Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 20 Lunedì calendario

Con l’intervista a Barbara D’Urso, Matteo Renzi ha dimostrato che potrebbe tranquillamente fare il conduttore televisivo se decidesse di lasciare la politica

«Matteo Renzi Show»: come gli ha consigliato Barbara D’Urso, il nostro leader, terminato il mandato, potrebbe benissimo condurre uno show. Ha carisma, suscita simpatia, è abbastanza paraguru per piacere all’audience generalista. Sulla scena tv sono in pochi che hanno la sua forza comunicativa. Per ora, di mestiere fa il presidente del Consiglio e sa bene che per un leader politico saper comunicare non è più un orpello, ma «cose di lavoro».
Renzi sta seguendo una strategia precisa, articolata in tre punti principali. 1. Come a suo tempo Berlusconi, Renzi preferisce gli scenari nazionalpopolari (Vespa, De Filippi, Del Debbio, D’Urso…). Nei giorni scorsi ha voluto incontrare Oprah Winfrey, l’icona della tv pop americana. In quanto incarnazione del «sapere comune», Oprah ha saputo suscitare l’identificazione fiduciaria che è una delle caratteristiche portanti della tv. I maligni hanno sottolineato come sia stato Matteo a intervistare Oprah e non viceversa. Fa niente. 2. Renzi, incalzato con complicità da Barbara cui dava del tu, ha parlato di temi concreti, non astratti («gli 80 euro anche alle neomamme per tre anni») con un preciso obiettivo: mettere i governatori delle Regioni con le spalle al muro. Dal punto di vista comunicativo, significa disintermediare, «saltare» il mediatore istituzionale. 3. Il descamisado Renzi ha capito che a destra c’è un deserto, una carestia di leadership. Perché andare da Floris quando, dall’altra parte, il campo è così libero?