Corriere della Sera, 17 ottobre 2014
I cinesi si comprano l’aeroporto di Parma: acquisto da 250 milioni di dollari, lo scalo funzionerà soprattutto per i voli cargo
Il telefono del presidente dell’aeroporto Verdi di Parma, Guido Dalla Rosa, ha squillato ininterrottamente per l’intero giorno. Tutti volevano congratularsi con lui per la notizia-bomba, ovvero l’acquisizione da parte dei cinesi della Izp Technologies della quota di maggioranza dello scalo aereo emiliano finora in portafoglio agli austriaci della Meinl Bank.
Izp è una società di e-commerce, big data e internet advertising di Pechino e ha intenzione di investire sul rilancio dello scalo di Parma la bella cifra di 250 milioni di dollari. Il piano di business prevede 9 voli settimanali dall’Italia alla Cina e soprattutto l’utilizzo del Verdi per il traffico cargo. Insomma Parma dovrebbe diventare un grande polo logistico per accogliere le merci cinesi dirette in Europa.
Nel Vecchio Continente, infatti, nessun aeroporto è controllato dai cinesi e Parma avrebbe il vantaggio di una buona posizione geografica, di un collegamento autostradale con i porti della Liguria e una vicinanza all’autostrada del Brennero. Izp Technologies ha scelto il Verdi anche perché non voleva avere a che fare con altri soci e desiderava comprare la maggioranza assoluta. Al momento esiste solo una lettera di intenti, seppur validata dal beneplacito e da accordi che sono intercorsi tra i governi di Roma e di Pechino. A Parma sperano però di chiudere l’operazione nel più breve tempo possibile.
L’arrivo dei cinesi nel cuore della food valley italiana apre nuove prospettive e qualche rischio. La prima domanda diventa se sarà possibile usare il Verdi come piattaforma per l’export italiano in Cina: per ora questa possibilità non è stata presa in esame ma farà parte nel negoziato con la Izp.
Le aziende italiane che operano a Parma, Barilla in testa, sono ovviamente molto interessate a un’eventualità di questo tipo che faciliterebbe le esportazioni italiane. Nella scelta della Izp di puntare su Parma ci sarebbe stata, infatti, anche l’opportunità di legarsi a un territorio che ha fatto della qualità il suo vessillo e quindi affari e immagine sembrano andare a braccetto. Ma l’attività cargo del Verdi si presta ad altre considerazioni oltre l’export.
Dopo l’alleanza Alitalia-Etihad lo scalo di Malpensa dovrebbe proprio specializzarsi nel traffico merci e c’è anche il progetto di lanciare in questo business lo scalo bresciano di Montechiari. In un’epoca di Pil calante c’è spazio per le ambizioni di tutti e tre gli scali? O l’arrivo dei cinesi a Parma cambia le carte in tavola? E come impatta tutto ciò con il piano aeroporti predisposto dal ministero dei Trasporti?
In città per ora queste domande non se le fanno. Si cullano ricordando come importanti studi sostengono che un dollaro investito in uno scalo aereoportuale ha ricadute per almeno 10-20 volte superiori sul territorio. Ricordano che il Verdi gode di una concessione ventennale e dell’autorizzazione a costruire una nuova torre di controllo. Pensano di poter fare concorrenza nel business della logistica ai due poli emiliani già sviluppati, ovvero Piacenza e Bologna, grazie ai 20 mila metri quadri di terreno disponibili per aumentare la dotazione di servizi dello scalo. Non li sfiora per niente il pericolo di diventare una Chinatown.