La Stampa, 13 ottobre 2014
Tags : TFR (Trattamento di fine rapporto) • La Furlan e la questione del Tfr (2014))
Parla Annamaria Furlan, nuovo segretario della Cisl. Il Tfr in busta paga va bene, ma solo se sarà esente da tasse
Il Tfr in busta paga? Se davvero vogliamo sostenere le famiglie e aiutare i consumi deve essere a tasse zero. Oppure allarghiamo un poco il ventaglio di possibilità di consentono al lavoratore di chiedere gli anticipi, molto più semplice». Il nuovo segretario della Cisl Annamaria Furlan è molto pragmatica, su questo come su altri progetti del governo. «Sul Tfr voglio vederci chiaro, perché si rischia creare grosse difficoltà alle piccole imprese e può produrre effettivi negativi sulle pensioni integrative future».
La «nuova Cisl» in versione-Furlan, che sabato prossimo sarà in tutte le piazze d’Italia più per «ascoltare» il Paese che per protestare contro il governo, riparte dai territori («perché è lì che negli ultimi anni le tasse sono esplose, anche con aumenti del 200%»), dalle fabbriche e dalla contrattazione aziendale, uno dei cavalli di battagli storici del sindacato di via Po. Vuole essere più inclusiva e aprirsi di più ai giovani, ai precari ed ai disoccupati, e mentre prepara il varo della nuova segreteria smentendo il toto nomine che nel frattempo è già partito, rilancia l’idea di un «grande patto sociale» per far uscire il Paese dalla crisi. «Per cambiare radicalmente l’Italia – spiega - nessuno può immaginare di fare da solo. Ci vuole un governo che governi, che abbia il consenso necessario per portare avanti gli atti riformatori, ma ci vuole anche un governo che abbia un fortissimo dialogo con le parti sociali. Le riforme istituzionali, la nuova legge elettorale, lo stesso Jobs act, sono tutte riforme importantissime, ma se non riparte la nostra capacità industriale e non ripartono i consumi delle famiglie il Paese non ce la fa».
A giorni arriva la nuova Legge di stabilità, lei cosa ci vorrebbe trovare?
«Una spending review molto seria per destinare risorse al lavoro, allo sviluppo e al taglio delle tasse».
La conferma del bonus da 80 euro non basta?
«Dovrebbe almeno essere esteso a incapienti e pensionati. Non dico a tutti i pensionati, ma in un Paese dove il grosso degli assegni non supera i 700-800 euro ce ne sarebbe davvero bisogno».
Però ci sarà un nuovo taglio all’Irap?
«Bene: tutto quello che agevola le imprese agevola anche il lavoro. Però gli incentivi dovrebbero servire a premiare chi assume e chi investe in ricerca e sviluppo».
Cosa ne pensa della delega lavoro?
«Il Jobs act contiene importanti opportunità, come la possibilità di rivedere le politiche attive del lavoro e l’allargamento delle tutele a lavoratori precari. Anche il nuovo contratto a tutele crescenti è un’altra occasione che non va assolutamente persa. A patto però che vengano eliminate le tantissime forme di lavoro precario e di falso lavoro autonomo: ma non solo i cocopro, anche tante false partite Iva e i tanti falsi contratti di associazione».
A proposito di contratti, Ricolfi su la Stampa nei giorni scorsi ha lanciato la proposta di un Job-Italia. Un contratto per i neoassunti che riduce fortemente le tasse nei primi 4 anni.
«Se il modello è quello dei minijob, che in Germania ha prodotto 7 milioni di contratti a tempo pieno a 400 euro al mese, a noi non serve. Se invece il tema è quello di favorire l’assunzione di giovani basta ridurre la pressione fiscale per i contratti già in essere».
Per fare tutte queste cose servono sempre tanti soldi. Dove si prendono?
«I soldi si prendono dove ci sono e dove vengono sprecati: ci sono 150 miliardi di evasione fiscale, 50 miliardi di evasione contributiva e altrettanti di Iva e 7 miliardi di costi legati alla corruzione. In più servirebbe molta più attenzione alla spending review: il commissario Cottarelli aveva fatto un grande lavoro, bisogna riprenderlo a cominciare dal piano che puntava a ridurre da 10 a 2mila le società pubbliche. C’è tanto da fare, per questo dico che serve un nuovo grande patto sociale».