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 2014  ottobre 06 Lunedì calendario

Renzi e la crisi di iscritti del Pd. «I falsi militanti non ci interessano»

Le quattrocentomila tessere del Pd che mancano all’appello, sono quasi tutte «sparite» perché i segretari di circolo non sono andate a cercarle.
L’accalorata discussione che da giorni divide il partito del premier e appassiona i mass media ha finora omesso un dato essenziale: essendo oramai isolati i casi di cittadini che vanno per conto proprio in sezione a chiedere la tessera, tocca ai segretari dei circoli organizzare la «caccia» al rinnovo. 
Ebbene, secondo la ricostruzione riservatamente condotta in questi giorni dall’ufficio Organizzazione del Pd, dal 25 aprile - giorno di apertura della campagna di tesseramento - sono rimasti quasi totalmente inerti tutti i dispositivi «tecnici» per aprirlo per davvero il tesseramento.
I soliti banchetti per far tessere alle Feste dell’Unità? Zero, o giù di lì. I controlli mese per mese che di solito vengono fatti da Roma sullo stato dell’arte? Zero. I canonici tre giorni di lancio nazionale del tesseramento? Zero. Il responsabile dell’Organizzazione del partito? Assente. Luca Lotti, da marzo, si è trasferito a Palazzo Chigi e lì ha avuto altro da pensare, visto che si è confermato il vero uomo di fiducia, l’unico, di Matteo Renzi.
Sostiene Lorenzo Guerini, l’ex Dc che da pochi giorni ha assunto la guida dell’ufficio Organizzazione: «I dati diffusi nei giorni scorsi sono campati in aria». Dunque, non sarebbero centomila gli iscritti che per ora hanno preso la tessera del Pd: ma quanti sono realmente? «In linea con gli anni precedenti», dice Guerini e nulla più. 
Morale: il numero vero degli iscritti è come un’araba fenice: che ci sia ciascun lo dice, quale sia nessun lo sa. Ma Guerini non fa numeri precisi perché ancora non li conosce. Da quel che trapela dal Nazareno, infatti, quanti siano esattamente gli iscritti al Pd al 5 ottobre, non è stato ancora possibile stabilirlo con certezza.
E allora, la prima «verità» sul crollo del tesseramento è un po’ diversa da quella che circola da qualche giorno e riguarda, prima ancora di una crisi di vocazioni, anzitutto un’eclissi organizzativa: la quasi totale disattivazione da parte della leadership renziana dei consueti escamotage che servono per «tenere» le quote dell’anno precedente.
E ancora: il 2013, l’anno dal quale si desume il crollo di tessere è stato un anno speciale: un anno congressuale. Anni «strani» che fanno puntualmente lievitare le tessere. Nel 2009, anno del congresso che vide la sfida tra Pier Luigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino, gli iscritti erano stati 831.000, mentre l’anno successivo precipitano a 620.000, con una caduta del 25 per cento. Un iscritto su quattro non ha rinnovato, perché l’anno precedente si era iscritto solo per assecondare qualche «signore delle tessere»? In mancanza di risposte «scientifiche», basta confrontare il dato 2012 (500.163 iscritti) e quello del 2013, quando si celebra il congresso della sfida Renzi-Cuperlo-Civati. Ebbene, dopo anni di calo, gli iscritti tornano a salire: diventano 539.354. E ora, puntualmente, tornano a scendere.
Naturalmente nel crollo delle vocazioni giocano anche gli argomenti agitati in questi giorni dalla minoranza del Pd. Sostiene Stefano Fassina: «Il Pd sta scivolando surrettiziamente verso una forma tipo il comitato elettorale. D’altra parte il segretario è più attento ad organizzare la Leopolda invece di concentrarsi sul partito». 
E l’ex popolare Beppe Fioroni, che è stato responsabile dell’Organizzazione, conviene, ma da un punto di vista opposto: «Per la sinistra, dopo la caduta del Muro, l’organizzazione, le tessere, le Feste, le sezioni hanno rappresentato il collante portato in dote nel Pd. Ma oramai siamo in un’altra stagione, in un altro partito, si crede in qualcuno più che in qualcosa». 
Un ex dirigente del Pci come Emanaule Macaluso sostiene che la colpa del crollo del tesseramento sarebbe delle Primarie. Dice Salvatore Vassallo, ispiratore dello Statuto del Pd: «Ma la caduta della militanza in quasi tutto il mondo dimostra che le Primarie, che hanno ampliato e di molto la platea degli aderenti, sono la soluzione non la causa di un fenomeno iniziato da decenni». Ieri ha detto la sua anche Matteo Renzi: «Un crollo perché il Pd non è in salute? Un partito che arriva dove non arrivava nessuno dal 1958, vince tutte le regionali in trasferta, stravince nei comuni è un partito che gode di buona salute. Ma il tema esiste. Anche se preferisco avere una tessera finta in meno e un’idea in più». 
Il 20 ottobre se ne parlerà in Direzione.
Le quattrocentomila tessere del Pd che mancano all’appello, sono quasi tutte «sparite» perché i segretari di circolo non sono andate a cercarle. 

L’accalorata discussione che da giorni divide il partito del premier e appassiona i mass media ha finora omesso un dato essenziale: essendo oramai isolati i casi di cittadini che vanno per conto proprio in sezione a chiedere la tessera, tocca ai segretari dei circoli organizzare la «caccia» al rinnovo. 
Ebbene, secondo la ricostruzione riservatamente condotta in questi giorni dall’ufficio Organizzazione del Pd, dal 25 aprile - giorno di apertura della campagna di tesseramento - sono rimasti quasi totalmente inerti tutti i dispositivi «tecnici» per aprirlo per davvero il tesseramento.
I soliti banchetti per far tessere alle Feste dell’Unità? Zero, o giù di lì. I controlli mese per mese che di solito vengono fatti da Roma sullo stato dell’arte? Zero. I canonici tre giorni di lancio nazionale del tesseramento? Zero. Il responsabile dell’Organizzazione del partito? Assente. Luca Lotti, da marzo, si è trasferito a Palazzo Chigi e lì ha avuto altro da pensare, visto che si è confermato il vero uomo di fiducia, l’unico, di Matteo Renzi.
Sostiene Lorenzo Guerini, l’ex Dc che da pochi giorni ha assunto la guida dell’ufficio Organizzazione: «I dati diffusi nei giorni scorsi sono campati in aria». Dunque, non sarebbero centomila gli iscritti che per ora hanno preso la tessera del Pd: ma quanti sono realmente? «In linea con gli anni precedenti», dice Guerini e nulla più. 
Morale: il numero vero degli iscritti è come un’araba fenice: che ci sia ciascun lo dice, quale sia nessun lo sa. Ma Guerini non fa numeri precisi perché ancora non li conosce. Da quel che trapela dal Nazareno, infatti, quanti siano esattamente gli iscritti al Pd al 5 ottobre, non è stato ancora possibile stabilirlo con certezza.
E allora, la prima «verità» sul crollo del tesseramento è un po’ diversa da quella che circola da qualche giorno e riguarda, prima ancora di una crisi di vocazioni, anzitutto un’eclissi organizzativa: la quasi totale disattivazione da parte della leadership renziana dei consueti escamotage che servono per «tenere» le quote dell’anno precedente.
E ancora: il 2013, l’anno dal quale si desume il crollo di tessere è stato un anno speciale: un anno congressuale. Anni «strani» che fanno puntualmente lievitare le tessere. Nel 2009, anno del congresso che vide la sfida tra Pier Luigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino, gli iscritti erano stati 831.000, mentre l’anno successivo precipitano a 620.000, con una caduta del 25 per cento. Un iscritto su quattro non ha rinnovato, perché l’anno precedente si era iscritto solo per assecondare qualche «signore delle tessere»? In mancanza di risposte «scientifiche», basta confrontare il dato 2012 (500.163 iscritti) e quello del 2013, quando si celebra il congresso della sfida Renzi-Cuperlo-Civati. Ebbene, dopo anni di calo, gli iscritti tornano a salire: diventano 539.354. E ora, puntualmente, tornano a scendere.
Naturalmente nel crollo delle vocazioni giocano anche gli argomenti agitati in questi giorni dalla minoranza del Pd. Sostiene Stefano Fassina: «Il Pd sta scivolando surrettiziamente verso una forma tipo il comitato elettorale. D’altra parte il segretario è più attento ad organizzare la Leopolda invece di concentrarsi sul partito». 
E l’ex popolare Beppe Fioroni, che è stato responsabile dell’Organizzazione, conviene, ma da un punto di vista opposto: «Per la sinistra, dopo la caduta del Muro, l’organizzazione, le tessere, le Feste, le sezioni hanno rappresentato il collante portato in dote nel Pd. Ma oramai siamo in un’altra stagione, in un altro partito, si crede in qualcuno più che in qualcosa». 
Un ex dirigente del Pci come Emanaule Macaluso sostiene che la colpa del crollo del tesseramento sarebbe delle Primarie. Dice Salvatore Vassallo, ispiratore dello Statuto del Pd: «Ma la caduta della militanza in quasi tutto il mondo dimostra che le Primarie, che hanno ampliato e di molto la platea degli aderenti, sono la soluzione non la causa di un fenomeno iniziato da decenni». Ieri ha detto la sua anche Matteo Renzi: «Un crollo perché il Pd non è in salute? Un partito che arriva dove non arrivava nessuno dal 1958, vince tutte le regionali in trasferta, stravince nei comuni è un partito che gode di buona salute. Ma il tema esiste. Anche se preferisco avere una tessera finta in meno e un’idea in più». 
Il 20 ottobre se ne parlerà in Direzione.