10 ottobre 2014
Tags : Il caso di Vincenzo, quattordicenne seviziato perché grasso (7/10/2014)
Napoli, il quattordicenne seviziato da tre maggiorenni perchè obeso. E i parenti degli aggressori li difendono: «Era solo un gioco, non li arrestate»
Dagli articoli dei giornali di oggi sul caso del ragazzino insultato e seviziato da tre ventenni in un autolavaggio a Napoli perché sovrappeso. Le condizioni del quattordicenne e le incredibili reazioni dei parenti degli aggressori.
«Sei grasso. Ora ti gonfiamo come una palla». In tre bloccano Vincenzo, un ragazzino di 14 anni, e lo seviziano con un compressore, perché è sovrappeso. Violenza come divertimento. Violenza come mezzo di punizione ed esclusione. Siamo a Pianura, periferia di Napoli. Siamo in un autolavaggio che si apre tra i palazzoni popolari [Cristiana Zagaria, Rep 10/10].
Il ragazzo era lì per far lavare il suo scooter. Fino a poco prima con lui c’era anche il padre, che però poi si era allontanato perché doveva tornare nella sua officina di carrozziere. È stato allora che quei tre – che non lavorano nell’autolavaggio Sprint ma vi si intrattengono spesso perché uno di loro è parente del titolare – hanno cominciato a prenderlo di mira. Fino a passare dallo sfottò a quel gesto odioso [Fulvio Bufi, Cds 10/10].
Vincenzo Iacolare, 24 anni, padre di un bimbo di due e disoccupato è stato fermato dai carabinieri per tentato omicidio. Due dipendenti dell’autolavaggio, che avrebbero partecipato agli insulti, ma non alla violenza, sono stati denunciati. Oggi l’udienza di convalida. I carabinieri hanno acquisito anche i telefonini dei tre indagati, perché uno avrebbe ripreso almeno la scena iniziale con lo smartphone [Cristiana Zagaria, Rep 10/10].
Secondo la ricostruzione degli inquirenti tre ragazzi che si trovavano lì hanno iniziato a prenderlo in giro: «Chiattone vie’ ca che te gunfiamme». Poi, uno di loro ha abbassato i pantaloni del ragazzo, infilandogli nell’ano un tubo ad aria compressa, che poi è stato azionato. Antonio è cosciente, ma non sa quanto sono gravi le sue condizioni [Silvia Truzzi, Fat 10/10].
«Sì, lo riconosco, è stato lui...». Poche parole, pronunciate dopo una notte trascorsa in ospedale, ricoverato nella sala di rianimazione del San Paolo. Le ha pronunciate un ragazzino di 14 anni, studente iscritto al primo anno di una scuola superiore di Pianura. Riuscendo a trovare forza e lucidità per riconoscere il proprio aggressore [Lorenzo Del Gaudio, Mes 10/10].
L’intervento è durato sette ore e concluso con l’asportazione del colon. Ieri i medici dell’ospedale San Paolo di Fuorigrotta hanno diffuso un primo bollettino: «I parametri vitali sono stabili ma il paziente rimane ancora in prognosi riservata» [Antonio E. Piedimonte, Sta 10/10].
La tua obesità è un’offesa personale, un oltraggio al mio sguardo. La mostruosa violenza esplosa in quell’autolavaggio napoletano è la manifestazione cutanea di un’allergia ben più profonda di cui è affetto l’intero corpo sociale, la lipofobia. Il grasso è nocivo se ingerito, è nocivo se incarnato nella persona che ci si siede accanto, è nocivo anche solo se visto passare. È nocivo e in fondo pericoloso perché costituisce una provocazione cocente alla mia regola di vita, il cui un unico precetto ordina: sii magro. Non: sii giusto. Non: sii buono. Non: sii capace. Non: sii saggio. Ma: sii magro [Mauro Covacich, Cds 10/10].
Non è stato un gesto di violenza cieca, uno sfogo inconsulto, ma un accanimento consapevole. Se infatti il bullismo è spesso autoreferenziale, se guarda più a chi lo fa che a chi lo subisce perché è una forma di narcisismo aggressivo, in questo caso no. Il povero ragazzino è stato seviziato non certo «per gioco», come sostiene sbraitando quella madre, ma perché è grasso. Obeso. Cioè sovrappeso. Questa sarebbe, si fa per dire, la motivazione della violenza, che è la forma estrema del dileggio. Del disprezzo. E se non di rado la frase «dobbiamo interrogarci tutti» ha un nauseante sapore di vacuo luogo comune, in questo caso vale per quello che è. Già, siamo diventati un mondo che ha reso la grassezza un’onta, un marchio di infamia che può persino diventare il pretesto di una violenza orrenda come quella che ha avuto luogo ieri a spese di un ragazzino di quattordici anni [Elena Loewenthal, Sta 10/10].
Grasso, anzi obeso: ora diranno della dittatura dell’estetica, la nostra weltanschauung capovolta dove l’immagine del mondo è diventata mondo dell’immagine. Nel Dizionario dei luoghi comuni Flaubert, sommamente incuriosito dalla stupidità umana, scrive che «Le persone grasse sono la disperazione dei carnefici perché presentano difficoltà d’esecuzione». Molto più della sociologia spiccia, per capire come è stato possibile, è utile osservare le reazioni che sono seguite a questa storia. I parenti del 24enne fermato si sono incazzati, a beneficio di telecamere, urlando (letteralmente) che si è trattato solo di uno «scherzo finito male» [Silvia Truzzi, Fat 10/10].
In ospedale ci sono tanti amici, molti dei quali giustificano gli aggressori: «Non si sono resi conto di quello che facevano ». C’è anche il titolare dell’autolavaggio (parente di uno dei tre ragazzi coinvolti) Salvatore Luongo. Alza le spalle: «Sono tutti bravi ragazzi». Un ritornello che rischia di diventare una verità. «Non c’è stata malizia nel suo gesto — dicono i parenti di Vincenzo Iacolare fuori dall’ospedale – Ha fatto solo una enorme stupidaggine. È giusto che tutti quelli che hanno preso parte paghino, ma che paghino il giusto. Non è un tentato omicidio né altro, sono tutti bravi ragazzi che si prendevano in giro tra loro. Non hanno capito che il compressore, con quella potenza, avrebbe fatto danni. Era un gioco» [Cristiana Zagaria, Rep 10/10].
«Non è stato un gioco. Non lo deve dire nessuno. Quel ragazzo ha tentato di ammazzare mio figlio e chi era con lui è un vigliacco, perché non è intervenuto per aiutarlo. Anche un cane si soccorre, loro invece non lo hanno fatto. Sono senza cuore. Vincenzo è solo un bambino». È preoccupata Stefania. È arrabbiata. È la mamma di Vincenzo. E la sua voce sembra essere sola, in una storia di violenza (i carabinieri hanno configurato il reato di tentato omicidio), che in troppi vogliono far passere come «una bravata senza malizia» in un quartiere, come quello di Pianura e in una città, come Napoli, che sembrano assuefatti alla aggressività e alla sofferenza [Cristiana Zagaria, Rep 10/10].
Ancora la mamma di Vincenzo a Cristiana Zagaria di Rep: Le ha raccontato degli insulti perché è sovrappeso? «Vincenzo è un bambino come tanti. No, non mi ha detto niente. Forse non lo ha neanche sentito. Ha 14 anni, ma è ingenuo e timido. Forse lo hanno aggredito con tanta violenza proprio perché sapevano che non avverrebbe reagito». Qualcuno dice che Vincenzo lavorava al nero nell’autofficina. È vero? «Assolutamente no. Va a scuola. Gioca a calcio. È un ragazzino normale, anche se ora la sua vita non sarà più la stessa. Lo hanno fatto diventare grande con la violenza».
È impossibile dimenticare Salvatore – morto lo scorso luglio a 14 anni mentre passeggiava sotto la Galleria Umberto I, colpito da un cornicione – e Davide, 17 anni, ucciso un mese fa da un proiettile dei Carabinieri mentre era in motorino con un amico latitante. E ora Antonio, anche lui 14 anni, poco più che un bambino, la tuta del Napoli addosso. Napoli bella, povera e maledetta è un tranello troppo facile, in cui non si deve cadere: per provare a capire serve più il rispetto delle banalità viste e riviste nei servizi televisivi che raccontano una città abbandonata, orfana di governo da molto prima che il sindaco fosse sospeso [Silvia Truzzi, Fat 10/10].