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 2014  ottobre 02 Giovedì calendario

Allarme renzite per il Cav

C’è un centrodestra che perde punti. Tanti. E c’è un centrodestra che ne guadagna. Non quanti ne servirebbero per mantenere invariato il fatturato complessivo della molto ipotetica coalizione, ma comunque abbastanza da far dire che c’è ancora vita, da quelle parti. Il centrodestra che perde è quello che fa a gara per appoggiare il governo Renzi: Forza Italia e Ncd sono in piena emorragia di consensi. Il centrodestra che cresce è fatto da chi, invece, rifiuta di collaborare: Lega e Fratelli d’Italia, che di questi tempi fanno coalizione a sé. Anche territorialmente la loro sembra una scelta azzeccata, con il Carroccio di Matteo Salvini che recupera consensi al Nord e il partito di Giorgia Meloni che si va radicando nel Centro e nel Sud e non pare più la creatura gracile di un tempo. Particolare importante: le due anime del centrodestra, quella “istituzionale”, che si riconosce nel Ppe, fatta da Forza Italia, Ncd e Udc, e quella “antieuropeista” di Lega e Fdi, che mette la lotta all’immigrazione in cima al programma, sono ormai comparabili: i primi scendono e valgono il 16,3%, gli altri hanno raggiunto il 12% e sono in crescita. Chi pensava che il fronte moderato avesse toccato il fondo alle Europee del 25 maggio deve insomma ricredersi. Malgrado da allora il governo si sia distinto solo per gli slogan e gli hashtag del premier, il divario è addirittura aumentato. Quel giorno il Pd uscì dalle urne con il 40,8% dei voti. Forza Italia e Ncd furono scelti, rispettivamente, dal 16,8 e dal 4,4% degli elettori (gli alfaniani, per aumentare le chances di passare la soglia del 4%, si presentarono in tandem con l’Udc). La Lega prese il 6,2% e Fratelli d’Italia, con il 3,7, non riuscì a mettere piede nel Parlamento europeo. Da allora a sinistra non è cambiato granché. Il sondaggio realizzato due giorni fa da Datamedia Ricerche per Il Tempo fotografa il Pd al 40,2%, quindi quasi sui livelli di allora. In netta ripresa rispetto alle rilevazioni delle scorse settimane, che lo davano al 38%: segno che la guerra a Massimo D’Alema e alla Cgil porta davvero consensi al premier, che infatti vede crescere la fiducia nei propri confronti dal 50 al 51%. Sul fronte opposto, invece, sono cambiate tante cose. Forza Italia è stimata al 13,3%: tre punti e mezzo meno di quanti ne prese alle Europee. In pochi giorni, secondo Datamedia, il partito di Silvio Berlusconi ha perso 1,7 punti. Male anche il partito di Angelino Alfano, che oggi veleggia al 2% (in una settimana ha perso 0,2 punti, ovvero un elettore su dieci). L’Udc (in calo anch’essa) è quotata all’1%. Se si ri-votasse oggi per le Europee, in altre parole, a Ncd e Udc non basterebbe accoppiarsi per superare la soglia di sbarramento. Curioso, ma fino a un certo punto, il fatto che in una settimana le tre sigle italiane affiliate al Partito popolare europeo abbiano perso, nel complesso, 2,1 punti, vale a dire quasi quanti ne ha guadagnati il Pd. Fenomeno che si spiegherebbe facilmente con il passaggio di alcuni elettori moderati dai partiti che portano acqua al mulino di Renzi (Forza Italia inclusa) al Pd, motivati magari dalla convinzione che sia meglio l’originale delle copie e che a dichiarare Renzi compatibile con i valori di centrodestra, in fondo, abbiano già provveduto Berlusconi, Alfano e Pier Ferdinando Casini. Discorso opposto per Fdi-An, che prosegue la propria lenta crescita e raggiunge la soglia fatidica del 4%. Mentre la Lega gestita da Salvini continua a vedere premiata la linea del ritorno alle origini e probabilmente attrae elettori delusi dagli altri partiti di centrodestra: il Carroccio raggiunge quota 8%, crescendo di quasi due punti rispetto a maggio. Il divario resta comunque drammatico a livello di coalizione. E non solo perché di una coalizione, a centrodestra, non si vede nemmeno l’ombra. Ammesso che tornino davvero insieme tutti quanti, e che in questo caso i loro voti si possano sommare senza perdite (ad esempio senza fughe di elettori verso il Movimento 5 Stelle), l’alleanza tra Fi, Ncd, Udc, Lega e Fdi varrebbe il 28,3%. Risultato che sancirebbe un distacco di dodici punti dal Pd, quando al voto di maggio il gap, che pure pareva abissale, era inferiore ai dieci. I sondaggi di altri istituti non danno risultati molto diversi: quello firmato Piepoli e datato 29 settembre vede il Pd al 40,5% (in crescita di mezzo punto), è un pochino più benevolo con Forza Italia (15,5%) e un po’ meno con Fdi (3%) e Lega (7%), ma fissa un identico distacco di dodici punti tra il presunto rassemblement di centrodestra e il solo Partito democratico.