La Stampa, 26 settembre 2014
Erick Thohir: «Inter e calcio italiano Ecco la mia ricetta per tornare grandi»
«Quando sono a Washington e vado a trovare i ragazzi della mia squadra, i Dc United, giro tranquillamente in jeans e maglietta, c’è chi mi riconosce e chi no. Da voi i tifosi sono scatenati, non posso uscire che mi circondano. Sono diventato più italiano, mangio più pasta e ho preso anche qualche chilo». Da quel 15 novembre è quasi passato un anno, ma Erick Thohir a certe nostre abitudini (spaghetti compresi) deve ancora farci l’occhio. Una tazza di tè, poi il presidente dell’Inter inizia a spiegare i suoi progetti. Colorati di nerazzurro, ma non solo.
Se l’aspettava così il calcio italiano?
«Mi aspettavo di trovarvi in una situazione di difficoltà, bastava confrontare la differenza tra i vostri ricavi e guadagni con i top club europei. Ma sapevo anche che questo è il torneo più duro di tutti, dove non c’è nulla di scontato. Il livello tecnico tattico è più alto, non dominano solo due squadre ma c’è un gruppo molto competitivo. In Germania, tanto per fare un esempio, se il Bayern affronta una squadra medio-piccola vince sempre con tanti gol di scarto, in Italia può succedere anche il contrario».
Che cosa l’ha sorpresa invece?
«Ero convinto che le cose qui andassero molto lentamente per troppa burocrazia invece ho trovato dirigenti ben disposti alla discussione. Un esempio? In due-tre mesi hanno recepito i miei suggerimenti per rendere più appetibile il prodotto italiano sui mercati internazionali, specialmente quelli orientali. Non avevo la pretesa di insegnare nulla, ma mi hanno dato retta inserendo un’altra finestra per le partite al sabato pomeriggio, quella delle 15».
Basterà per salvarci?
«È un inizio, ma è necessaria anche la riforma dei campionati. Venti squadre sono troppe, bisogna scendere a 18 per aumentare la competitività del campionato. Per fortuna l’esigenza è stata compresa, c’è l’intenzione di accelerare i tempi. Non possiamo più rimandare questa decisione, i club italiani stanno soffrendo troppo».
Esiste una ricetta per ridurre il gap con i grandi club europei?
«Rendere il prodotto calcio più ricco in tema di diritti tv, diminuire il numero delle squadre e non ultimo aspetto, avere degli stadi adeguati alle nostre esigenze. Con il Milan e le istituzioni dobbiamo portare avanti delle strategie condivise che ci permettano di migliorare lo stadio di San Siro - questo è stato il tema del pranzo di ieri con Barbara Berlusconi a Macherio -, nel 2016 ospiteremo la finale di Champions League, sarà un grande privilegio».
Magari anche giocarla... È questo che manca al brand della sua Inter per diventare davvero mondiale? Oppure un grande giocatore?
«Sarebbe un sogno vincere... Tutti noi conosciamo la storia dell’Inter, in due anni vogliamo tornare tra i dieci club più forti del mondo. Sul campo dobbiamo dare continuità alla presenza in Europa, e stiamo andando in questa direzione. Fuori, invece, serve una forte struttura manageriale. E anche qui, ho scelto le persone giuste».
Diritti tv, merchandising, strategie: d’accordo, ma dove può e deve arrivare l’Inter in questa stagione?
«Siamo passati da un ottavo a un quinto posto, ma anche questa è una posizione che ci sta stretta. Dobbiamo fare qualcosa di più perché abbiamo un tecnico competente e una squadra competitiva fatta di 25 giocatori. E possono bastare».
Le scelte di Mazzarri: le piacerebbe vedere in campo un’Inter con Palacio, Icardi e Osvaldo?
«Non tutti gli attaccanti possono giocare insieme, è giusto che ci sia un’alternanza, ci aspettiamo comunque che segnino almeno dieci gol a testa… Ecco, sarei sorpreso se non superassero quella quota».
Quanto è grande al momento il gap con la Juventus?
«Non li abbiamo ancora affrontati e quindi diventa difficile dirlo. Se guardiamo questo inizio di campionato direi che possiamo benissimo competere con loro. Ma il nostro obiettivo è migliorare il quinto posto, certo vincere lo scudetto non sarebbe poi male...».
Il rapporto con Massimo Moratti: è vero che ci sono state incomprensioni? E che lui sta pensando di cedere le sue quote?
«Moratti ha la carica di presidente onorario, non mi sembra che ci siano dei problemi. Le decisioni prese sono state condivise con lui e il dialogo non è mai mancato. Non va in trasferta a vedere le partite? Non piace nemmeno a me».
È possibile l’ingresso di nuovi soci?
«Serve stabilità e quindi questo mi sembra un processo difficile perché bisogna avere delle visioni comuni. Diverso invece se parliamo di sinergie, stiamo lavorando con i Dc United per creare un’accademia di calcio d’élite».
Dimentichi il fair play finanziario, quando sarà in grado di regalare ai tifosi un grande giocatore?
«Non è un aspetto importante, preferisco dare equilibrio alla squadra con interventi mirati».
Ma se Thohir avesse sessanta milioni da spendere chi comprerebbe?
«Siamo a posto, piuttosto vorrei dare tranquillità ai giocatori con alcuni rinnovi importanti come quelli di Icardi e Kovacic. Non sono il tipo che si fa prendere dal panico e magari compra senza una logica, sono convinto che serva la programmazione».
In mezzo ai problemi, c’è qualcosa che esporterebbe dal nostro Paese?
«Il vostro sistema di crescere i giovani».
Qual è il suo rito prepartita quando vede l’Inter in tv nella notte indonesiana?
«Non ne ho. Anzi, uno c’è: prego...». E ride.