13 ottobre 2014
Asem, il 2014 è l’anno della svolta per lo shopping cinese in Europa. Gli investimenti della Bank of China superano i 7 miliardi solo in Italia. Dopo la Merkel e Putin, Li Keqiang incontrerà Renzi
«Sono lieto di visitare un Paese bello come l’Italia e di partecipare, in questa stagione autunnale, al decimo vertice Asem. Spero che la visita possa contribuire ad ampliare e ad approfondire una fattiva cooperazione in vari campi tra Cina e Italia e ad aprire un nuovo capitolo nell’amicizia e nella collaborazione tra i nostri due Paesi» (Li Keqiang) [S24].
Il vertice Asem — Asia-Europe Meeting — del 16 e 17 ottobre non sarà poco importante: ci saranno Vladimir Putin, il premier cinese Li Keqiang e quello giapponese Shinzo Abe, un rosario di leader asiatici ed europei [Taino, Cds].
Questi summit sono occasioni di contatti bilaterali ancora più che momenti di discussione collettiva. Ma se dagli incontri l’Italia — ospite in quanto presidente di turno della Ue — riuscisse a creare un clima positivo e a fare emergere, per dire, qualche novità nel rapporto con Mosca, il decimo Asem potrebbe considerarsi un successo. Per ora, il dato di fatto è che il mondo euro-asiatico ruota attorno al pivot Cina e i Paesi della Ue lo approcciano separatamente [Taino, Cds].
Nel 1996, quando si tenne la prima riunione a Bangkok, al summit Asem parteciparono 25 Paesi. A Milano, decimo vertice, saranno cinquanta [Taino, Cds].
Nel febbraio del 2010, un negoziato senza precedenti iniziò ai bordi della piscina dell’hotel Four Seasons di Pechino. È lì che l’allora leader della China Investment Corporation (Cic) Lou Jiwei, oggi ministro delle Finanze, aveva dato appuntamento a una delegazione italiana di alto profilo. A guidarla era l’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Quando gli ospiti venuti da Roma arrivarono, Lou uscì dall’acqua e iniziò a discutere. Quel giorno si parlò dell’ipotesi dell’ingresso di Cic con una piccola quota in Cassa depositi e prestiti. Non se ne fece nulla, ma i rapporti fra diplomazia e affari sull’asse Roma-Pechino non fecero che iniziare. Da allora il dialogo fra autorità economiche italiane e la controparte di Pechino non si è mai interrotto [Fubini, S24].
«Fin dai tempi antichi Cina e Italia hanno rappresentato l’eccellenza delle civiltà orientali e occidentali. Situate alle due estremità della famosa Via della seta, abbiamo costruito un legame di reciproco rispetto e ammirazione. Siamo amici con la stessa visione e una lunga storia di amicizia e di impegno che dura da generazioni. Con il tempo la nostra tradizionale amicizia è ulteriormente cresciuta creando un albero rigoglioso» (Li Keqiang) [S24].
Se, esaminati i flussi dall’Italia verso la Cina, facciamo il percorso inverso non possiamo che constatare come il 2014 si stia rivelando l’anno della grande svolta. Fino al 2013 i flussi di capitali cinesi verso l’Italia erano tutto sommato marginali e invece in pochi mesi abbiamo assistito a una decisa accelerazione [Di Vico, Cds].
Questa settimana, quando il premier Li Keqiang arriva in visita da Matteo Renzi, segnerà forse il punto più alto raggiunto finora in questa stagione di convergenze italocinesi. L’ultimo investimento di una società a controllo pubblico di Pechino in Italia potrebbe riguardare Saipem, la società di infrastrutture dell’esplorazione petrolifera che Eni ha messo in vendita. L’interesse da parte asiatica è già stato segnalato attraverso qualche banca d’investimento, anche se non è detto che trovi risposta. Nel frattempo si è allungata la lista degli investimenti cinesi in società italiane a controllo pubblico, specie se legate alla fornitura di energia [Fubini, A&F].
I cinesi sono al terzo posto tra i cittadini extra-Ue regolarmente soggiornanti in Italia: su circa 3,9 milioni censiti dall’Istat al 1° gennaio scorso, 321mila (quasi uno su dieci) sono cinesi (li precedono solo marocchini e albanesi). (…) Il tasso di occupazione si avvicina al 70%, parecchi punti oltre la media degli stranieri (57%) e degli italiani (42%). [Cadeo, S24].
Il Governatore della People’s bank of China Zhou Xiaochuan durante gli incontri che ha avuto nel mese di giugno prima con il premier Matteo Renzi, poi con il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan, ha ammesso l’interesse della Cina per i mercati europei e per quello italiano in particolare. (…)Detto fatto. Gli investimenti in aziende quotate sul mercato italiano sarebbero superiori a 7 miliardi di euro e una cifra non quantificata (ma anche maggiore) sarebbe stata investita in titoli governativi italiani, Tutto ciò a dispetto della crisi del debito sovrano che continua a impazzare e a turbare i sonni del Vecchio Continente [Fatiguso, S24].
Continua Fubini: «C’è l’ingresso di State Grid Corporation of China in Cdp Reti, che controlla le infrastrutture di Terna e Snam; l’ingresso di Shanghai Electric in Ansaldo Energia; l’interesse cinese per Ansaldo Breda (treni) e Ansaldo Sts (sistemi di trasporto); la presenza del capitale di Pechino in uno dei fondi F2i della Cassa depositi, non lo stesso ma contiguo o quello che controlla la società di rete della banda larga Metroweb oggi al centro di grandi manovre con Telecom Italia. Quest’ultima è una posizione di importanza strategica che può tornare utile appena gli enti locali saranno costretti a mettere sul mercato quote delle migliori società partecipate. Sono troppi indizi per non fare una prova. L’Italia sarà sì guardata con sospetto dagli investitori occidentali, ma ha qualcosa che piace ai cinesi: le tecnologie dell’energia e delle telecomunicazioni, la possibilità di entrare nella rete delle municipalizzate, l’accesso alle interconnessioni europee» [Fubini, A&F].
Di fatto, l’intensificazione dei rapporti economici tra i due Paesi ha prodotto una serie di investimenti sia diretti sia di portafogli. Un esempio? Al solo gruppo Cassa Depositi e Prestiti si possono condurre alcuni investimenti sia diretti sia di portafogli da due miliardi e mezzo di euro [Fatiguso, S24].
L’operazione più rimarchevole è sicuramente l’acquisizione della veneta Acc Compressor da parte del Wanbao Group di Guangzhou ma proprio pochi giorni fa è stata la volta dell’olio con il passaggio della lucchese Salov (che vanta i marchi Berio e Sagra) nel portafoglio del Bright Food. Basta elencare tutte queste novità per avere immediatamente l’impressione che sia scattata da qualche mese a questa parte una fase ancora inedita dei rapporti Cina-Italia, Pechino sembra per certi versi credere nel nostro Paese più di quanto lo facciamo noi [Di Vico, cds]
La Cina è il membro più corteggiato del club perciò c’è chi ha preferito incontrare Li Keqiang prima dell’ Asem. Il premier cinese ha infatti appena concluso una visita in Germania, tappa iniziale del suo viaggio europeo. Ha incontrato Angela Merkel e una serie di ministri del governo tedesco dopo essere stato accolto con gli onori militari. Le due delegazioni hanno firmato contratti per più di due miliardi di euro — soprattutto nell’alta tecnologia — e Li ha poi tenuto un incontro ad Amburgo con 500 donne e uomini d’affari. Ieri, è partito per Mosca, dove nei prossimi giorni incontrerà tra l’altro il premier Dimitri Medvedev, il presidente Putin e firmerà un’altra cinquantina di contratti con società russe — energia, finanza, alta velocità ferroviaria — e discuterà del rapporto sempre più stretto — al livello migliore da decenni, dicono i cinesi — tra Pechino e Mosca. [Taino, Cds].
Putin per parte sua, ha firmato la scorsa primavera con il presidente cinese Xi Jinping un accordo energetico da 400 miliardi di dollari destinato a cambiare non solo la relazione tra Pechino e Mosca ma anche la politica di export energetico russa [Taino, Cds].
Tra gli assenti all’Asem Narendra Modi, il primo ministro indiano figlio di un povero venditore di tè, a cui la vita di club faccia orrore. Taino: «Peccato: sarebbe stata l’occasione per un incontro bilaterale tra lui e Matteo Renzi: fare il punto, a quattr’occhi, sul caso dei due marò, che tiene in tensione le relazioni tra Delhi e Roma da quasi tre anni, sarebbe stato un passo importante. Almeno per segnalare una volontà comune di soluzione rapida».