La Stampa, 17 ottobre 2014
Zuppe, teiere e niente numero 4. Così Milano diventa “orientale”
«Asiatici? Certo che ce ne sono tanti in questi giorni. Ma abbiamo imparato a ospitare tutti quelli che arrivano. Si va a ondate: due settimane fa è stata la volta delle signore arabe, in vacanza shopping per la Festa del sacrificio. Col Natale ortodosso tocca ai russi. E a febbraio ai cinesi che celebrano il loro Capodanno da Prada». Lo smagato maître del Savini in Galleria, accento napoletanissimo e obbligo professionale a stare sul vago, ha l’aria di averne viste tante, e chissà che cosa lo aspetta entro ottobre 2015 quando si metterà fine all’avventura dell’Expo. Eppure le vere prove tecniche di Milano metropoli globale, con grappoli di interpreti italo-cinesi davanti agli alberghi, torme di delegazioni planetarie da intrattenere, esercizio estremo di security fino all’appostamento di cecchini su piazza del Duomo, si sono verificate ieri per il vertice Asem: in una città dal caldo ancora opprimente, con in cielo rapide nuvole turneriane e la direttrice piazza della Repubblica-via Manzoni-Scala-Duomo ultrapresidiata da pubblica sicurezza e vigili urbani.
Lo zar Putin dorme al Westin, e chissà se ha avuto il tempo di approfittare del bagno turco privato e della vascona «seaside», fiore all’occhiello della suite presidenziale: un suo fan, comunque, gli ha reso omaggio con le matrioske in vetrina, ed è il proprietario di una boutique storica di abbigliamento sotto gli archi di piazza Cavour. Il presidente Napolitano e la moglie hanno scelto il Grand Hotel et de Milan dalle cocenti reminiscenze verdiane, Frau Merkel è protetta dalle atmosfere rarefatte del Park Hyatt, che oltre alla vista sulla Galleria ha un ristorante stellato Michelin di nome Vun. Al Principe di Savoia stazionano il Sultano del Brunei, proprietario della catena alberghiera, e la delegazione cinese guidata da Li Keqiang. Strettissimo riserbo su chi sia sceso al Town House, sempre in Galleria, fastoso ma accogliente come una casa privata, ed è poi l’albergo che mette a disposizione di ciascun ospite un maggiordomo. Si sospetta un’abbondante delegazione orientale, la loro specialità. È qui e al Principe di Savoia che hanno inventato infatti il Chinese set-up, cioè le regole per la buona accoglienza di chi viene dall’Est: zuppe e noodles per la prima colazione, bollitori e varietà di tè assortiti in camera, orari elastici per adattarsi al jet lag, e attenti a non sistemare gli ospiti nelle camere che contengono il numero 4, considerato infausto dagli orientali.
Ma i sudcoreani se ne infischiano e stanno al Four Seasons, il premier kazako all’Armani: chi più chi meno, si son tutti sfrenati negli acquisti tra Montenapo e via Spiga, con una particolare menzione per la first lady malese, moglie del ministro Najib Razak, che ha fatto incetta di stoffe da Emilio Pucci. Dai fratelli Rossetti hanno venduto bene le scarpe stringate e con la suola a carrarmato, da La Perla lingerie di seta a tonnellate. Molti gentiluomini esotici in blu e in fumo di Londra (i famosi sherpa?) si sono presentati da Hermès, Corneliani ed Ermenegildo Zegna, per poi bersi un cafferino da Cova. I cerimoniosi commessi di Gucci e Ferragamo minimizzano per proteggere la privacy dei clienti : «Non abbiamo registrato una punta di affluenza rispetto ai nostri standard», assicurano; ma alla fine ammettono che sì, insomma, di auto con scorta se ne sono viste. E siccome non di solo shopping vive il delegato, c’è chi ha cercato di prenotare all’ultimo momento una serata alla Scala, dov’è in scena «Romeo e Giulietta» con Roberto Bolle: peccato che fosse esauritissimo.
Pochi si sono fatti scappare la liturgica visita al Cenacolo vinciano di Santa Maria delle Grazie, rinforzata per alcuni degli ospiti stranieri da cene ristrette a Palazzo Marino e al Museo della Scienza e della Tecnica. Non al Museo del Novecento, che a molti sarebbe interessato parecchio ma che essendo di fianco a Palazzo Reale è stato chiuso per ragioni di sicurezza. Ci si è consolati con la cena di gala di ieri sera, ed è già ora, oggi, di partire. Dalla pista protetta dell’Ata, debitamente isolata rispetto al centro di Linate.