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 2014  settembre 24 Mercoledì calendario

È il brand del premier: sempre contro i “vecchi”

Renzi è un brand, un marchio, con tre caratteristiche: giovinezza, novità e velocità. È comprensibile che attacchi vecchia guardia e sindacati”. Marco Belpoliti, scrittore, insegna Letteratura italiana e letterature comparate all’Università di Bergamo. Il suo ultimo libro è L’età dell’estremismo (Guanda).
   Da alcuni giorni Renzi non fa che indicare nemici: i sindacati, la minoranza Pd, i cosiddetti frenatori in genere. Lo fa per spostare l’attenzione da altri problemi o per addossare altri la colpa?
   «Lo fa perché funziona, perché contrappone il giovane e il cambiamento al vecchio, alla casta. Ma attenzione, lui non dice certe cose dopo aver fatto ricerche di mercato. Renzi produce il suo pubblico, con la forza persuasiva del suo messaggio».
   Perché?
   «È capace di fare ciò che riesce a gli attori o ai leader culturali: le sue parole producono la realtà. Renzi è un brand, come lo è Coca Cola. Vende se stesso, come nel marketing. Siamo come di fronte a una pubblicità. Lo faceva anche Berlusconi, anche lui aveva capito che in politica lo schema è cambiato».
   Detto questo, l’attacco ai vecchi del partito...
   «Nello schema del brand Renzi funziona perché attira l’attenzione. E perché rientra nella “storia” che lui racconta: quella del cambiamento, del giovane che non ha paura, come accennavo prima».
   Come si vende il premier, qual è la forza del suo messaggio?
   «I punti principali sono giovinezza, novità e velocità. Sono i messaggi che lancia a tutti gli elettori, trasversali, perché ormai siamo oltre la sinistra e la destra. E il fatto linguistico è perfino più importante del contenuto, a contare è la modernità della comunicazione».
   Cioè?
   «Faccio un esempio: il video in cui Renzi attacca i sindacati e imita la Camusso. È una novità, non lo aveva mai fatto nessuno».
   Come ci contrappone a Renzi?
   «Dal punto di vista del messaggio in questo momento non può farlo nessuno. E di certo non si può inseguire sui contenuti, sarebbe sbagliato. Il renzismo è una procedura di marketing che consiste nel raccontare storie».
   Gli oppositori cercano sempre di assimilarlo a Berlusconi, lo accusano di intelligenza con il “nemico”.
   «Quell’aspetto non conta nulla. Renzi va in consiglio di amministrazione e discute con l’azionista Berlusconi. Ma è un qualcosa che rimane dietro la scena. Ciò che è importante all’esterno sono le sue battute, il far parlare di sè, la sua camicia bianca».
   Perché la indossa sempre?
   «È un altro elemento del marchio. Evoca la pulizia, il candore, la giovinezza. E rimanda al terziario avanzato, ai white collar (colletti bianchi), ai manager».
   Si è parlato molto del fatto che è ingrassato. Lei ha scritto Il corpo del Capo , incentrato su Berlusconi: che ne pensa?
   «Non lo ritengo un aspetto fondamentale. Forse lo rende più simpatico, sì. In fondo è anche un gesto di affetto dire a qualcuno che sta ingrassando. Ma credo che il suo peso dipenda essenzialmente dal tipo di vita che deve condurre».