alimentare le faide interne che da anni minano i rapporti tra ministero, Enit e Promuovitalia. L’attuale liquidatore di Promuovitalia, il commercialista Antonio Venturini, deve infatti far luce sull’ultima gestione dell’azienda, quella che ha visto come protagonisti l’ex-presidente Costanzo Iannotti Pecci, presidente di Federterme e nominato in quota Confindustria, e il suo vice Massimo Ostilio, già portavoce di Clemente Mastella e assessore al Turismo della Regione Puglia. Oltre a loro, però, lo scontro tra i manager e lo scarico delle responsabilità è ai massimi livelli, ma saranno solo le indagini giudiziarie a mettere la parola fine alla vicenda.