16 ottobre 2014
Una manovra da 36 miliardi per Renzi: meno tasse sul lavoro, 80 euro confermati, Tfr in busta paga, tagli per Comuni e Regioni, lotta all’evasione, ma anche coperture ancora da trovare. Tutti i numeri e i commenti sulla Legge di stabilità varata ieri dal governo
Il meglio dai giornali di oggi sulla Legge di stabilità approvata dal governo Renzi.
Una manovra da 36 miliardi per il 2015. Che tiene conto dei 2,7 miliardi di tagli alla spese e di 2,6 miliardi di nuove entrate dall’aumento della tassazione delle rendite finanziarie previsti in entrambi i casi in via strutturale del decreto Irpef. È quella varata ieri dal Consiglio dei ministri e poi presentata in conferenza stampa da Matteo Renzi e da Pier Carlo Padoan [Marco Mobili e Marco Rogari, Il Sole 24 Ore].
Alessandro Barbera sul Cds: «Con la solita astuzia politica, Renzi gioca coi numeri, conteggiando alcune poste già introdotte l’anno scorso: il saldo è in realtà pari a poco meno di 31 miliardi di euro. Si tratta in ogni caso di una manovra fra le più importanti dai primi anni novanta, senza precedenti per l’entità dei tagli alle tasse (18 miliardi fra il 2014 e il 2015) e – sulla carta – per i tagli alla spesa (15 miliardi), che però ieri il governo non ha precisato nel dettaglio. Occorrerà attendere il testo definitivo del disegno di legge, che ora passa alle Camere e, soprattutto, al vaglio dell’Europa.
L’impostazione generale non cambia e, anzi, l’aumento della dimensione della manovra ne accentua le caratteristiche espansive.
Sono confermati il bonus di 80 euro ai lavoratori dipendenti (9,5 miliardi), cui si aggiungono 500 milioni per le famiglie numerose, la possibilità di avere il Tfr maturando in busta paga (la garanzia statale alle banche costa 100 milioni), l’eliminazione della componente lavoro dall’Irap (5 miliardi), gli incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato (1,9 miliardi), la riforma degli ammortizzatori sociali (1,5), l’allentamento del Patto di Stabilità per i Comuni (un miliardo), ma nella manovra entra anche un nuovo regime di favore per le piccole partite Iva, con sgravi per 800 milioni [Lorenzo Salvia e Mario Sensini, Cds].
Una parte consistente della legge di stabilità, come ampiamente anticipato nei giorni scorsi, sarà comunque finanziata lasciando salire dal 2,2 al 2,9% il deficit del prossimo anno. Un allentamento che da solo vale 11,5 miliardi [Andrea Bassi, Mess].
Secondo Paolo Martini della Stampa, «si tratta di una manovra “interclassista”, come ai tempi della prima Dc: un risultato che l’ex giovane democristiano Renzi dietro le quinte ha fortissimamente voluto e che alla fine è riuscito a disegnare. Sono di nuovi premiati, con gli 80 euro, i ceti medio-bassi. Ma stavolta con gli sgravi Irap e per i nuovi assunti, è festa per le imprese e infatti Renzi, nella conferenza stampa finale, ha voluto enfatizzare questo dato, rivolgendosi ad un immaginario imprenditore: “Mamma mia e di più che vuoi?”. E un segnale di attenzione c’è anche per “le partite Iva a basso livello di reddito”».
Scrive Marcello Sorgi sul Sole 24 Ore: «È anche una legge molto “politica”, nel senso che Renzi l’ha modellata sull’Italia che ha in mente: da un lato, il paese di chi produce e compete sui mercati eppure si sente soffocato; dall’altro, la platea di chi - singoli o famiglie - ha pagato fin qui il prezzo più salato alla crisi. Tale profilo politico della manovra è stato tratteggiato pensando al possibile blocco sociale che il premier ha in mente. Quindi è un errore limitarsi a dire che si tratta di una legge scritta pensando alle elezioni anticipate».
Molto duro sulla manovra Franco Bechis su Libero: «Renzi ha ovviamente battuto il tasto delle tasse tolte, che in realtà sono assai meno di quelle annunciate alla vigilia: per il bonus sugli 80 euro che proroga quello esistente invece dei 10 miliardi previsti ce ne saranno solo 9,5 (e non saranno più un aumento di stipendio, ma una maggiore detrazione tolta dalle tasse dovute). Di sconto Irap erano annunciati 6,5 miliardi di euro, e invece nel 2015 ce ne saranno 1,5 di meno: in tutto 5, e lì sono ricompresi anche i 2 miliardi di sconto che erano contenuti nel decreto sugli 80 euro. I tagli di spesa sono 15 miliardi, e non i 16 annunciati alla vigilia, e al loro interno è nascosta una trappola che è destinata a fare aumentare le tasse ai cittadini: alle Regioni ad esempio sono stati tagliati 4 miliardi di trasferimenti».
Scettico anche Stefano Lepri sulla Stampa: «La questione non è più tanto se la Commissione europea accetterà questi numeri, quanto se li considererà verosimili. Gli obiettivi che il governo si pone con la legge di stabilità approvata ieri sera appaiono validi. Le risorse per raggiungerli non è chiarissimo come saranno trovate; 3,8 miliardi dalla lotta dell’evasione fiscale e 15 da tagli alle spese sono cifre di grande ambizione».
Andando per punti, ecco cosa prevede questa manovra da 36 miliardi di euro:
• Gli 80 euro. Il bonus da 80 euro per i lavoratori dipendenti al di sotto dei 26 mila euro lordi l’anno viene confermato ma cambia forma: sarà una detrazione vera e propria e quindi uno sgravio fiscale e non una spesa come figura oggi in bilancio, con conseguente alleggerimento della pressione fiscale. Non c’è il meccanismo del quoziente familiare che avrebbe alzato la soglia di reddito per le famiglie numerose e con un solo stipendio. L’intervento sarebbe costato troppo, in compenso viene creato un fondo da 500 milioni di euro per le famiglie, che sarà utilizzato per un sostegno per i nuovi nati fino al terzo anno di età e l’esenzione del ticket per le famiglie con figli [Lorenzo Salvia e Mario Sensini, Cds].
• Irap. Il taglio della componente lavoro dalla base imponibile Irap vale per le imprese una riduzione della pressione fiscale di 6,5 miliardi di euro. Con un effetto di cassa immediato per lo Stato, ha spiegato ieri il premier Matteo Renzi, di 5 miliardi di euro. In termini di impatto macroeconomico, il taglio del costo del lavoro dal valore della produzione calcolata ai fini dell’imposta regionale potrà produrre un impatto positivo sul Pil di un decimale di punto già a partire dal 2015. Che tradotto in euro vale fino a 1,6 miliardi. A regime, ovvero al termine del triennio della legge di stabilità 2015-2017, il miglioramento del Pil sarebbe di 4 decimali e dunque di circa 7 miliardi. La scommessa del Governo è che i 6,5 miliardi di taglio Irap sulla componente lavoro spingano su l’occupazione e soprattutto le imprese che assumeranno con contratti a tempo indeterminato. In termini di risparmi le prime stime parlano di benefici medi di 800 euro annui per le aziende più piccole e fino a circa 200mila euro per le più grandi [Alessandro Arona, Il Sole 24 Ore].
• Il risparmio per il conto economico sarebbe di circa 720 euro per dipendente. Ipotizzando che l’azienda ne abbia quindici (la gran parte delle piccole imprese italiane è al di sotto della fatidica soglia fissata dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori), questo significa un minor peso fiscale di 10.762,50 euro all’anno, presumendo che si tratti di una realtà da 1,3 milioni di euro di fatturato e con un costo di produzione di poco inferiore, di circa 1,1 milioni di euro. La simulazione – condotta dal gruppo di studio torinese Eutekne – parte dal presupposto della deducibilità integrale ai fini Irap del costo dei lavoratori dipendenti, misura inserita dal governo nel disegno di legge di Stabilità [Fabio Savelli, Cds].
• Tfr in busta paga. L’operazione scatterà dalla seconda metà del prossimo anno, cioè dal mese di giugno, e sarà valida per il triennio 2015-2018. Sarà su base volontaria e non avrà alcun impatto sui costi delle imprese. Mentre per lo Stato si tradurrà in nuove entrate fiscali con l’anticipo del Tfr trattato ai fini Irpef al pari di un incremento di reddito. Saranno esclusi i lavoratori del pubblico impiego e quelli del settore agricolo. Potranno aderire anche i lavoratori che hanno dirottato il proprio Tfr nei fondi di previdenza complementare. Riguarderà il Tfr maturato a partire dal primo gennaio 2015 e non lo stock già accumulato. La tassazione sulle rendite dei fondi pensioni potrebbe impennarsi dall’attuale 11,5 al 20 per cento [Roberto Mania, Rep].
• Il testo definitivo sul Tfr non è stato distribuito ieri in conferenza stampa. Il meccanismo prevede che le banche che anticiperanno alle imprese le risorse per pagare il Tfr in busta-paga avranno la stessa remunerazione che oggi viene garantita al Tfr in azienda (1,5% più lo 0,75% del tasso d’inflazione). Il dipendente privato potrà fare richiesta di ottenere il Tfr in busta-paga mensilmente anziché alla fine del periodo lavorativo.Visto che l’accantonamento del Tfr corrisponde a circa una mensilità all’anno, per un lavoratore che incassi 1.400 euro netti significa ottenere in busta-paga più di 100 euro al mese per 13 mensilità. L’impresa per cui lavora dovrà farsi certificare dall’Inps il diritto alla prestazione. Tale certificazione verrà trasmessa alla banca che deciderà se erogare il finanziamento. Al termine del periodo lavorativo del dipendente, sarà l’azienda a dover restituire i soldi alla banca finanziatrice. Se non lo farà, la banca per recuperare le spettanze dovrà rivolgersi al fondo di garanzia dell’Inps [Antonella Baccaro, Cds].
• Nuove assunzioni. «Caro imprenditore, assumi a tempo
indeterminato? Ti tolgo l’articolo 18, i contributi e la componente lavoro dall’Irap. Mammamia, cosa vuoi di più. Ti tolgo ogni alibi e ti do una grande occasione». Così Renzi ieri per spiegare l’impatto del pacchetto di misure a favore delle assunzioni e per combattere la disoccupazione giovanile. La misura più importante prevede la possibilità di assumere con un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti a zero contributi: il costo è di 1,9 miliardi. Altre misure riguardano l’assunzione dei precari della scuola per i quali la cifra stanziata è di 500 milioni, una cifra secondo Renzi sufficiente a garantire tutte le regolarizzazioni pari a 149 mila unità. Arrivano risorse anche per gli ammortizzatori sociali collegati al Jobs Act: confermato il miliardo e mezzo per la nuova indennità di disoccupazione [Roberto Mania, Rep].
• Per Fabrizio Forquet del Sole 24 Ore «le imprese non pagheranno più un assurdo balzello sulla loro capacità di creare o difendere l’occupazione. Significa che assumere a tempo indeterminato potrebbe davvero diventare più conveniente rispetto ad altre formule contrattuali. Soprattutto se alle misure economiche si accompagnerà una vera riforma del mercato del lavoro, con un contratto a tutele crescenti che superi definitivamente le incongruenze e le vischiosità burocratico-giudiziarie dell’attuale articolo 18».
• Spending review. La spending review sale a quota 15 miliardi. Le amministrazioni centrali dello Stato daranno 6,1 miliardi, il 3 per cento cui si puntava in fase di elaborazione della manovra. Le Regioni contribuiranno con 4 miliardi, i Comuni con 1,2 miliardi e le province con 1 miliardo. Infine 2,5 miliardi verranno dal decreto legge 66, quello degli che aveva tenuto a battesimo gli 80 euro. Un sacrificio pesante quello che si chiede alle Regioni che potrebbe portare a un aumento delle tasse locali (il premier ha negato questa possibilità). Quanto ai Comuni, a fronte di tagli, verrà sbloccato il patto di stabilità interno per un miliardo consentendo uno spazio di spesa del 70 per cento in più. «Mi piacerebbe fare il sindaco in questo momento», ha commentato Renzi [Roberto Petrini, Rep].
• Molto critico su questo punto Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano: «Ci sono i tagli: non ai tanto odiati “sprechi”, visto che il commissario alla revisione Carlo Cottarelli è stato licenziato e il suo lavoro sepolto negli archivi. No, si taglia (poco) sui ministeri e (molto, 6,2 miliardi) su Regioni ed enti locali: solo chi è in malafede può sostenere che ci sia ancora grasso da asportare. Dopo quattro anni in cui lo Stato centrale ha sottratto oltre 40 miliardi a Regioni e Comuni, ogni ulteriore stretta ridurrà i servizi, visto che le tasse non si possono più alzare senza rivolte di piazza (anche se il ministro Padoan è favorevole a un aggravio delle imposte locali)».
• Lotta all’evasione. Con la legge di stabilità il governo conta di incassare 3,8 miliardi di euro dalla lotta all’evasione fiscale. Un conto a cui contribuirà per 900 milioni anche l’allargamento del reverse charge per l’Iva autorizzato dall’Unione europea e il recupero di circa un miliardo dal settore dei giochi. Al di là dei numeri complessivi, va segnalato che a cambiare sarà la filosofia di fondo delle strategie di contrasto nei confronti di chi non paga le tasse: non più blitz fuori dai bar ma controlli mirati attraverso l’incrocio delle banche dati. Chiamando il contribuente interessato e “invitandolo” preventivamente a rivedere la sua posizione in caso di anomalie, come maggiore imponibile sottratto a tassazione o vendite in nero [Eugenio Bruno, S24].
• Casa. La legge di stabilità, per come è stata presentata ieri da Renzi e Padoan, non include la nuova “local tax” unica sulla casa. Scrive però Luca Cifoni sul Mess: «Così insieme all’amplissimo margine di manovra concesso ai sindaci in materia di detrazioni appare destinata a sparire anche la quota della Tasi, variabile tra il 10 e il 30 per cento, posta a carico dell’inquilino o di chi comunque detiene l’immobile pur non essendo il proprietario».
• Ecobonus. La fretta di scendere in conferenza stampa (erano già passate le 22) ha fatto sì che le slides contenessero alcuni errori: nella lista delle riduzioni fiscali mancava la conferma nel 2015 dei due ecobonus per la ristrutturazione degli appartamenti. Tesoro e Infrastrutture, interpellate a riguardo, spiegano che «le due misure sono previste» [Alessandro Barbera, Sta].
• Nuove tasse. C’è anche un capitolo, corposo, di nuove entrate. Tradotto significa nuove tasse. A essere colpiti saranno innanzitutto i Fondi pensione, per i quali il prelievo salirà dall’11,5% al 12,5% (Renzi ha derubricato questa operazione ad aumento della tassazione sulle rendite, anche se in realtà si tratta di risparmio previdenziale). Stretta anche per le Fondazioni di origine bancaria la cui tassazione agevolata sarà ritoccata. Giro di vite da un miliardo di euro anche sui giochi. Il pay out, ossia la vincita restituita ai giocatori sulle New slot, sarà ridotta dal 74% al 70%. Contemporaneamente dovrebbe essere anche ritoccato il Preu, il prelievo unico erariale che potrebbe aumentare da 1 a 5 punti percentuali a seconda del gioco [Andrea Bassi, Mess].
• Il giudizio dell’Europa. Alessandro Barbera sulla Stampa: «Questi numeri ora passano al vaglio di due istituzioni: la Commissione europea e il Parlamento. Il passaggio più difficile sarà con Bruxelles che aveva chiesto all’Italia di destinare alla riduzione del debito pubblico fra gli otto e i dieci miliardi di euro, mentre per ora il governo prevede un settimo di quella cifra. Dalle parole di Renzi si capisce che la trattativa per raggiungere un compromesso è in corso: «Abbiamo messo da parte 3,4 miliardi, non si sa mai». Se Bruxelles chiederà all’Italia un rafforzamento dei risparmi, il governo li prenderà da lì».
«Renzi pregusta quindici giorni di “guerriglia” con Bruxelles, replicando quello schema già collaudato in casa con i politici da rottamare, i superburocrati, i sindacati, la Rai. Uno spazio polemico che il responsabile economia Pd Filippo Taddei, lascia capire: “Non è scontato che la Commissione Ue dia il suo assenso. Ma difficilmente l’Europa potrà dare un giudizio negativo”» (Fabio Martini su La Stampa).