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 2014  settembre 22 Lunedì calendario

Riccardo Muti lascia l’Opera di Roma e accusa i sindacati • Capricci e follie che rendono ingestibili i teatri lirici italiani • Nel 2100 sulla Terra ci saranno 12 miliardi di esseri umani • Il Comune di Elmas paga chi emigra all’estero • La prima sbronza arriva a 11 anni

 

Muti 1 Riccardo Muti lascia l’Opera di Roma. «Un gesto a cui è stato spinto per le continue proteste dei lavoratori aderenti alla Cgil e alla Fials, che hanno un certo peso all’interno dell’orchestra. Una minoranza che si muove tra rivendicazioni e privilegi, contro la volontà della maggioranza degli altri dipendenti, ha di fatto determinato l’addio di un grande direttore a un teatro che gioca in serie A solo a tratti. Il direttore d’orchestra, in una lettera al sovrintendente Carlo Fuortes, comunica l’intenzione di rinunciare ai suoi impegni nel teatro per la prossima stagione, l’Aida inaugurale del 27 novembre e Le nozze di Figaro, a causa del “perdurare delle problematiche emerse durante gli ultimi tempi”. Si riferisce alla guerra sindacale ancora in atto, dopo il piano di risanamento che ha scongiurato la chiusura del teatro per il deficit della gestione di Catello De Martino (oltre 28 milioni di debito, 12 milioni e 900 mila solo nel 2013). Il direttore aggiunge: “Nonostante tutti i miei sforzi per contribuire alla vostra causa, non ci sono le condizioni per poter garantire quella serenità per me necessaria al buon esito delle rappresentazioni”. Muti non scrive in maniera esplicita che si dimette, ma non deve farlo: il suo incarico di direttore onorario a vita non contempla un contratto, viene pagato con il cosiddetto top fee (25 mila euro a recita). È la seconda volta, dopo Sinopoli, che un direttore di fama, dopo averci lavorato per un breve arco di tempo, abbandona il teatro romano» (Cappelli, Cds)

Muti 2 Il clima di tensione all’Opera, tra assemblee indette durante le prove, scioperi proclamati e poi ritirati all’ultimo minuto, era culminato in un’irruzione di alcuni sindacalisti nel camerino del maestro durante le prove di Manon Lescaut e nella mancata partecipazione di circa trenta elementi dell’orchestra, tra cui il primo violino, nella tournée in Giappone dello scorso giugno (Cappelletto, Sta).

Teatri lirici 1 Alberto Mattioli, su La Stampa, fa notare che «con queste regole e con questi sindacati, i teatri lirici italiani sono ingestibili». Ad esempio la prima del balletto Romeo et Juliette di Sasha Waltz, alla Scala, nel 2012 saltò del tutto. I coristi, che dovevano muovere la testa a ritmo di musica, chiesero l’indennità da «prestazione speciale», i ballerini una gratifica perché il palcoscenico era stato leggermente inclinato dallo scenografo. Il sovrintendente Stéphane Lissner disse no e lo spettacolo non si fece. Poi si ricordano proteste e assemblee, dal Carlo Felice di Genova al Massimo di Palermo, perché in buca la temperatura era di qualche grado più bassa di quanto previsto (a Palermo i professori si presentarono polemicamente in cappotto). «Le indennità sono un capitolo a parte. Indennità lingua per i coristi perché disgraziatamente Wagner o Bizet hanno avuto la cattiva idea di non scrivere in italiano, indennità frac per i professori d’orchestra, indennità umidità se lo spettacolo è all’aperto, indennità video se viene ripreso. All’Arena c’è l’indennità arma, giusto compenso alla fatica di dover portare l’alabarda nel Trovatore o lo scudo in Aida. Un’estate il regista di Nabucco, Denis Krief, decise che ne aveva abbastanza e fece irrompere nel tempio di Gerusalemme degli assiri perfettamente disarmati. […] (Mattioli, Sta).

Teatri lirici 2 Mattioli sull’Opera di Roma: «L’Opera di Roma è sempre stata il peggio del peggio, altro che “vertice della produzione lirica mondiale” come da comunicato mitomane che annuncia l’addio di Muti (o i pezzi dei giornalisti di corte sul “miglior teatro italiano”, sì, ciao core). Il fondo lo si toccò a una prova della Valchiria diretta dal grande Giuseppe Sinopoli in un teatro pieno di studenti. Alla fine, Sinopoli annunciò ai ragazzi: «Adesso vi facciamo sentire il tema della spada». Servivano pochi secondi, ma si alzò un sindacalista e disse: “Maestro, la prova è finita”. Sandro Cappelletto, che era in sala, vide Sinopoli spezzare la bacchetta per la rabbia. Del resto nella capitale la musica «è» Santa Cecilia, non certo l’Opera. All’Opera facciamoci un parcheggio» (ibidem).

Elmas Visto che a Elmas (Cagliari) non c’è lavoro, il Comune, con il progetto “Adesso parto”, paga a chi emigra all’estero il viaggio di sola andata, le prime spese di soggiorno e anche un corso d’inglese. Si può andare in qualunque capitale europea, a patto che si viva a Elmas da almeno tre anni e che non sia stata superata la soglia dei cinquant’anni d’età. Il sindaco Valter Piscedda: «Noi non vogliamo incentivare l’emigrazione ma siamo realisti: le politiche del lavoro nella nostra regione hanno fallito. Con questo progetto diamo un contributo ai ragazzi che non sono disposti ad arrendersi. Non possiamo accettare che passino le giornate a bighellonare al bar: facciamo in modo che vadano fuori, che imparino un’altra lingua, che acquisiscano nuove competenze e che magari tornino in paese con un il gruzzolo necessario per costruire casa e metter su famiglia». “Adesso parto” gode già di un finanziamento di 12 mila euro, ma si prevede che le domande saranno molte più del previsto. (Pinna, Sta)

Terra Oggi sulla Terra siamo circa 7,2 miliardi ma raggiungeremo i 12 miliardi entro il 2100. È il risultato di una nuova analisi svolta dai demografi dell’università di Washington sui dati più recenti delle Nazioni Unite — e pubblicata sulla rivista Science — a far rivedere al rialzo tutte le stime sulla popolazione mondiale. In particolare, la ricerca smonta il mito del 2050 come anno del picco della nostra crescita, cioè il momento in cui l’umanità dovrebbe raggiungere il suo massimo assestandosi intorno ai nove miliardi di individui per poi cominciare a ridursi. Adrian Raftery, autore dello studio: «C’è una probabilità del 70 per cento che questo non avvenga affatto perciò il tema della crescita demografica, che ultimamente è stato quasi messo da parte nell’agenda mondiale, deve tornare a essere fondamentale ». Se i calcoli sono corretti, questioni come la disponibilità di acqua, cibo e servizi sanitari per tutti si riproporranno in maniera drammatica (Bencivelli, Rep).

Sbronze Secondo il ministero della Salute gli under 30 «rappresentano il 9,1% dell’utenza a carico presso i servizi per l’alcoldipendenza». La prima sbronza, poi, arriva sempre più presto: già tra gli 11 e i 12 anni, dicono i medici. E per l’Istat più di due ragazzi su cento (nella fascia 11-24 anni) si sono ubriacati almeno una volta. Mentre oltre un under 20 su tre — scrive Espad, progetto europeo di ricerca sul consumo di alcol e droghe tra gli studenti — è stato protagonista del «binge drinking», le abbuffate etiliche in un breve intervallo di tempo, nell’ultimo mese prima della rilevazione. Soprattutto al Nord, calcola il Dipartimento politiche antidroga: a superare più spesso i limiti sono i maschi, anche se le femmine sono in aumento (Berberi, Cds)

(a cura di Roberta Mercuri)