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 2014  ottobre 14 Martedì calendario

L’infermiera Daniela Poggiali, presunta assassina di vecchi tramite iniezioni al cloruro di potassio, risponde per un’ora - fredda, determinata - e nega tutto. Intanto all’Umberto I di Lugo (Ravenna) i portantini scherzano con i vecchi in carrozzella: «Allora, Gino, ti porto in Ortopedia o direttamente in Camera mortuaria?»

Certamente scherza, il portantino che aiuta l’anziano a entrare in ospedale. «Allora, Gino, ti porto in ortopedia o direttamente in camera mortuaria?». La battuta non cancella la paura. Sembra diverso, adesso, questo Umberto I, che gli anziani chiamano «e sdeal», l’ospedale. Un pezzo di città che è come un pezzo di casa. Si arriva in bici in tutti i padiglioni, per ritirare un esame o per salutare un amico ricoverato. Qui sono passati anche i nonni dei nonni. Ma adesso l’ospedale mette i brividi, da quando si è saputo che un’infermiera professionale, Daniela Poggiali, 41 anni, è stata arrestata per avere ucciso una paziente, Rosa Calderoni, con un’iniezione di cloruro di potassio. «Ci sono stati 38 decessi sospetti — ha dichiarato il capo della Procura, Alessandro Mancini — e una decina di questi sono molto sospetti». «Adesso dobbiamo avere paura anche di chi ci dovrebbe aiutare?». La signora Diana è davanti a Medicina, il padiglione dove lavorava la Poggiali. «Ci sono delle mele marce ma guai a pensare che tutti siano così. Io ho qui mia mamma, 89 anni. Ho protestato perché la tengono sempre a letto, mezza addormentata, così hanno meno da fare. Ma poveretti loro, infermieri e assistenti sono sempre meno numerosi…». Nel tribunale di Ravenna c’è l’interrogatorio di garanzia di Daniela Poggiali, davanti al gip Rossella Materia, presente il pm Angela Scorza. L’infermiera – sui giornali di tutto il mondo ci sono le storie di infermiere eroiche che negli Stati Uniti e in Spagna rischiano la vita per avere aiutato i malati di Ebola – deve invece spiegare perché abbia deciso di uccidere una signora anziana. «Ha parlato per un’ora, sicura, senza emozioni, come si accusasse un’altra persona. Gelida e diabolica. “Non c’entro nulla”, “Ma chi vi dice che sia stata io?”. “Sono una che sa fare bene il proprio mestiere, e da tanti anni”». E poi: «È un complotto». Ammette che sì, in quella stanza c’era solo lei, accanto all’anziana poi defunta. Nel corridoio del tribunale ci sono un paio di amici che la chiamano Cipollina. «Tieni duro, Cipo. Ricordati che abbiamo già i biglietti per Elton John, a dicembre». Ora di pranzo, nel reparto Medicina. Sessantaquattro letti, 14 medici. Il colore arancione delle pareti è l’unica nota allegra. Bisognerebbe venire qui di notte, per capire il dramma. Anziani a letto, con la paura di non vedere la nuova alba. E passava lei, l’infermiera Poggiali che — lo scrive il gip — «per fare gli sgarbi ai colleghi abusava di sedativi e purganti nei confronti dei pazienti». Si sporcavano, i poveri anziani, già debilitati dagli anni e dalle malattie. Così l’infermiera poteva divertirsi, pensando al lavoro supplementare di colleghi e Oss — operatori socio sanitari — del turno del mattino. «Chi è capace di farsi fotografare così — dice il procuratore Alessandro Mancini — è capace di fare molte altre cose». Sono due le immagini trovate nel cellulare dell’infermiera. Nella prima è accanto a una signora appena deceduta, ancora a bocca aperta, nella saletta del «tanatogramma». Anche l’infermiera apre la bocca, in un’allucinante imitazione. Nell’altro scatto, sempre accanto alla deceduta, alza i pollici in segno di vittoria e ride. C’è anche una didascalia. «Brr, mmmh, la vita e la morte, mmmh». «Ha agito — scrive il gip — per motivi abbietti consistenti nella semplice volontà di “liberarsi” di pazienti “impegnativi” (poiché necessitavano di maggiori attenzioni) ovvero anche nel compiacimento derivante dal provocare la morte di un’anziana paziente. Appare probabile che delinqua per autocompiacimento e sia pertanto a ciò incline ogni volta abbia l’occasione di attuare il proprio desiderio di prevaricazione». La signora Rosa Calderoni era arrivata in ospedale la sera del 7 aprile. Muore la mattina dell’8 aprile. L’iniezione di potassio, il collasso e poi l’infermiera che toglie subito i tubi della flebo. Un sorriso ai figli della donna. «Non ha sofferto». I degenti che possono muoversi prendono il sole d’autunno davanti ai padiglioni. «Per fortuna sono in Ortopedia. Se penso che prima di Natale ero nel reparto di quella lì…». «C’è un contesto sanitario — ha detto il procuratore capo — gravato da sconcertanti negligenze dal punto di vista tecnico e professionale». «Noi siamo stati i primi — si difende Andrea Des Dorides, direttore generale dell’Ausl Romagna — a denunciare il fatto che in quel reparto c’erano, rispetto alla media, troppi decessi». «Non siamo una tana di assassini» dice Nicola Farina, della Sanità Cgil. Per l’infermiera accuse di omicidio volontario con l’aggravante dei motivi abbietti, dell’uso del veleno. Dovrà rispondere anche di vilipendio di cadavere. Quando sono arrivati i carabinieri, aveva la valigia pronta: stava per andare in vacanza.