Corriere della Sera, 9 ottobre 2014
Kevin Costner dice che l’America è razzista
«Il razzismo? In America è ancora un tabù». Non ha dubbi Kevin Costner, protagonista (e produttore) di Black and White , il film di Mark Binder presentato con successo in prima mondiale al Festival di Toronto, venduto in moltissimi Paesi, Italia compresa, atteso al Festival di Roma (dal 16 al 25 ottobre). «Il titolo — prosegue il divo 59enne — parla di bianco e nero, ma a me interessava esplorare le zone d’ombra nei rapporti umani. Volevo interpretare un film con un cuore, che non solo squadernasse il tema delle tensioni tra due comunità, ma anche e soprattutto ciò che si possono dare esseri umani di culture e classi sociali diverse quando imparano a conoscersi».
C ostner considera questa fase della sua vita di attore e di produttore una sorta di rinascita. «Ho raggiunto il punto più alto della mia carriera con i due Oscar e i tre Golden Globe vinti con Balla coi lupi (1990). Mi ha anche dato grande soddisfazione ricevere l’Emmy per la mia interpretazione nella miniserie tv “Hatfields & McCoys” (2012). Certo, ho conosciuto anche periodi di oblio. Una carriera sulle montagne russe. Ma sono ancora qua».
Costner spiega come si è comportato di fronte a possibili rimpianti o per i compromessi che un attore a volte deve accettare. «Ho sempre e solo cercato di fare il mio lavoro — spiega con un sorriso —, sacrificando le mie ambizioni da regista e dedicandomi al mestiere d’attore e a quella che considero la mia seconda carriera: il musicista».
Barba e capelli sono imbiancati, ma lo sguardo limpido e diretto è lo stesso di quando il giovane Kevin con una manciata di film divenne una star e poi un coraggioso produttore, capace di imporre storie mai banali. «Anche nella vita privata oggi sono sereno — dice con un sorriso —. Il matrimonio con Christine (Baumgartner, la sua seconda moglie) e la nascita di nostro figlio Cayden mi hanno rigenerato: la vita è fatta di molte fasi e passaggi, ma lo scopri solo vivendoli. Prima pensi che tutto sia “per sempre”, nel successo del lavoro e nei sentimenti. Ho impiegato anni a imparare ad ascoltare il mio cuore e a mettere da parte tante ambizioni che la continua competizione di Hollywood impone».
Una carriera, quella di Costner, che può vantare film che hanno lasciato il segno. Anche nel suo cuore. «Sono tanti i film a cui sono legato — confessa l’attore —, da Silverado a Bull Durham, daGli intoccabili a L’uomo dei sogni. Sono sem pre stato interessato a una cosa: raccontare l’America, il mio Paese». Giusto, l’America, le sue origini. Ma l’essere un divo di Hollywood comporta anche degli oneri, bisogna fare i conti con una popolarità che alla lunga può risultare soffocante. «Quando hai molto successo — spiega Costner — all’inizio della carriera corri il rischio di dimenticare quanto sia bello fare cinema o tv di qualità, con contenuti forti. Col tempo ho imparato a recuperare i mieiinteressi, ad approfondirli, a scegliere impegni nei quali credo». Così si arriva a Black and White. «Il film tratta il tema del razzismo strisciante, costruito su mille pregiudizi, ancora tabù in America. E poi quello per la lotta all’adozione. La bimba che il mio personaggio e sua moglie hanno in custodia a un certo viene “rivendicata” dalla nonna di colore, Octavia Spencer, che ne chiede la tutela». Ma la questione principale resta quella del razzismo. «La cosa della quale sono più orgoglioso — conclude l’attore — è che la giovane protagonista, Jillian Estell, mi ha detto, ringraziandoci: “Questo film è stato come uno specchio per me, figlia di una coppia mista. Io ho vissuto sulla mia pelle i contrasti, le rivalse e, a volte, anche la rabbia repressa tra le due famiglie”».