La Stampa, 8 ottobre 2014
Continua lo shopping cinese in Italia. La Salov (marchi Sagra e Filippo Berio) è stata comprata dal gruppo Yimin, sussidiaria di Bright Food
Prima gli spagnoli. Poi gli americani. E adesso i cinesi. Il mondo dell’olio di oliva made in Italy diventa sempre più straniero. Ieri è stato annunciato il passaggio di mano della maggioranza del gruppo toscano Salov, proprietario dei marchi Sagra e Filippo Berio, al gruppo Yimin, una sussidiaria di Bright Food, secondo gruppo alimentare cinese per dimensioni. La famiglia Fontana, storica azionista dell’azienda, mantiene quote di minoranza. In un comunicato stampa la multinazionale con sede a Shanghai, spiega che l’«investimento in Italia risponde ad un preciso disegno per favorire l’uso di uno stile di vita di alimentazione sana come la dieta mediterranea in Cina». E aggiungono: «Il nostro obiettivo è di mantenere l’identità e la tradizione italiana di Salov».
Il problema è che in questi anni di crisi marchi storici dell’agroalimentare italiano sono finiti in mano a multinazionali estere. Coldiretti parla di un giro d’affari di oltre 10 miliardi e attacca: «I grandi gruppi multinazionali che fuggono dall’Italia della chimica e della meccanica investono invece nell’agroalimentare nazionale perché, nonostante il crollo storico dei consumi interni, fa segnare il record nelle esportazioni grazie all’immagine conquistata con i primati nella sicurezza, nella tipicità e nella qualità». Si spiega così perché David Granieri, presidente di Unaprol, solleciti l’intervento dello Stato che deve darsi un «progetto» per evitare di «perdere così tanti gioielli di famiglia». L’elenco è lungo: Bertolli, Carapelli e Sasso in mano al fondo Usa Cvc Capital, e poi la pasta Garofalo agli spagnoli, la Gancia ai russi e la Parmalat ai francesi. La Cia (Confederazione italiana agricoltori) chiede «regole chiare e interventi legislativi seri che mettano un limite all’escalation di acquisizioni straniere».