Corriere della Sera, 8 ottobre 2014
Isis, è inutile limitarsi a un’offensiva dal cielo. Per fermare al Baghdadi ci vuole la fanteria
Gli strateghi lo avevano detto prima ancora che i raid iniziassero. Servono «boots on the ground», le forze terrestri, perché con la sola aviazione è impossibile sconfiggere l’Isis. Obama è andato per la sua strada e si è affidato alle incursioni, segnalate ogni giorno dal Centcom, il comando centrale: 354, di cui 103 in Siria e 251 in Iraq. Ma non si sono rivelate decisive. A confermarlo, il campo.
Kobane, l’enclave curda nel nord della Siria, è stata strangolata dai jihadisti nonostante l’eroica resistenza dei peshmerga. Solo ieri la coalizione ha aumentato gli attacchi. Si parla di un coordinamento tra insorti e Usa, magari con la presenza degli «invisibili», pochi uomini delle unità speciali che hanno aiutato nella ricerca dei target. Mossa tardiva. Poi, altra svolta, gli americani hanno usato gli elicotteri Apache a ovest di Bagdad per tamponare i rovesci dell’esercito iracheno.
Qualcuno ha ribattezzato la sortita come «boots on the air», gli scarponi in aria. Il prossimo passo — giurano gli esperti — sarà il ricorso alla fanteria. Mossa anticipata dall’impiego dei commandos delle Special Forces nel Kurdistan iracheno. Li hanno chiamati «shoes on the ground», le scarpe sul terreno, per sottolineare una presenza meno apparente. Tutto secondo uno scenario già visto in altri teatri.
Israele è stato impegnato contro gli Hezbollah, altra formazione guerrigliera strutturata come un mini esercito, e si è affidato alla sua aviazione. Alla fine ha dovuto mandare le brigate meccanizzate, rischiando uomini e mezzi. Schema che si è ripetuto contro Hamas. Droni e jet hanno usato il meglio della tecnologia, bombe devastanti, missili. Colpi per «negare» i movimenti. I palestinesi, come l’Hezbollah, sono andati sotto terra, nei tunnel. E le perdite sono state significative anche per gli israeliani. Ancora. L’attacco in Libia. L’offensiva aerea ha demolito lo scarso apparato di difesa, però se non ci fossero stati i consiglieri accanto alla miriade di milizie il raìs libico avrebbe resistito a lungo.
La Casa Bianca ha scelto l’opzione «dal cielo» per ragioni politiche e diplomatiche. Per ora non considera la missione — senza nome — come una campagna, piuttosto la ritiene un’iniziativa antiterrore. Dunque limitata in mezzi e obiettivi. John Warden, uno degli architetti dell’assalto contro gli iracheni nel 1991, ha spiegato a Daily Beast la teoria dei 5 anelli che prevede di colpire i centri di gravità del nemico: 1) Comandi. 2) Comunicazioni e logistica. 3) Infrastrutture. 4) Sostegno popolare. 5) Truppe. Per ora gli Usa hanno «toccato» tutti gli anelli ma senza l’intensità sufficiente per disarticolare l’Isis che, invece, ha continuato a manovrare su diversi fronti.
Il ritornello è noto. Senza designatori che da terra indichino i bersagli diventa complicato agire, difficile distinguere amici e nemici in centri abitati. Solo i marines possono stanare i jihadisti, adeguatisi alle tattiche Usa. Anche qui nulla di nuovo: lo fecero i serbi di Milosevic per sottrarsi alla caccia Nato. Ecco allora che il coro intona l’appello: Obama, basta indugi, schiera i soldati. Concetto ribadito, ieri, dall’ex direttore della Cia Leon Panetta. Critico verso il presidente, ha prefigurato una nuova guerra. Quella dei trent’anni.