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 2014  ottobre 08 Mercoledì calendario

Investire nello spazio conviene. Su pianeti e asteroidi ci sono un mucchio di metalli preziosi

La corsa allo spazio è ricominciata ormai da un paio di anni almeno e ora si vedono i primi macroscopici effetti. Nuovi attori in scena, oltre ai consueti Usa e Russia che in quella corsa, allora si diceva "conquista" con un vocabolo molto yankee, iniziarono a rincorrersi uno con l’altro e a tentare il tutto per tutto per superarsi, cosa che riuscì alla fin fine negli anni ’70 agli americani con la conquista della Luna.
Nuove potenze industriali, ma anche demografiche e culturali, come Cina e India sono parte del gioco e stanno superando una Russia sempre più in crisi, che sbaglia una missione spaziale dopo l’altra. Le regole del gioco le sta cambiando soprattutto la rivoluzione copernicana, è il caso di usare questo vocabolo importante, voluta dal presidente Obama in America con l’entrata in campo dei cosiddetti "privati" che ricevono da Nasa know how e contratti miliardari di servizio verso la Stazione spaziale internazionale. In tutto questo l’Europa, che per il momento ha una buona attività spaziale, rischia di continuare a usare ancora modelli di decisione e realizzazione troppo burocratici e lenti che potrebbero mettere alle corde le capacità notevoli dell’industria aereospaziale del nostro continente. L’Europa spaziale infatti sembra lenta in una situazione che diventa ogni giorno più veloce.
Per rendersi conto di cosa stia succedendo basta pensare all’ultima settimana del settembre appena trascorso. Su Marte sono arrivati con un paio di giorni di differenza, e si sono immesse perfettamente in orbita attorno al pianeta, due sonde che hanno lo stesso scopo: studiare l’atmosfera di Marte. Sono Maven, di Nasa, e Mangalyaan, indiana che viene chiamata anche per semplicità Mom. Niente di strano se fosse solo una curiosa coincidenza, ma qui il fatto da sottolineare è che la sonda americana costa sui 700 milioni di dollari mentre quella indiana sui 70, dieci volte meno. La differenza di costi è quasi incredibile se si pensa che gli standard di sicurezza e operatività sono ovviamente rispettati e che i bassi costi indiani non sono di certo dovuti solamente ai minori costi di personale, esercizio e via discorrendo, ma a un approccio complessivo alla missione. Qui abbiamo due modelli diversi e un Paese, l’India, che ha fatto una scelta precisa: qualificarsi per i bassi costi congiunti a sicurezza e assoluta professionalità. Anche un satellite italiano, Agile, è stato lanciato a prezzi contenuti dagli indiani nell’aprile del 2007 in modo impeccabile.
Altra differenza notevole è che mentre Maven è una delle tante missioni Nasa, seguite dagli appassionati americani di spazio e un bel po’ meno dal pubblico, l’immissione in orbita marziana di Mom è stata seguita in India con una partecipazione e orgoglio che non si vedevano in Occidente dai tempi della conquista della Luna. Addirittura gli studenti della prestigiosa Università di Chennai, una delle più importanti del Paese, sono scesi a migliaia in piazza per ringraziare gli scienziati che avevano realizzato quel loro sogno spaziale.
Lo stesso entusiasmo e orgoglio nazionale lo troviamo in Cina, che ha un suo piano spaziale molto ricco e già avviato, completamente autonomo e curiosamente simile alla storia dello spazio negli ultimi 50 anni. Luna, con un satellite e un rover che è atterrato e ha esplorato il satellite anche se poi si è parzialmente guastato, poi una stazione spaziale tutta cinese, dal suggestivo nome di "Palazzo Celeste", più piccola di quella internazionale ma perfettamente funzionante, già visitata da tachionauti, così si chiamano gli astronauti di quella nazione. Eva, cioè attività nello spazio libero al di fuori dei mezzi spaziali, con bandierine rosse della Cina e lezioni agli scolari cinesi sulla vita in assenza di gravità hanno fatto da corollario alla conquista, questa volta sì val la pena di usare questa parole, da parte del gigante asiatico. Anche in questo caso i programmi prevedono il salto a Marte, prima con mezzi automatici e poi con uomini. Le date, sempre un po’ in là anche per i velocissimi cinesi che quotano il 2030 come data possibile per lo sbarco sul Pianeta Rosso.
Anche lì lo stesso entusiasmo, certo in modi diversi dovuti alla diversa, millenaria cultura. Entusiasmo che in occidente troviamo nei cosiddetti "privati" americani che per il momento lavorano per Nasa. Sono parecchie le industrie che stanno lavorando per affrancare Nasa dal servizio di portare alla stazione Spaziale internazionale, e ritorno, vettovaglie e materiale oggi e presto anche astronauti. Parliamo ad esempio di Orbital e SpaceX, le due già operative con voli effettuati e contratti da un paio di miliardi di dollari in cassa. Partiti pochi anni fa fra l’indifferenza generale, hanno fatto miracoli sia di ingegneria che sui costi, certo aiutati da un Obama che ha imposto a Nasa di concentrarsi, come è giusto, sulla ricerca, dai costi impossibili per i privati, e passare al mercato know how e contratti per i servizi di routine. E così è stato, ma, c’era da aspettarselo, gente come Elon Musk, di Space X e proprietario di Tesla Motors, oltre che co-fondatore di Paypal, non è certo persona da restare con le mani in mano e già sta facendo programmi per andare oltre, parecchio oltre, verso Marte anche lui. Lo spazio insomma sta diventando un mercato globale aperto vero e proprio e i players sono sempre di più e più agguerriti.