Affari&Finanza, 13 ottobre 2014
Nicandro Durante, il molisano che parla solo inglese e far affari con il tabacco
Londra «B uongiorno. Ma il mio italiano finisce qui». Non è vero, però come tutti gli italiani che hanno fatto strada all’estero, preferisce rifugiarsi subito nell’inglese. «Ogni volta che vado a casa, a Venafro (provincia di Isernia, ndr), sono così sommerso di affetto e di attenzione che passo tutto il tempo a tavola con i parenti e non ho mai il tempo di fare un giro per quei meravigliosi posti. Vado da un mio zio carissimo a Bari ed è la stessa scena », racconta (in inglese) Nicandro Durante, Ceo del gruppo Bat (British American Tobacco), una multinazionale da 15 miliardi e mezzo di sterline di fatturato e 5,5 miliardi di profitti, attiva su 200 mercati, 60mila dipendenti, stabilimenti produttivi in 53 Paesi. Durante è il primo non britannico ad accedere alla poltrona di numero uno del megagruppo che si batte con la Philip Morris per la leadership nel settore del tabacco. «Io per la verità sono nato in Brasile, dove i miei genitori si erano appena trasferiti 58 anni fa», racconta Nicandro, come lo chiamano tutti in azienda e come si chiama il santo patrono di Venafro. «Fui registrato al consolato italiano e il mio primo passaporto è stato quello italiano, che ho tuttora, e in casa sempre italiano si parla, ancora adesso quando vado a trovare mia mamma che vive a Rio». Non è stato però solo per il richiamo delle origini che Durante ha lanciato la settimana scorsa un maxi-piano da più di un miliardo di euro di investimenti nel nostro
Paese. «La maggior parte di questi stanziamenti, 650 milioni in cinque anni, saranno destinati all’industria meccanica», spiega pacatamente il Ceo nel suo luminosissimo ufficio al settimo piano del quartier generale della Bat a Victoria Embankment nel cuore della City. «Lavoriamo da tempo con le aziende italiane che producono macchine per la produzione di sigarette, un settore della meccanica in cui l’Italia gode di una meritata fama globale. Molte nostre fabbriche in tutto il mondo, dalla Malesia al Brasile, sono equipaggiate con macchine di precisione costruite in Italia, per lo più nella zona del nordest che va dall’Emilia al Triveneto. E’ un’eccellenza che ha fatto dell’Italia il primo fornitore di macchinari per il nostro gruppo, con ordinativi doppi rispetto a quelli della Germania. Ora rendiamo strutturale quest’impegno». Il piano prevede poi cento milioni per la filiera agricola: «L’Italia - spiega Durante - è il primo produttore di tabacco d’Europa. Noi lo acquistiamo e lo utilizziamo in tutte le nostre fabbriche nelle più diverse miscele». I coltivatori italiani vivono però un momento di sconforto. Dopo l’esclusione del loro settore dai contributi comunitari, la competitività è diminuita, né è facile riconvertirsi: un ettaro coltivato a tabacco rende 80mila euro l’anno, coltivato a mais non più di 1.200. «E’ un peccato - dice Durante - perché il tabacco è di ottima qualità. Così abbiamo firmato con il ministero dell’Agricoltura a Roma un accordo programmatico per l’acquisto di 4,5 milioni di chili di tabacco l’anno. In questo caso l’accordo è triennale rinnovabile per un altro triennio». Nel progetto rientrano anche 300 milioni di euro da destinare a iniziative di marketing e sviluppo: «Abbiamo avviato partnership con le migliori agenzie creative di Roma e Milano, oltre che con importanti realtà tecnico-artigianali a Firenze e Napoli, per lo studio e lo sviluppo di tecnologie innovative per il confezionamento, il lancio e la valorizzazione dei prodotti. L’Italia ha creato il brandFerrari, dovrebbe essere un gioco fare lo stesso con i nostri marchi». La Bat spende, spiega il chief executive, 200 milioni l’anno in ricerca e sviluppo e ha un grosso centro con mille dipendenti qui a Londra oltre a un altro in Brasile, «non solo per migliorare il packaging, ovviamente, ma soprattutto per ridurre la dannosità delle sigarette con tecnologie di produzione innovative, e anche per realizzare prodotti quali la sigaretta elettronica ». L’ultima parte del progetto di Bat prevede l’assegnazione di ordini ad aziende di Milano, Roma e Bari specializzate nelle indagini di mercato, per conoscere gusti e nuove esigenze dei consumatori. Anche questa è un’attività che bisogna saper fare, proprio per il particolare business di cui stiamo parlando. Con discrezione i rilevatori, una volta accertato che il cliente è maggiorenne, avvicineranno l’acquirente in tabaccheria per sottoporgli un questionario. L’intero progetto dovrebbe portare alla creazione di oltre 300 posti di lavoro. Meccanica, agricoltura, design, marketing: tutte eccellenze italiane che la Bat vuole valorizzare. «E’ un accordo di reciproca utilità», dice Durante. Stavolta Venafro non c’entra. «L’Italia è per noi un grosso mercato, fra i primi 15 del mondo, ed è depositario di una serie di eccellenze che possono diventare asset preziosi per noi. E poi ha un leader giovane e grintoso». Renzi? «L’ho incontrato a Palazzo Chigi quest’estate per presentargli il nostro progetto. L’ho trovato dinamico, volitivo, pronto a parlare il linguaggio del business, dopo cinque minuti aveva capito il nostro spirito e ha cominciato a fare domande appropriate sugli investimenti, la collocazione, l’utilità. Io ne incontro tanti di leader politici e tutto questo non accade immediatamente molto spesso. Né è usuale per noi fare progetti a così lunga scadenza». Su questo viene spontaneo chiedersi, visto che il piano è quinquennale, se il governo durerà cinque anni. Qui emerge la scorza del capitano d’industria: «Noi siamo abituati a dialogare con qualsiasi leader di qualsiasi schieramento. Non ci preoccupa nulla, sempre che permangano una regolamentazione e una tassazione bilanciate». Prima di cingere la corona della Bat, Durante ha peregrinato a lungo per il mondo. Nato nel ’56 a San Paolo, dove il padre, ingegnere, si era trasferito dall’Italia per lavorare in un’azienda di pneumatici, ha studiato economia e management alla Pontifícia Universidade Católica de São Paulo. All’inizio degli anni ’80 entrò alla Souza Cruz, la filiazione brasiliana della Bat, e cominciò una rapida carriera che l’ha portato una prima volta nel 1995 a Londra come responsabile del controllo di gestione, quindi a Hong Kong dal 1997 per promuovere le iniziative in Cina, Taiwan e Macao (mercati cruciali per i produttori di sigarette), poi dal 2000 di nuovo in Brasile come Ceo della branch locale, dopodiché ancora a Londra come direttore generale e infine dal marzo 2011 amministratore delegato. «Lavoro in Bat da 32 anni, anni difficilissimi per il nostro business, in cui il rapporto con i media è diventato molto più complesso. Come le dicevo, noi cerchiamo di affrontare con realismo e responsabilità gli attacchi. Il fattore demografico, con l’esplosione della popolazione mondiale, non le sembri cinico, garantisce comunque un certo numero di fumatori. Ma soprattutto stiamo facendo un grosso sforzo, innanzitutto per rendere meno dannose le sigarette e, parlando come azienda, per rendere più efficace il nostro business. Prova ne sia che in questi anni difficili, non solo per le campagne salutiste ma anche per la crisi economica che ha ridotto i consumi di qualsiasi bene e ovviamente anche delle sigarette, siamo riusciti ad aumentare costantemente la nostra redditività. Nel 2013 per esempio il nostro earning per share è aumentato del 10 per cento. Il fatturato è aumentato a valori costanti del 4% e anche considerando che è stato un anno di forti svalutazioni per la sterlina a cambi correnti è rimasto stabile». Nella lunga conversazione con Durante torna ciclicamente l’Italia ma anche il tema cruciale della pericolosità del fumo, e spesso i due discorsi si incrociano. «Noi non siamo contrari ai divieti di fumare in luoghi pubblici. Quando sono venuto a Roma a incontrare Renzi sono andato a pranzo al Bolognese a piazza del Popolo. I camerieri erano gentili e volevano permettermi di fumare nel locale, io però ho detto: per carità, vado nella saletta riservata. Mi sembra giusto e corretto».