14 ottobre 2014
Il pasticcio di Luxottica, il colosso italiano degli occhiali che rischia di crollare per una dinasty familiare. Intanto ieri in Borsa ha perso 1,82 miliardi
Luxottica, il gruppo italiano leader mondiale della produzione di occhiali, ieri ha bruciato in Borsa 1,82 miliardi di capitalizzazione. A Piazza Affari il titolo ha perso il 9,23%.
Fatturato di Luxottica: 7,3 miliardi di euro (60% negli Usa, 20% in Europa e altrettanti nel resto del mondo), con 617 milioni di utile.
Luxottica ha perso due amministratori delegati nel giro di quaranta giorni: prima Andrea Guerra, poi il suo sostituto Enrico Cavatorta, nell’ultimo decennio direttore finanziario del gruppo. Christian Martino sul Sole 24 Ore: «“Abbiamo fatto dieci anni con Andrea Guerra, adesso ne faremo altri dieci con la nuova governance”. Era lo scorso primo settembre quando il presidente e fondatore di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, osannava il nuovo corso del gruppo di Agordo sotto la gestione di Enrico Cavatorta. Dopo solo 42 giorni la nuova governance voluta da Del Vecchio, una sorta di triumvirato, non ha retto».
Ex ad del gruppo Indesit, Andrea Guerra è stato il manager cui Del Vecchio – dopo aver guidato la società dalla sua fondazione – aveva ceduto la direzione dell’azienda. Con una decisione quanto mai rara nel capitalismo familiare italiano: lasciare la guida a un dirigente esterno e tenere i figli lontani dai vertici aziendali [Luigi Pagni, Rep 14/10].
Cinquant’anni, romano, Guerra è il manager più pagato della storia di Piazza Affari. Dal divorzio con Luxottica ha totalizzato (calcolando le stock options esercitate negli ultimi due anni) 120 milioni di euro [Simone Filippetti, S24 14/10].
Ora, in quaranta giorni, Del Vecchio corre il pericolo di cancellare l’immagine di imprenditore di successo e di grande visione. A rovinarla, le ricostruzioni secondo cui la seconda moglie Nicoletta Zampillo avrebbe chiesto il 25% di Delfin, la holding che controlla Luxottica con il 61,38% e il cui capitale è diviso con i sei figli avuti da tre relazioni diverse. In azienda avrebbe sempre più peso un consulente del settore informatico che risponde al nome di Francesco Milleri e che sarebbe stato imposto dalla stessa Zampillo [Luigi Pagni, Rep 14/10].
Francesco Milleri, inizialmente arruolato come consulente con un contratto di oltre un milione di euro [Christian Martino, S24 14/10].
Ieri notte, alla fine di un board fiume, i consiglieri indipendenti l’hanno avuta vinta. Sarà Leonardo Del Vecchio, 79 anni, a cumulare tutte le deleghe in attesa della nuova governance, fino al prossimo cda del 29 ottobre. È un percorso più chiaro e condiviso imposto da consiglieri come Claudio Costamagna e Anna Puccio che hanno così rispedito al mittente la proposta fatta dallo stesso patron del gruppo che chiedeva una soluzione ponte dopo le dimissioni di Enrico Cavatorta dal ruolo di amministratore delegato. Ossia la nomina di Massimo Vian, già chief operating officer, a capo della divisione corporate e finanza [Daniela Polizzi, Cds 14/10].
Del Vecchio ha comunque voluto rassicurare gli investitori sul fatto che verrà mantenuta la separazione tra famiglia e azienda: ha precisato che l’ingresso in cda del figlio Leonardo Maria «non è mai stato preso in considerazione» e che il figlio Claudio «non sarà riconfermato alla scadenza naturale del mandato, per dare omogeneità e coerenza alle posizioni di tutti i membri della famiglia». Ma il mercato non si fida e vuole capire meglio le prossime mosse [Luigi Pagni, Rep 14/10].
Così un gruppo con oltre 50 anni di storia, nato dall’intuizione geniale del suo fondatore cresciuto al collegio dei Martinitt, oggi si trova imbrigliato in una dynasty familiare degna di un romanzo d’appendice. Ma tra i “lettori attenti”, ci sono molti concorrenti del settore (i rumors dicono francesi), pronti a dare l’ennesima zampata nel nostro Paese su un gruppo che, nonostante tutto, resta uno dei fiori all’occhiello del Made in Italy di successo [Christian Martino, S24 14/10].
«Le persone da noi ci restano fino alla pensione» era solito dire Leonardo Del Vecchio a inizio anni ’90, quando guardandosi attorno si vedeva circondato dai compagni di sempre. Oggi, dopo le vicende dell’ultimo mese e due ceo usciti dal gruppo, quella realtà sembra molto lontana. Accanto, però, almeno nel cda, gli resta Luigi Francavilla. Lo stesso che nel 1968 ingaggiò come capo officina, quando nella fabbrica di Agordo, fondata nel 1961, lavoravano una decina di persone. Da allora Del Vecchio, classe 1935, e la sua creatura ne hanno fatta di strada, fino a diventare il primo player mondiale nel settore dell’occhialeria [Monica D’Ascenzo, S24 14/10].
L’infanzia di Del Vecchio al collegio dei Martinitt è ormai entrata nella storia, così come il suo apprendistato professionale. Per tre anni ha fatto il garzone di otto incisori alla Johnson e non lo chiamavano nemmeno per nome, era solo “fioeu”, "ragazzo" in milanese. Di giorno lavorava e di sera frequentava la scuola di Brera. Da lì diventò capo terzista fuori Milano e qualche anno dopo andò ad Agordo dove la comunità montana aveva offerto terreno alle fabbriche che avessero deciso di installarvisi [Monica D’Ascenzo, S24 14/10].
A ventisei anni iniziò così l’avventura di Luxottica, dapprima come terzista e poi come produttore di occhiali finiti. «Ci siamo presentati al Mido con sette-otto modelli di metallo arraffazzonati su a mano in venti giorni e là è partita la vera Luxottica» racconta lo stesso Del Vecchio. Era il 1971 [Monica D’Ascenzo, S24 14/10].
Il patron di Luxottica guida poi il gruppo attraverso una crescita, prima in Italia e poi all’estero. Gli anni ’80 sono quelli dell’internazionalizzazione cominciando dall’acquisizione di Avant Garde Optic a New York, oltre 6.500 km da Agordo. A fine anni ottanta inizia anche la collaborazione con il mondo della moda: prima licenza acquisita dal gruppo fu quella di Giorgio Armani, ancora nel portafoglio dei marchi prodotti da Luxottica oggi [Monica D’Ascenzo, S24 14/10].
L’espansione internazionale porta il gruppo alla quotazione a Wall Street nel 1990. Cinque anni dopo l’acquisizione di Lenscrafters, la più grande catena Nordamericana. Lo stesso anno in Italia rileva Persol e nel 1999 compra da Baush&Lomb il marchio icona degli occhiali da sole, Ray Ban. Solo nel 2000 il titolo debutta a Piazza Affari e l’anno successivo Luxottica torna a fare acquisti in Usa conquistando la catena Sunglass Hut, mentre nel 2003 è la volta dell’Australia con l’acquisizione di Opsm Group. Nel 2004 nasce il sodalizio con Andrea Guerra, che ha continuato la strategia di espansione, sia in Asia sia negli States arrivando a guidare un gruppo da oltre 70mila dipendenti in 130 Paesi al mondo [Monica D’Ascenzo, S24 14/10].
La vita personale di Leonardo Del Vecchio, però, è sempre stata legata a doppio filo alla storia di Luxottica a cominciare dagli esordi. La fabbrichetta a inizi anni ’60, infatti, lo vede lavorare fianco a fianco alla moglie Luciana Nervo, da cui ha tre figli: Claudio, Marisa e Paola. Dei tre solo Claudio siede oggi nel board del gruppo, ma è destinato ad uscirne al prossimo rinnovo. Poi era arrivata la seconda e attuale moglie di Del Vecchio (da cui ha divorziato e che poi ha risposato nel 2010), Nicoletta Zampillo, al centro in questi giorni del riassetto della holding Delfin [Monica D’Ascenzo, S24 14/10].
Anche la terza compagna è legata alla realtà Luxottica: Sabina Grossi, madre di Luca e Clemente, era responsabile investor relation del gruppo e poi è stata membro del cda durante la sua relazione con Del Vecchio [Monica D’Ascenzo, S24 14/10].
La conoscenza tra Leonardo Del Vecchio e Nicoletta Zampillo risale a molti anni addietro. Il padre di lei è stato uno dei primi, se non il primo rappresentante di occhiali Luxottica per Milano e la Lombardia. Nicoletta era l’ultima di tre figlie e deve aver conosciuto Del Vecchio quando veniva a Milano a trovare il padre. Ma non è stato un colpo di fulmine. Nicoletta ha infatti sposato in prime nozze Paolo Basilico, enfant prodige della finanza milanese, prima in Mediobanca e alla filiale italiana della Giubergia Warburg e poi fondatore dei primi hedge fund in salsa italiana, sotto il marchio Kairos. Da questa unione è nato un figlio, Rocco, che in queste ore alcune voci accreditano per un ingresso nel cda di Luxottica. Voci in libertà visto che Del Vecchio ha già dichiarato pubblicamente più volte che non vuole figli in azienda [Giovanni Pons, Rep 14/10].
Con i sei figli avuti da tre relazioni diverse la questione della successione diventa complessa e Del Vecchio, ormai assurto alle cronache per aver creato una multinazionale partendo da una bottega, pensa a come sistemare il tutto. Divide esattamente per sei le azioni della Delfin, 16,38% per ciascun figlio, chiude un contenzioso da 300 milioni con il Fisco, e con l’azienda affidata alle mani sapienti di Guerra decide di marcare ancor più il suo distacco e trasferisce la residenza a Montecarlo dove si trova ormeggiato anche il suo mega yacht. Ma evidentemente da ex martinitt che si è fatto veramente da solo, Del Vecchio non è uomo che riesce a godersi gli agi della ricchezza e del consumismo senza qualche rimorso [Giovanni Pons, Rep 14/10].
Il riavvicinamento con la Zampillo, donna che non demorde mai, e il richiamo dell’azienda fondata oltre 50 anni prima, fanno il resto. Ma risposandosi Del Vecchio ha messo a repentaglio la suddivisione in parti uguali effettuata anni prima: alla moglie spetta infatti la cosiddetta legittima. Le avances di Matteo Renzi a Guerra costituiscono il pertugio in cui la Zampillo si infila per indurre il marito a riprendere in mano le redini del gruppo. Ma il rischio di una rapida deriva da azienda di standing internazionale a tipica azienda famigliare italiana è già visibile [Giovanni Pons, Rep 14/10].
Se non si dovesse trovare la quadra e il giusto equilibrio tra la moglie Nicoletta Zampillo e la numerosa prole, l’alternativa, secondo alcune fonti, potrebbe essere perfino quella di guardare altrove. Magari a quelle alleanze che possono proiettare sempre più Luxottica all’estero, che vadano a ridimensionare il controllo finora detenuto dalla famiglia e riescano a contribuire a un miglioramento della governance che, dopo l’uscita di Andrea Guerra, appare oggi assai debole [Marigia Mangano, S24 14/10].
Certo, si può obiettare che Del Vecchio attraverso la sua Delfin controlla oltre il 60% di Luxottica ed ha quindi ampi spazi di manovra in una società che ha fondato e di cui detiene ancora la maggioranza assoluta. E si può ricordare, come oggi fanno molti, che in questi anni il patron - affiancato comunque da Guerra - ha dato grandi soddisfazioni agli azionisti: in cinque anni il titolo ha più che raddoppiato il suo valore, anche tenendo conto del tonfo del 9,2% di ieri. Ma resta il fatto che separare proprietà e gestione in azienda non è un lusso né un capriccio, ma una sana pratica di mercato [Francesco Manacorda, Sta 14/10].
Con il crollo borsistico di Luxottica, azienda considerata finora come un gioiello industriale, finanziario e soprattutto di governance, il mercato ha dato ieri un forte avvertimento non solo a Leonardo Del Vecchio, ma a tutte le famiglie che sono a capo di imprese quotate: a Piazza Affari come a Wall Street, la fiducia non è mai scontata e soprattutto non si misura soltanto dai ricavi. Nei prossimi giorni vedremo se la famiglia Del Vecchio farà tesoro di quanto accaduto. Altrimenti c’è solo il delisting (uscita dalla Borsa) o la cessione [Alessandro Plateroti, S24 14/10].