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 2014  ottobre 06 Lunedì calendario

Parla Francesco Starace, capo dell’Enel: «Italia, Francia e Germania uniscano il loro mercato dell’energia»

Francesco Starace, romano, 59 anni, una laurea in ingegneria nucleare, è entrato in Enel nel 2000. È stato amministratore delegato di Enel green Power e, dal maggio 2014, è amministratore delegato del gruppo.
L’Europa del credito sta avviandosi a creare l’Unione Bancaria. L’Europa dell’energia non sembra in grado di rispettare la scadenza del 2014 per una completa integrazione. Perché?
«Quello che sta succedendo a livello bancario dovrebbe essere preso a modello per altri settori. Per l’energia in particolare, è vero c’è ancora molta strada da fare. Però non è un traguardo impossibile, manca una forte volontà. Le infrastrutture sono pronte, mancano le regole che consentano all’elettricità di viaggiare senza barriere sul continente. Gli investitori hanno bisogno di certezze e in questo momento mancano».
Le integrazioni tra i vari paesi, si pensi all’Lng spagnolo, sono pressoché inesistenti. La causa qual è: problemi normativi, industriali, culturali?
«Abbiamo già compiuto importanti passi, ma è vero che se vogliamo raggiungere l’obiettivo del mercato unico nel breve termine dobbiamo proseguire con maggiore determinazione. Gli Stati membri dovrebbero impegnarsi per attuare ed armonizzare più rapidamente la normativa vigente e superare alcune distorsioni. L’Europa è già ampiamente interconnessa e ha un portafoglio di produzione diversificato, ma dobbiamo andare oltre l’attuale mosaico di quadri normativi nazionali. Dobbiamo far leva sul primo elemento per arrivare un sistema energetico più efficiente e resiliente, e superare il secondo fissando regole comuni e chiare. Nel futuro, ci sarà sempre più bisogno di integrazione perché la parola d’ordine sarà flessibilità. L’armonizzazione delle regole di mercato e di gestione della rete per l’energia elettrica e il gas è fondamentale. Abbiamo inoltre bisogno di un approccio di sistema per integrare le energie rinnovabili nel mercato».
Quanto tempo crede sarà necessario per arrivare all’obiettivo di un mercato interno realmente integrato?
«Non ci vuole tanto tempo. L’importante per accelerare questo percorso è iniziare con il cuore dell’Europa: Francia, Germania, Italia e forse Regno Unito, a cui si potranno aggiungere in futuro il resto dei paesi europei, cosi come si è costruita l’Europa, o l’euro. Se aspettiamo a mettere i 27 paesi d’accordo i tempi si allungheranno inutilmente con il rischio poi di non arrivare mai a raggiungere l’obiettivo».
Tre nodi appaiono strategici per lo sviluppo futuro: sicurezza delle forniture, competitività e sostenibilità. Enel come si pone davanti a questi svincoli?
«Crediamo, al contrario di come ci hanno voluto far vedere in passato, che siano sinergici fra di loro. È importante che anche la politica europea si convinca che il successo delle sue politiche dipenderà dalla misura in cui riusciremo a sfruttare queste sinergie. In Enel, in particolare, puntiamo alla diversificazione del mix di generazione, sfruttando tutte le tecnologie oggi disponibili ed in particolare quelle che, come le rinnovabili, non generano nuova dipendenza da Paesi terzi e portano benefici a livello ambientale».
La ricerca dell’Aspen Institute che verrà presentata stamattina al Consiglio europeo dell’energia, a Milano, sostiene che l’Unione europea finora ha utilizzato strumenti inadeguati: politiche sul clima e competizione. È d’accordo? Cosa di diverso si poteva fare?
«L’Europa ha sviluppato una leadership a livello globale sulla tematica della lotta al cambiamento climatico e sulla sostenibilità. Abbiamo deciso di intraprendere il percorso di decarbonizzazione della nostra economia entro il 2050. È un processo che porta benefici a lungo termine. Il problema è far funzionare bene gli strumenti che abbiamo implementato (come ad esempio l’Ets) e lavorare ad una maggiore integrazione dei mercati energetici».
In Europa si registra sovracapacità produttiva. Crede sia un fenomeno contingente, legato alla crisi che ha indotto la contrazione della produzione industriale, oppure ritiene che il livello di sovracapacità sia destinato ad essere tale anche in presenza di una fase economica espansiva?
«La sovracapacità produttiva è il risultato della riduzione della domanda di energia elettrica e di massicci investimenti in capacità termica e fonti rinnovabili realizzati in un contesto di alti prezzi all’ingrosso a breve termine e assenza di segnali di prezzo per il lungo termine. In Europa, dobbiamo lavorare sui segnali di lungo termine, come sta facendo l’Italia con le aste di capacità, e con le aste per le rinnovabili, in modo che il mercato si possa adeguare in modo flessibile. Per programmare al meglio investimenti e disinvestimenti sulla capacità è infatti fondamentale sviluppare da subito segnali di prezzo a lungo termine. Se già avessimo avuto questi strumenti ci troveremmo adesso in una situazione diversa, i clienti avrebbero avuto maggiore visibilità e prezzi migliori».
Sul mercato italiano dell’energia la fine degli incentivi sembra indurre a una fase di consolidamento. E.on lascia, di Sorgenia sappiamo. Resterete in pochi e grandi. Il consumatore deve temere l’ennesimo aumento dei prezzi?
«Non penso. Credo che il cliente vedrà più lontano nel tempo, con maggiore chiarezza e stabilità prezzi piu bassi. Il consolidamento del mercato porterà inevitabilmente ad una maggiore efficienza operativa con un doppio vantaggio per il consumatore: economico ed ambientale».
Veniamo alla generazione elettrica. Sembra che stia tornando di moda il carbone. Anche in casa Enel? E con quali rischi?
«Il fatto che la produzione di carbone in Germania sia aumentata è determinato da effetti molto contingenti e di breve termine come il prezzo della Co2 che e molto basso. A lungo termine non vedo una possibilità che questa situazione si prolunghi molto, se i mercati verranno armonizzati».
La sostenibilità ha beneficiato di molti incentivi pubblici. Come si può coniugare sostenibilità e mercato?
«Mercato e sostenibilità sono a mio parere perfettamente conciliabili. Non vedo anzi altro modo possibile per intendere oggi il ruolo dell’impresa, chiamata a sviluppare soluzioni innovative e modelli di business fondati sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale dei servizi e dei prodotti offerti ai clienti. Solo così si crea valore vero e duraturo per l’impresa, contribuendo al progresso della società».