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 2014  settembre 26 Venerdì calendario

Il negozio di Napoli dove si fa la coda è una libreria fallita

Le due guardie private che alle tre del pomeriggio si affacciano dalla porta ancora mezza chiusa della libreria Guida di via Port’Alba, leggono su un foglietto i nomi scritti a penna e li scandiscono ad alta voce: «Cassina. Attanasio. Pandice. Oliviero». Quando arrivano a «Esposito», dalla folla di almeno duecento persone e duecento ombrelli che intasano la stradina tra piazza Dante e piazza Bellini, rispondono in sei o sette, pure se quello che oltre un’ora prima ha messo il nome sul foglio, chiaramente è uno soltanto. 
Si scherza e quasi si fa comunità tra i tantissimi ragazzi e i tanti adulti e pure qualche anziano in attesa di avere accesso all’unico negozio di Napoli dove da due giorni per entrare bisogna mettersi in fila e mettere pure in conto che forse non si entrerà affatto, perché la fila è lunghissima. Guida Port’Alba sta svendendo le sue immense giacenze di volumi. La gran parte al trenta per cento del prezzo di copertina, qualcuno al cinquanta, quelli più antichi e preziosi (ce ne sono che valgono anche tremila euro) con uno sconto da stabilire caso per caso. 
È l’ultimo respiro di uno dei più antichi e prestigiosi salotti culturali di Napoli. Due piani di banchi, scaffali, boiseries , corridoi e sale dove sono passati Kerouac e Ginsberg, Ungaretti e Moravia. Nella Saletta rossa per decenni si è dibattuto di tutto, dalla politica alla poesia alla storia alla musica. E di letteratura, ovviamente. Poi, marzo 2013, il fallimento, la chiusura. Per fare l’inventario dei settecentomila volumi custoditi in questi locali, più le stampe, i gadget, gli arredi e i circa trecentomila libri conservati in un deposito in periferia, c’è voluto un anno e mezzo. E ora è arrivato il momento di smaltire tutto, con l’autorizzazione e sotto il controllo del tribunale fallimentare. 
I napoletani colgono l’occasione con ordine, mettendosi in fila con almeno un’ora di anticipo e inserendo il proprio nome in una lista autogestita (come succede in certi ambulatori ospedalieri o all’Inps), in attesa che cominci la distribuzione dei numeri e l’accesso a gruppi di cinquanta per volta. Tutto in un’altalena di sensazioni tra l’entusiasmo e la malinconia. L’entusiasmo dei più giovani, soprattutto universitari che stavolta spenderanno meno a comprare libri che a fare fotocopie, e la malinconia di chi, con qualche anno in più addosso, un ricordo legato a Guida Port’Alba è inevitabile che ce l’abbia: di testi scolastici comprati o venduti, di libri regalati o scelti per sé, di pomeriggi passatia girare tra banchi e scaffali. Di un tempo in cui non esistevano i megastore, non per i libri, almeno. Invece adesso a Napoli è una strage: prima lo sfratto di Treves, poi la chiusura di Guida Vomero e, solo pochi mesi fa, quella di Loffredo, sempre al Vomero. Tutti luoghi con una storia cancellata da affitti insostenibili e dalla prospettiva di vederci un giorno nemmeno tanto lontano l’ennesimo patatinificio, perché ora è questo che va: dopo i bar e le (ormai quasi estinte) sigarette elettroniche, le patatine fritte. 
Un destino che però per Guida Port’Alba dovrebbe essere scongiurato dal vincolo che impone l’utilizzo dei locali, anche quando saranno venduti, solo per iniziative culturali. Così magari non sembrerà una beffa quella targa di marmo affissa al muro sotto un’insegna ora impacchettata in grandi fogli di carta e cellophane. C’è inciso: «La libreria internazionale Alfredo Guida per l’attività libraria ed editoriale svolta è stata dichiarata bene culturale dello Stato». Ma sugli scontrini rilasciati a chi ora esce da quei locali con le borse piene di libri ci sono invece stampate due righe che raccontano dove è finito il bene culturale dello Stato: «Fallimento 77/2013. Lettura srl via Port’Alba 19».