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 2014  ottobre 17 Venerdì calendario

Ancora su Pantani, dopo il video choc di tre giorni fa, un altro caso si riapre, quello sull’esclusione dal Giro del 1999. La procura di Forlì indaga per associazione a delinquere finalizzata a truffa e frode sportiva. Ci sarebbe stato un complotto per sabotare le analisi del Pirata. E poi le minacce, le scommesse clandestine e la camorra. E la testimonianza di Renato Vallanzasca

Marco Pantani fu escluso dal Giro d’Italia del 1999 perché le sue analisi furono «alterate». Qualcuno avrebbe truccato l’esito degli esami effettuati dopo la tappa di Madonna di Campiglio facendo risultare l’ematocrito troppo alto, segnando così l’inizio della fine della carriera del campione di ciclismo. E della sua vita. È questa clamorosa ipotesi ad aver convinto il procuratore di Forlì Sergio Sottani ad avviare nuovi accertamenti su quanto accadde cinque anni prima che l’atleta fosse trovato morto in un residence di Rimini [Sarzanini, Cds].
 
Associazione per delinquere finalizzata alla truffa e alla frode sportiva. Dieci parole per riportare indietro l’orologio di oltre 15 anni. La procura di Forlì ha aperto un fascicolo a carico di ignoti con questa accusa. In poco più di un mese le inchieste sul Pirata sono raddoppiate: a fine luglio la procura di Rimini ha riaperto il caso sulla morte [Ceniti, Gds].
 
Non solo, tra le persone sentite anche giornalisti, gente vicina a Pantani e soprattutto medici che hanno spiegato come era possibile e semplice alterare l’ematocrito di quel 5 giugno (trovato a 51,9). Il sangue sarebbe stato deplasmato e la firma di questa operazione si troverebbe nel valore delle piastrine, piombate a livelli di un malato. Piastrine che invece erano normali (come l’ematocrito: sempre a 48) la sera del 4 giugno, quando il ciclista si fece l’esame del sangue nella sua stanza d’albergo per verificare se era nella norma (50 il valore consentito dall’Uci), e il 5 pomeriggio, quando si fermò a Imola per fare un test prima di arrivare a casa e iniziare la sua lenta discesa verso Rimini. Questa ipotesi ipotizza un complice in grado di operare sulla provetta (che non era sigillata). Ecco perché saranno interrogati anche i dottori che hanno effettuato il prelievo al Giro e l’ispettore Coccioni [Cenniti].
 
11.140, il numero della provetta con il sangue di Pantani. [Gialanella, Gds]
 
Di certo, chi è sfilato in Procura ha raccontato di un clima tesissimo durante la corsa rosa, con continue minacce anonime che arrivavano a chi stava intorno al Pirata. Minacce chiare: non doveva concludere la gara. E si arriva all’episodio di Cesenatico. Il Giro d’Italia arriva a casa del Pirata il 25 maggio 1999. La mattina dopo, i giornalisti sono allertati: «Pantani è fuori, ha saltato il controllo del sangue». Non sarà così, il capitano della Mercatone Uno passa quel test, ma i commissari dell’Uci lo vorrebbero lo stesso squalificare per un ritardo di circa 20’ sull’ora prevista per il prelievo. Alla fine tutto si risolve, ma l’ispettore dell’Unione ciclistica internazionale, Antonio Coccioni, lo ammonisce pubblicamente: «La prossima volta non te la caverai» [Ceniti, Gds].
 
Nel 1999 in Italia le scommesse sul ciclismo non esistono. Meglio: sono clandestine, le gestisce la criminalità organizzata. Quando la camorra si rende conto di aver accettato troppe puntate su Pantani vincente, è troppo tardi. Lui si dimostra il più forte. Si parla di decine di miliardi di lire, il banco rischia di saltare. C’è un solo modo per evitare il flop, trasformandolo in un affare d’oro: non far trionfare Pantani. Ma il Pirata straccia gli avversari e la sfortuna sembra aver cambiato direzione. Sembra. In realtà per gli inquirenti la camorra pianifica per tempo la cacciata di Pantani.
 
Quel giorno del 2008 in cui, inascoltata, Tonina Belletti, la madre di Pantani, raccontava in televisione che Vittorio Savini — capo della tifoseria del Pirata — le aveva detto di aver «ricevuto telefonate da persone che minacciavano di sparare a Marco pur di fermarlo durante il Giro, gli dissero che non sarebbe mai arrivato a Milano». Spiegando che l’uomo «non ha mai fatto i nomi per paura che gli dessero fuoco all’officina». Savini viene convocato dai carabinieri e conferma la circostanza, aggiungendo un dettaglio: «Il giorno dopo la squalifica un uomo mi disse che “tutto sommato era stato meglio così, altrimenti Pantani sarebbe finito male”» [Sarzanini, Cds].
 
La chiave starebbe in ciò che Renato Vallanzasca, il boss della malavita, scrisse alla mamma del Pirata, e cioè di essere stato avvicinato in carcere da un camorrista che gli proponeva di puntare grosse cifre nel giro delle scommesse clandestine. «Non so come, ma il pelatino non finisce la gara», disse l’ergastolano nel penitenziario di Opera (Milano). E dopo il 5 giugno 1999, il giorno della squalifica del campione, lo riavvicinò per dire: «Hai sentito? Il pelatino è stato fatto fuori, squalificato». Vallanzasca lo scrisse anche nella sua autobiografia, e fu sentito dai Pm di Trento. I processi si chiusero con un nulla di fatto. Vallanzasca non rispose agli inquirenti trentini, ora ci provano il procuratore di Forlì-Cesena Sergio Sottani e il sostituto Lucia Spirito [Sta].
 
«Quattro o cinque giorni prima che fermassero Marco a Madonna di Campiglio, mi avvicinò un amico, anche se forse lo dovrei definire solo un conoscente, che mi disse: “Renato, so che sei un bravo ragazzo e che sei in galera da un sacco di tempo. Per questo mi sento di farti un favore”. Ero in vero un po’ sconcertato ma lo lasciai parlare. “‘Hai qualche milione da buttare? Se sì, puntalo sul vincitore del Giro! Non so chi vincerà, ma sicuramente non sarà Pantani”» (Renato Valanzasca).
 
Certamente l’esclusione dal Giro nel ’99 ha segnato la vita di Pantani, iniziato a scivolare da Madonna di Campiglio verso il tunnel della depressione e della coca. Fino a quel 19 febbraio 2004, all’inchiesta archiviata frettolosamente e a una morte in circostanze sospette, tra cocaina ingerita, scena del crimine alterata e persone che sarebbero entrate nella sua stanza senza passare dalla reception. E l’orario della morte rimesso in discussione dall’orario segnato dal suo Rolex [Leggi qui]. Molto è ancora da chiarire. Un finale tutto da scrivere, iniziato forse quattro anni e mezzo prima [Fat].
 
In tutto sono sette le procure che hanno indagato su Pantani: Torino, Forlì, Bologna (per la Milano-Torino del 1995), Trento (per il Giro 1999), Firenze (per il Giro 2001), Ferrara (per l’inchiesta su Conconi) e Brescia (per l’antidoping).