La Stampa - TuttoScienze, 8 ottobre 2014
I Robot saranno ovunque e sempre più umani. Parla la responsabile del progetto RoboLaw
Eric Schmidt, chairman di Google, ne è convinto: «I robot saranno ovunque». E oggi è già (quasi) così. Apparecchi robotici guidati da chirurghi agiscono direttamente sui pazienti durante le operazioni. I droni sono diventati strumenti professionali, di pace e di guerra. Ci sono anche auto che si guidano da sole: quella firmata dal colosso americano dei motori di ricerca è solo la più celebre, mentre l’obiettivo - per nulla velato dei ricercatori - è riuscire a portare in ogni casa umanoidi che facciano un po’ di tutto, dalle pulizie all’assistenza a disabili e anziani, fino a diventare veri e propri compagni di vita.
È quindi inevitabile che si spalanchi una serie di questioni molto forti. «Dalla responsabilità in caso di danni a persone o cose fino al rispetto della disciplina sulla privacy», spiega Erica Palmerini, una delle maggiori autorità del settore. Docente di diritto privato della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, è la coordinatrice del progetto europeo «RoboLaw» che, per la prima volta, ha provato a tracciare le linee-guida con cui regolare il mondo in velocissima espansione della robotica (e che sono state presentate a Bruxelles).
Nessun riferimento - come qualcuno potrebbe pensare - ad Asimov e ai suoi celebri racconti di fantascienza. L’approccio del team è stato concreto e «mirato»: tante proposte diverse per tecnologie diverse, in un mercato che - stima McKinsey - è in impetuosa crescita. Tanto che raggiungerà i 4,5 trilioni di dollari entro il 2025.
Uno degli ambiti su cui la ricerca si sta concentrando è quello delle protesi robotiche: qui un processore traduce l’impulso nervoso che parte dal cervello in movimento. Rispetto agli strumenti oggi disponibili una rivoluzione. «Supponiamo, però, che la protesi sia difettosa e che la persona che la indossa provochi un incidente non voluto. In base alle leggi attuali la responsabilità ricadrebbe totalmente sul produttore», spiega Andrea Bertolini, anche lui giurista della Scuola Sant’Anna di Pisa e parte del team. «Ma regole troppo stringenti - aggiunge subito - rischierebbero di bloccare la ricerca in Europa, un esito che non ci possiamo permettere».
La soluzione ipotizzata da «RoboLaw», quindi, è «agire ex ante». In pratica migliorando e alzando gli standard di sicurezza degli apparecchi robotici, così da minimizzare i rischi. «Esistono già oggi organizzazioni sovranazionali che verificano tutti i parametri tecnici di ciò che viene immesso sul mercato. Noi suggeriamo che ne vengano elaborati altri, di nuovi, decisamente più precisi, specifici per ogni singolo tipo di applicazione», aggiunge Bertolini.
Quanto alla compensazione degli eventuali danni, si può pensare di andare nella stessa direzione di nazioni come la Nuova Zelanda: lì esiste un ufficio che, valutate le circostanze di ogni incidente, risarcisce all’utilizzatore il danno subìto o causato dall’apparecchio. Diverso, poi, il caso di danneggiamenti provocati dai «robot companion», gli umanoidi studiati per aiutare anziani soli e disabili. «Abbiamo ipotizzato che ogni macchina abbia una personalità giuridica e che sia dotata di un patrimonio personale, dal quale attingere le risorse per i possibili risarcimenti. Denaro di cui può dotare le macchine il produttore o l’utente. Possiamo anche supporre - dicono i due esperti - che il robot venga concesso in locazione per un periodo e che i servizi che offre siano a pagamento, in modo da formare un fondo al quale fare riferimento in caso di risarcimento».
Ma robot sono anche i droni, impiegati su tutti i fronti di guerra e protagonisti della guerra all’Isis. E intanto si moltiplicano le sperimentazioni - come quelle del Pentagono - dei «robot-soldato». Nel primo manuale di «diritto robotico» - il più completo, secondo Ryan Calo, professore di Diritto dell’Università di Washington - l’uso delle macchine in ambito militare non è ancora stato toccato. «Anche in questo caso possiamo dire che la responsabilità non è del robot in sé. Piuttosto di chi lo sta utilizzando», ragiona Bertolini.
Lo stesso vale in sala operatoria con i nuovissimi strumenti hi-tech per la chirurgia di precisione. «La colpa è della macchina, se non ha ben eseguito un comando. Ma è del medico, se è stato lui a impartire un ordine sbagliato». Tra le proposte - sottolinea - «c’è anche quella di sviluppare corsi di training specifici per i professionisti che vogliono imparare a utilizzare questi strumenti, oltre a una “licenza” per poterli impiegare».
Questioni giuridiche ed etiche. Ma l’aspetto psicologico? È sempre giusto assistere una persona in difficoltà con un robot? Bertolini risponde, a sorpresa, che sono molti quelli che preferirebbero un umanoide a un parente in carne e ossa: una soluzione meno lesiva della dignità e che allo stesso tempo consente ai familiari di vivere una vita normale.
Ma resta un ulteriore punto caldo: i robot ci sostituiranno sul posto di lavoro? A «RoboLaw» sono convinti che grazie alla regolamentazione del settore l’esito sarà contrario e che i lavori per gli umani aumenteranno. Semmai il tema è quello della volontà politica di affrontare tutti questi problemi. Palmerini non ha dubbi: «Se chi ci governa non interviene, queste regole resteranno sulla carta».