Affari&Finanza, 6 ottobre 2014
Le leggi sono un guazzabuglio: nessuno capisce quello che c’è scritto e nelle pieghe delle loro oscurità distribuiscono un sacco di soldi agli amici e agli amici degli amici
Cambiano i governi, ma una cosa non cambia mai: la pessima qualità dei provvedimenti legislativi. C’è un aspetto formale, i provvedimenti sono scritti in modo incomprensibile, con rinvii e contro rinvii ad altrettanto oscure disposizioni, e c’è un aspetto sostanziale: la distribuzione minuta di benefici e provvidenze inseriti a mani basse in ogni provvedimento in partenza, come un treno cui attaccare nuovi vagoni a piacimento. L’opacità non è un accidente ma un desiderabile requisito, così non si vede a chi va il regalo. Nel 1988 fu approvata la legge 400 che all’articolo 13.bis, Chiarezza dei testi normativi, impone di indicare “in forma integrale o sintetica di chiara comprensione il testo ovvero la materia alla quale le disposizioni fanno riferimento”. Impone poi di precisare le norme “sostituite, modificate, abrogate o derogate”, nonché l’obbligo, “almeno ogni 7 anni”, di raccogliere le norme in testo unici per materia e che successive modifiche o integrazioni siano attuate mediante modifica o integrazione dei corrispondenti testi unici. Purtroppo, parole al vento: nessuno ne cura l’applicazione, nei singoli ministeri, a Palazzo Chigi e in parlamento. I governi di centro-destra fecero scempio della semplicità e della chiarezza delle norme; ma i governi riformatori che li hanno seguiti – quelli di Monti, Letta e ora Renzi – non paiono distinguersi su questo terreno dal molto deprecato predecessore. Limitandomi
ai provvedimenti specificatamente adottati per fare ripartire l’economia – la quale intanto resta immobile – abbiamo avuto cinque decreti dal governo Monti (Salva Italia, Cresci Italia, Semplifica Italia, Sviluppo e Sviluppo bis), due dal governo Letta (del Fare e Destinazione Italia) e ora due dal governo Renzi (Competitività e Sblocca Italia). Ciascuno di essi contiene norme utili, talora essenziali ed effettivamente urgenti (il Salva Italia arrestò una crisi di fiducia che stava portando la stato italiano al default). Ma, pur essendo stati emanati da governi che hanno posto la semplificazione e la sburocratizzazione al centro dei loro programmi riformatori, contengono decine e centinaia di disposizioni cervellotiche, spesso inattuabili, mischiate a un pulviscolo di provvidenze e sussidi per proteggere e sostenere minute attività. Si guardino, come esempi di ghirigori legislativi, l’articolo 2 del Destinazione Italia, che aggiunge il Capo 01 (il Capo 1 c’era già) al dlgs. 185/2000; oppure l’articolo 41ter del Decreto del Fare, che aggiunge la lettera oobis “alla parte II dell’allegato IV alla parte V” del Codice dell’ambiente; o ancora l’articolo 3 dello Sblocca Italia contenente le disposizioni urgenti per lo sblocco di opere indifferibili, che includono opere come “l’Asse automazione dei passaggi a livello sulla rete ferroviaria individuati come priorità” e “il superamento delle criticità viarie di ponti e gallerie”, assegnando i fondi opera per opera con minute modifiche di leggi precedenti (in molti casi da completare con provvedimenti attuativi che non si sa quando arriveranno). Moltissime, poi, sono le norme che favoriscono specifiche attività: per citarne alcune, le officine di autoriparazione (nel Salva Italia e ancora nel Semplifica Italia), i composti organici volatili (nel Salva Italia), la circolazione dei carrelli (nel Destinazione Italia), l’uso del pastazzo in ambito zootecnico (Decreto del Fare). Lo Sblocca Italia non è da meno, con le sue disposizioni sui Cond-Hotel (articolo 31, chi capisce è bravo) e i Marina Resort (articolo 32). Contiene anche una norma per istituire un fondo per la patrimonializzazione di imprese industriali italiane poco capitalizzate, ma con un buon conto economico (chissà chi sono, e che cosa ne diranno a Bruxelles?). Il decreto interviene di nuovo su molte materie già incluse del decreto compe-titività, a poche settimane di distanza; evidentemente, qualcuno era rimasto fuori e ha protestato. Su tutto, sparse a piene mani, le ciliegine dei crediti d’imposta per attività ed azioni varie (dagli incentivi ad assumere e quelli per favorire la lettura, alle misure di favore a singoli settori di attività e tipologie d’investimento): i nove provvedimenti cui ho fatto riferimento ne contengono complessivamente ben venti, una bella aggiunta a quel formaggio gruviera che è il nostro sistema delle tax expenditues, delle quali intanto sempre si annuncia lo sfoltimento. Non a caso molte di queste misure sono numerate bis e ter e quater del bis, perché sono infilate all’ultimo minuto in provvedimenti già in dirittura finale. Insomma, la modernità sta negli annunci e nei principi, ma l’amministrazione resta più complicata che mai e gli interventi per l’economia distribuiscono spiccioli, senza veramente smantellare l’accrocchio di vincoli e distorsioni che bloccano ogni iniziativa. Credo veramente che se si correggessero queste pratiche, si facesse piazza pulita delle migliaia di speciali provvidenze per questo e per quello, e si puntasse a costruire un sistema regolamentare semplice e valido in generale, l’economia rifiorirebbe. Il punto di partenza è l’istituzione di solidi filtri nel governo e in parlamento contro le degenerazioni che ho descritto dell’attività legislativa, con chiari indirizzi e poteri invalicabili d’interdizione. Solo allora, l’obbiettivo della semplificazione incomincerà ad avere un contenuto concreto.