6 ottobre 2014
Tags : Juve-Roma (5/10/2014)
Juventus-Roma, rigori, risse e veleni. Tutti i commenti
Il meglio dei commenti dai giornali di oggi su Juventus-Roma, la partita rovinata da un disastroso arbitraggio di Rocchi e che riaccende le polemiche sui favori arbitrali.
la Repubblica
Rieccoli, i centimetri. Con quel che segue: polemiche che dureranno a lungo, forse quanto i centimetri di Turone. Tutti si auguravano che Juve-Roma fosse uno spot del bel calcio. Così non è stato per la responsabilità di molti. La prima, di chi ha designato Rocchi per questa partita. La seconda, di Rocchi la cui direzione lascia in piedi troppi interrogativi e toglie trasparenza alla vittoria della Juve. La terza, di giocatori troppo nervosi che non hanno certo aiutato un arbitro che aveva perso il controllo della partita. Dire che un pareggio sarebbe stato più giusto è doveroso quanto inutile, a questo punto. La Juve ha giocato meglio in apertura e chiusura. Sembrava più fresca, pur avendo un giorno di riposo in meno. Alla Roma restano due magre soddisfazioni: aver interrotto l’imbattibilità di Buffon (il suo amico Totti, su rigore) e aver firmato con Iturbe, su assist di Gervinho, la cosa più bella di una partita brutta, sempre più incattivita con molti errori (non solo di Rocchi).
Garcia li ha ammessi: Gervinho ha sciupato il possibile 3-1, Pjanic il possibile 3-2. Già, Garcia che apre la lista delle espulsioni. Quel suo mimare un violinista, dopo l’1-0 di Tevez, più che un omaggio a Verlaine (violons de l’automne) è suonato come un richiamo alla vecchia sudditanza psicologica, un fantasma che non s’aggira per l’Europa ma sui nostri campi sì, o alla dimensione elastica delle aree di rigore (16 metri?17?). L’inizio della fine di uno spot mai decollato è il rigore fischiato a Maicon. Del tutto inesistente. Quello successivo, concesso a Totti, sa molto di compensazione. Quello del 2-2 è molto dubbio (dentro, sulla linea bianca, fuori area?), ma non per Rocchi, e per giunta arriva a minuto di recupero già scaduto. Il rigore più rigore di tutti, commesso da Holebas su Marchisio, non viene fischiato.
C’è un regolamento e c’è modo e modo di interpretarlo. Il buonsenso aiuta, in certi casi: nel dubbio, non si fischia. Non mi sogno di invocare la moviola in campo, anche perché la moviola non chiarisce nulla nelle azioni contestate. Non è importante stabilire se Maicon fosse dentro o fuori area, perché Maicon non commette fallo, ha il braccio appoggiato al petto. Il resto viene di conseguenza, includendo anche il 3-2 di Bonucci: bello il suo tiro dal limite, ma Vidal è abbondantemente in fuorigioco e copre la visuale di Skorupski. Gol da annullare, e qui Rocchi non è assistito dai collaboratori.
Perdere così brucia parecchio, anche se una traversa di Morata testimonia della maggior freschezza della Juve nel finale. Morata poi espulso: brutta entrata su Manolas, che reagisce, e non è una buona idea perché è espulso pure lui, e con la carenza di stopper della Roma non è un regalo a Garcia. Perdere così brucia, ma sbaglia Totti a dire che la Roma arriverà seconda anche quest’anno. Con 32 partite e 96 punti ancora in ballo un capitano non deve concedere alibi ai compagni. Anche perché da Torino la Roma torna battuta, con un sacco di recriminazioni, ma non rimpicciolita come un anno fa. Garcia ha rinforzato il suo lato sinistro (Holebas per Cole), Allegri ha risposto con la sorpresa di Pirlo dal primo minuto, con Vidal in panchina. Non al meglio, il regista, ma c’era da aspettarselo dopo la lunga sosta. Non al meglio nemmeno Totti e Pjanic, difficile aspettarsi giocate da ricordare. Gervinho s’è acceso tardi ma è stato, poi, pericoloso, come Tevez dall’altra parte. Nella Roma, bene Manolas (fino all’espulsione, almeno) e benissimo Keita, che non spreca un pallone e, soprattutto, non perde mai la testa. Non può fare tutto, per esempio non sta a lui insegnare a Skorupski come usare i piedi.
Juve e Roma erano e restano le più forti, in una classifica che s’accorcia alle spalle della Roma. Al secondo posto poteva essere l’Udinese, non bellissima ma raggiunta da un rigore del Cesena inesistente come quelli di Torino. Così, a un punto dalla Roma è salita la Samp: piegata l’Atalanta con il gol dell’ex, Gabbiadini. Mihajlovic continua a fare nozze coi fichi secchi (secondi i valori di mercato, sia chiaro). Più giù, segnali di buona salute dal Napoli (2-1 in rimonta al Torino) e dalla Fiorentina. Secco 3-0 all’Inter. Sconfitta per colpa di Babacar, Cuadrado e Tomovic, che non risultano iscritti all’albo dei giornalisti. Tra cui molti hanno sbagliato prevedendo una grande stagione delle due milanesi. La prossima, forse.
Gianni Mura
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Corriere della Sera
Due episodi al limite di cui uno chiaro (il fuorigioco di Vidal), tutti decisi contro la Roma. È comprensibile la rabbia anche se è spesso stata una questione di centimetri. Il primo rigore non c’è. Il problema non è che il fallo di mano di Maicon sia in area o meno, è che non si punisce un fallo di mano quando il braccio è attaccato al corpo e si è addirittura in torsione. Ci sta il secondo rigore, quello può vederlo solo Dio in diretta. Evidente la posizione di fuorigioco di Vidal nell’azione del terzo gol. Credo che l’arbitro sia stato ingannato la prima volta dalla striscia di schiuma sulla punizione. Se quella era in area era in area anche il fallo di mano. L’errore è però nella valutazione del fallo, non sul luogo. Nel fuorigioco, è probabile che l’azione violenta, immediata di Bonucci, da tutt’altra parte rispetto a Vidal, abbia spostato l’attenzione di arbitri e guardalinee. Detto questo, capisco le proteste della Roma. Ha avuto tutti gli episodi contro, difficile resistere alla seduzione di sentirsi vittima. Errori arbitrali a parte, tutti molto sfortunati perché condannati a non essere chiari, è stata una bella partita, convulsa, piena di azioni spesso non chiuse ma sempre molto ben cominciate. La Juve ha mostrato più completezza di squadra, più gestione dello spazio, ma è stata sfinita dalle accelerazioni di Gervinho e di Iturbe oltre che dal palleggio di Totti e Keita. È stata una partita nervosa, spesso scorretta, ma anche questo è spettacolo, come paradossalmente lo sono gli errori dell’arbitro. Anche l’arbitro sta in campo e ha diritto a sbagliare. Sarà semmai da dimostrare adesso che gli errori non vanno tutti a senso unico. Ho sentito su Juve-Roma molto pessimismo televisivo, brutto gioco interrotto solo a sprazzi. Non sono d’accordo. Era da tempo che non si vedeva nel campionato italiano una intensità del genere. Io ho visto una partita che mi ha divertito, tra due squadre competitive non solo in Italia. La Roma è stata in soggezione finché è rimasto ai margini Gervinho. Ma è sempre stata una Roma di qualità. La Juve sta oscurando Llorente, sta ritrovando momenti di Pirlo, sta affidandosi sempre più a Marchisio e Tevez, ma è una bella Juve generale, apparsa stavolta più matura dell’avversario, con un’organizzazione non migliore ma più larga. C’è un abisso comunque tra queste due squadre e le altre. Se non parliamo di arbitri, la Juve ha mostrato di avere ancora qualcosa in più. La notizia vera arriva da Firenze, l’Inter prende altri 3 gol. Una squadra spaventata, sbagliata e ormai malmessa, praticamente alla deriva, senza fiducia in se stessa e in chi l’allena. Per le dimensioni che sta prendendo, la crisi dell’Inter è forse il fatto più eclatante di questo avvio di campionato. Non è più solo un fatto tecnico. Deve intervenire la società perché nel calcio, quando subentra la paura, diventa possibile qualunque deriva.
Mario Sconcerti
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La Stampa
Chissà se con un grande arbitro sarebbe stata una grande partita. Con uno come Rocchi non poteva esserlo e la colpa, prima che sua, è con tutta evidenza di chi ce l’ha mandato. La riprova, anche se la prova manca e non è un gioco di parole, è che nell’intervallo due vecchi amici come Buffon e Totti devono essersi detti, loro, di piantarla con le ripicche e di pensare a giocare visto che il dilettante allo sbaraglio era capace soltanto di peggiorare le cose. Puntualmente, tutto è filato liscio sino a quattro minuti dalla fine. Quando l’esimio, forse turbato dall’esproprio, ha deciso che era tempo di tornare alla ribalta. E dopo essersi mostrato due volte implacabile in materia di centimetri, in area romanista (e dintorni), ha deciso che quei due metri di offside di Vidal esattamente davanti al portiere ci potevano anche stare.
Liquidato per sommi capi i motivi del contendere, parliamo di calcio? Bene. Le distanze tra Juve e Roma si sono palesemente accorciate. Ma la Juve, al di là delle modalità, è ugualmente riuscita ad essere superiore sia in avvio che nel finale. Avrebbe meritato il vantaggio nella prima fase con Tevez e Marchisio, lo avrebbe rimeritato nel finale, prima del gol farlocco di Bonucci, con l’incrocio dei pali di Morata e con Tevez. In mezzo invece ha certamente giocato meglio la Roma. E per la prima volta in questi anni di dominio, il centrocampo bianconero ha patito la superiorità di quello avversario. Non perché Marchisio, Pogba e il rientrante Pirlo, con l’aiuto saltuario, più saltuario del solito, di Lichsteiner e Asamoah, abbiano giocato male. Ma perché Keita e Nainggolan hanno giocato strepitosamente bene, e se non si fosse mangiato un gol facile facile Pjanic sarebbe stato alla loro altezza.
Detto che gli omaggi di Rocchi, in fondo, non sono stati gli unici della serata, perché Totti ha regalato a Pirlo la punizione poi diventata fatale, Lichsteiner il rigore a Totti, e Pjanic il secondo rigore a Pogba già blindato da Manolas, la domanda è. Il duello è già finito? La risposta è non tanto nel grembo di Rocchi che per un po’ non dovrebbe fare altri danni, quanto di Giove. Così, a occhio, trattandosi di corsa a tappe la Juve è un po’ più favorita di prima e non solo per i tre punti di vantaggio. Ma se Keita è davvero la riserva di De Rossi, della Roma si sentirà ancora parlare.
Gigi Garanzini
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Il Messaggero
La solita musica: è questo che voleva significare dalle acque territoriali della panchina della Roma, Rudi Garcia, mimando il gesto del violino al rigore ripensato a favor di Juve.
Un rigore con palla toccata con il braccio ma fuori area per l’inizio della conta del gol che sarebbe finita 3 a 2 per la Juve. L’ennesima sviolinata in bianco e nero, di quelle che hanno fatto la storia e la leggenda juventina? Un gesto ben più gentile delle ormai famose manette mimate da Mourinho ai suoi tempi, che sono anche quelli di oggi giacché Mou ha appena preso per la collottola, leggi la cravatta, il nemico Wenger durante Chelsea-Arsenal.
Quello di Garcia, subito espulso dall’arbitro Rocchi, fiorentino, agente di commercio, è il gesto che accompagna, con i soliti accordi direbbe Enzo Jannacci, il risultato che ha separato la coppia di testa del campionato in corso e ancora assai lungo (che è un bene e un male: potremmo vederne delle altre). La Juve va a più tre, con tre gol che hanno tutti l’acidulo sapore della polemica. Il braccio di Maicon era a protezione? Maicon era sulla linea o dentro l’area? Il fallo di Pjanic era in zona proibita o no? Vidal impallava la visuale di Skorupski sul tiro della domenica di Bonucci? Il recupero prolungato fino al gol, del cinquanta per cento del concesso prima, ci stava o no?
Sono tutte questioni che pesano sul risultato di ieri in casa bianconera, nella tana dello Juventus Stadium. E le risposte lasciano il tempo che trovano, perché chi ha avuto ha avuto e chi dato ha dato. Ad avere è assai spesso la Juve, a dare assai spesso gli arbitri. Eppure non ci vorrebbe molto: viviamo il tempo della tecnologia e quindi basterebbe una spruzzata di questa, che non fosse soltanto lo spray della vernice bianca per confinare il pallone da una parte e la barriera dall’altra, che è l’unica novità di una tecnologia casereccia che il calcio si sia concesso. La moviola: tutto qui.
Gli altri sport lo fanno: il tennis, il rugby, il golf, la pallavolo, anche se poi sono gli arbitri, ovviamente, a decidere. Ma una cosa è la possibilità di decidere alla cieca, un’altra quella di doverlo fare su base certa o quasi o almeno dovendo, e non solo potendo, utilizzare l’aiuto di ogni mezzo. Perché il calcio è diventato talmente importante, dal punto di vista del cuore com’è sempre stato ma ormai anche da quello della macroeconomia, che non si può più lasciare all’iniziativa d’un singolo e dei suoi errori decidere dove il pallone rotondo debba rotolare. Tanto più se il singolo diventa un plotoncino (non d’esecuzione: la buona fede non è mai in discussione) e se l’arbitro numero uno viene indotto all’errore dall’arbitro numero due o tre o quattro o cinque o sei, ché tanti sono e la tecnologia alla fine sarebbe perfino un argomento da spending review.
Ma così va il mondo del pallone: la Roma torna al veleno dalla trasferta nel cielo juventino, né può bastarle la consolazione che l’una vale l’altra, e che a stabilire quale sia la vincente sia un fischio, anzi due o tre. Perché alla fine cambiano i suonatori ma la musica è sempre la stessa. E alla fine dei conti Garcia ha sbagliato strumento: non è un concerto d’archi ma un concerto di fischietti. Di un calcio Tavecchio e stantio.
Piero Mei
Jouer du violon, in lingua di Francia, significa manipolare, truffare, prendere in giro chi ti sta di fronte. Non credo che l’arbitro Rocchi conosca il francese, nel senso dell’idioma, ma conosce il francese, nel senso dell’allenatore della Roma e dunque ha deciso di spedire nello spogliatoio Rudi Garcia che, dopo il primo rigore concesso alla Juventus, gli aveva fatto il gesto del violinista. Il caso Rocchi è singolare. Secondo la Federazione Internazionale della Storia del Calcio, in breve Iffhs, Rocchi, nel 2013, sarebbe stato il decimo arbitro più bravo al mondo. Preferirei non conoscere le generalità degli altri mille, è bastato osservare l’arbitraggio del toscano, ieri sera a Torino, per capire che il problema, pre e postcalciopoli, esisteva, esiste ed esisterà, in Italia e nel resto d’Europa.
Anche perché c’è una contraddizione, direi anche un equivoco, nel mondo del football. Qui possono viaggiare liberamente, da un Paese all’altro, calciatori, allenatori, medici, preparatori atletici, dirigenti, azionisti ma il solo settore inchiodato al proprio territorio di origine è quello arbitrale. Che, tuttavia, diventa dinamico quando arrivano le coppe e i tornei vari, arbitrando fuori dal proprio paese. Una libera circolazione degli arbitri porterebbe a una concorrenza più ampia, dunque uno stimolo professionale continuo con un miglioramento delle proprie prestazioni. Gli stessi attori, i calciatori e gli allenatori, avrebbero un comportamento diverso nei confronti dell’arbitro straniero, così la stampa che vede grigio, nelle designazioni, comunque e dovunque. Rocchi fa parte di questa casta, le sue decisioni di ieri, alcune discutibili, hanno ribadito una personalità non proprio da numero 10 mondiale, come da classifica, piuttosto una debolezza nei confronti delle proteste continue che poi si scarica nella lesa maestà e, ieri, con l’espulsione di Garcia. Il nostro campionato è già modesto di suo, gli arbitri sono in linea con la qualità scadente, nessuna tecnologia potrebbe risolvere il problema, semmai risolvere alcuni dubbi, fermo restando la mediocrità generale. Juventus e Roma hanno giocato un football aspro che andava gestito e disciplinato con autorità e fermezza. Tre calci di rigore fanno notizia ma è già accaduto più volte (ricordo un Brescia-Roma con 3 rigori e 4 espulsi), il risultato finale non cambia la sostanza, due squadre diverse dalle altre in serie A ma ancora vittime di una rivalità faziosa, alimentata da tifosi e giornalisti, non certo dai calciatori.
Tony Damascelli
La Gazzetta dello Sport
Ammettiamolo, ce la siamo giocata male. Per una volta il calcio europeo aveva spostato i riflettori sul nostro campionato. Intrigato dalla Roma di Manchester e curioso di pesare una Juve decisa finalmente ad alzare l’asticella a livello internazionale. Invece siamo finiti prigionieri dei nostri soliti vizi. Con un arbitro insicuro e fuori forma al punto da far riaffiorare il desiderio della moviola in campo; con nessuno dei nostri campioni che si sia preoccupato di aiutarlo; con tre espulsi; una montagna di ammoniti e un paio di mega-risse stile Far West. Più nervosismo, insomma, che calcio vero. Un clamoroso autogol. Peccato perché, stavolta, in campo di uomini-spettacolo ce n’erano più del solito. Invece, i giocatori di qualità, a esempio Pirlo e Pjanic, hanno finito per restare ai margini di una partita che è stata dominata dai nervi. Il risultato dello Juventus Stadium consente a Tevez e compagni di scappare via in testa alla classifica. Ma non c’è aria di fuga e non ci sono le condizioni per ripetere la cavalcata di un anno fa, chiusa con 17 punti di vantaggio proprio sulla Roma di Garcia. La squadra giallorossa esce sconfitta ma non ridimensionata da questo scontro frontale. Totti e compagni però devono imparare a essere più cinici in zona gol. Contro il City e contro i bianconeri hanno creato tanto ma finalizzato poco.
Juve e Roma partecipano, comunque, a un campionato nel campionato. Dopo appena sei giornate le altre presunte grandi sono già staccate in classifica. La più vicina, il Milan di Pippo Inzaghi, ha già sette lunghezze di ritardo dalla squadra di Allegri. Il problema è che le altre nobili della serie A sono incapaci di marciare con regolarità. Il loro campionato ricorda le montagne russe: un giorno protagonisti, l’altro sotto processo. Il caso simbolo è l’Inter, che sembrava la più credibile candidata al ruolo di terza incomoda: è «sparita» nel giro di otto giorni. Dopo lo schiaffo di Zeman è arrivata la batosta contro la Fiorentina. Mazzarri non perda troppo tempo a chiedersi se sia più o meno simpatico e si preoccupi di riaccendere una squadra in crisi d’identità. Soprattutto in mezzo al campo. Servono idee. Come quelle che ha avuto Montella dopo gli infortuni di Pepito Rossi e Gomez. Il tecnico viola ha scelto di avanzare Cuadrado di qualche metro, alla Bale per intenderci e di puntare sul ragazzino Babacar. Operazione riuscita. E c’è un altro bimbo d’oro, Bernardeschi, come prima alternativa. La Fiorentina si è ripresa il ruolo di candidata alla zona Champions e può far guarire Gomez senza dover accelerare i tempi di recupero. Dopo la sosta il calendario proporrà la sfida tra Fiorentina e Lazio, due tra le presunte nobili che sembrano aver trovato il giusto equilibrio. In ripresa anche il Napoli. La corsa per il preliminare Champions è più che mai aperta. A proposito, Mihajlovic ha portato la Samp al terzo posto. Alla vigilia il tecnico aveva ricordato una frase di Che Guevara: «Nessun passo indietro, neanche per prendere la rincorsa». E con l’Atalanta sono arrivati altri tre punti. Se le presunte grandi continueranno a temporeggiare potrebbe essere complicato andare a riprendere la creatura del bizzarro presidente Ferrero.