il Giornale, 15 ottobre 2014
Ci sarà pure la crisi, ma secondo la banca Ubs gli italiani sono il terzo popolo più ricco del mondo
A leggerla così viene quasi da ridere: gli italiani sono i terzi al mondo per ricchezza mediana. Almeno così assicura uno studio di Credit Suisse. Le statistiche, si sa dai tempi di Trilussa, non bisogna proprio prenderle alla lettera. È vero, però, che qualcosa raccontano, soprattutto se si incrociano con altri dati. Questa lunga crisi, per esempio, ha colpito consumi e investimenti. È una lunga litania di segni meno marchiati di rosso. Eppure un’analisi di Unimprese, con numeri di Bankitalia, certifica che questa curva in discesa non vale per i depositi bancari. I soldi nei conti correnti sono aumentati. Sembra un paradosso, ma non lo è. La recessione è una brutta bestia. Non solo perché ti scarnifica il portafoglio, fa chiudere aziende e manda a casa i lavoratori. La recessione genera paura. Fa paura perché toglie la speranza. Tanti non spendono perché non hanno i soldi, perché il secondo lunedì del mese sono in bolletta, ma altri (e non sono pochi) ci pensano quattro volte prima di acquistare qualcosa perché non si sa mai. E allora i soldi li mettono in banca. Risparmiano. Non rischiano. È normale. È la parte più profonda e a lungo termine di ogni crisi economica, soprattutto di quelle disperate come quella che stiamo vivendo.
Gli italiani sono un popolo di risparmiatori, ma nella loro storia sanno anche costruire ricchezza. Sono riusciti a risollevarsi da momenti bui, scommettendoci, credendoci. Quello che registra Credit Suisse è che questo Paese ha grossi problemi di debito pubblico, ma gli italiani non sono ancora a terra, sconfitti, incapaci di rialzarsi. È un popolo che sa resistere, faticando ogni giorno. Non siamo i pezzenti dell’Europa. L’Italia non è la nazione stracciona che deve andare dai burocrati di Bruxelles a chiedere l’elemosina. Non dobbiamo vergognarci davanti all’arroganza tedesca. Non ci sono lezioni da prendere e sentirci ogni volta ripetere che non abbiamo fatto i compiti a casa. Forse la classe dirigente ha qualcosa da farsi perdonare, ma gli italiani sono ancora ricchi di idee e di risparmi per finanziare quelle idee.
Quello che ci sta macerando l’anima è la paura. Questa maledetta paura che l’Europa, ossessiva e apocalittica, continua a scaricarci addosso. L’Europa che boccia tutto e si incazza se il governo prova ad abbassare le tasse.
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RomaUn Paese ricco che ignora di esserlo. È la fotografia dell’Italia che emerge dal Global Wealth Report, l’indagine della banca svizzera Credit Suisse che misura il patrimonio aggregato delle famiglie a livello mondiale. Ebbene, il nostro Paese a fine giugno scorso è in terza posizione nella classifica della ricchezza mediana con 142mila dollari (112.300 euro), in aumento del 9,6% rispetto al primo semestre del 2013.
Quello di «mediana» è un concetto statistico particolare: indica, infatti, il valore che si trova nel mezzo di un insieme di dati (in termini matematici «distribuzione»). Per rendere ancor più comprensibile il dato, occorre perciò specificare che 142mila dollari è il valore che divide a metà l’insieme: i valori superiori e quelli inferiori alla mediana sono almeno pari. Ne consegue che almeno la metà delle famiglie oggetto del campione hanno una ricchezza superiore a 112mila euro. Solo Australia (225mila dollari) e Belgio (171mila) sono più ricchi dell’Italia, mentre Francia (141mila) e Gran Bretagna (131mila) ci tallonano da vicino. Nella top ten della ricchezza mediana non compaiono gli Stati Uniti, quarti nella classifica della ricchezza pro capite con 348mila dollari per individuo, mentre la Svizzera che è la più benestante del mondo per patrimonio medio individuale (581mila dollari) è solo ottava per mediana (107mila dollari).
Che cosa significa il confronto tra le due classifiche? Che gli italiani hanno una ricchezza più diffusa rispetto alle altre economie dei Paesi sviluppati, sia per il patrimonio immobiliare sia per il boom dei mercati azionari dei mesi scorsi. L’ottima performance delle Borse ha fatto sì che Germania, Francia e Italia aggiungessero nell’ultimo anno 3.600 miliardi di dollari alla ricchezza globale. E non è un caso che nel nostro Paese risieda il 2,6% dei «Paperoni» globali (per la precisione 3.322), ossia degli individui che hanno un patrimonio superiore ai 50 milioni di dollari. L’Italia è al sesto posto in questa particolare classifica dietro Germania, Gran Bretagna e Francia. Inarrivabili gli Usa che ospitano il 49% dei super-ricchi globali, ma il secondo posto della Cina con 7.631 high net worth individuals fa comprendere che la geografia del benessere sta velocemente cambiando.
Le proiezioni al 2019 indicano che, a fronte di una ricchezza globale stimata in aumento da 263mila a 369mila miliardi di dollari, il numero di milionari è destinato ad aumentare esponenzialmente in Cina, India, Brasile, Turchia e Messico. Oltre agli Stati Uniti l’attuale G7 continuerà a esser degnamente rappresentato solo da Francia, Germania e Gran Bretagna. E questo trend, ancorché non indichi un impoverimento, sicuramente minaccia la stabilità degli attuali assetti finanziari e industriali del nostro Paese. Ecco, quella ricchezza inconsapevole che caratterizza l’Italia odierna va presidiata, sostenuta, difesa. Sia perché rischia di disperdersi con le tasse (i grandi patrimoni si proteggono dalle stangate, emigrando) sia perché, se non investita in attività italiane, lascerà al Bel Paese il poco onorevole ruolo di preda.