Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  settembre 05 Venerdì calendario

No, Leopardi non è un film

Il 5 luglio 1838, Giacomo Leopardi, in una delle tenerissime lettere all’amica Antonietta Tommasini, scrive la celebre frase: «Io non ho bisogno di stima, né di gloria, né di altre cose simili; ma ho bisogno d’amore». La citazione dell’epistolario torna in mente ascoltando le parole di Mario Martone, che al Festival di Venezia ha presentato Il giovane favoloso: «Non c’è bisogno né di aver studiato la storia italiana, né di conoscere le opere di Leopardi per seguire la sua storia. Per vedere il mio film bastano anima e cuore». L’occasione cinematografica dunque è una buona scusa per tornare a parlare di uno dei poeti più importanti della storia della letteratura italiana. «Sono due, Dante e Leopardi!», spiega immediatamente Pietro Citati, scrittore e critico letterario che nel 2010 ha dato alle stampe un grandioso omaggio all’autore delle Operette morali (Leopardi, Mondadori).
 Nel film...
«...Sì, ho letto che è stato fatto un film. Non l’ho visto, magari è un bel lavoro. Però aspetti: io credo che di Leopardi si possa scrivere, che naturalmente lo si possa leggere. Ma non si può vedere. Non è il modo giusto per rappresentarlo: il cinema è una forma narrativa che non si adatta assolutamente a Leopardi. Potrebbe adattarsi a Manzoni, di cui abbiamo molte immagini».
Martone ha detto: «Era un ribelle. Come Pasolini è un non allineato, un anticonformista poco compreso dai suoi contemporanei. Un intellettuale universale».

«Non sono d’accordo. Non c’è alcuna relazione tra Leopardi e Pasolini. Leopardi è stato quasi completamente sconosciuto, non letto. Le sue opere cominciano a circolare vent’anni dopo la sua morte. Pasolini è stato protagonista della sua epoca, è stato molto letto e discusso. Non dimentichiamo che scriveva sui giornali».
Nel suo libro racconta un giovane Giacomo vivace e allegro.
«
È un ragazzino gioioso, lieto, pieno di immaginazione, gran condottiero di giochi. Poi si ammala di tubercolosi ossea, e lui si convince che le due celebri gobbe che gli erano spuntate fossero causate da rachitismo, per via dell’abitudine che aveva di scrivere sdraiato a terra. S’incolpa di quella deformità, che pensava essere l’effetto degli anni di studio matto e disperatissimo. Invece la tubercolosi ossea è una malattia totale, che non investe solo il sistema osseo, ma anche gli occhi, lo stomaco, gli intestini. Una malattia sistematica, che distruggeva il suo corpo. La malattia si è rivelata quando lui aveva diciotto anni. E al tempo stesso si è ammalato anche di depressione: da qui le sue ondate di disperazione, alternate a stati euforici».
Invece noi abbiamo un’immagine piatta, monodimensionale di Leopardi: il pessimismo cosmico.
«Leopardi era una persona doppia, al tempo stesso piena di felicità e senza felicità. Comunque lo si guardi, Leopardi rivela questo aspetto doppio. A distanza di pochi giorni, passa da un estremo all’altro, dalla gioia assoluta alla disperazione più nera. E non solo: passa da un’idea all’altra, da un sistema di idee a un altro, completamente diverso».
Anche il conte Monaldo è stato oggetto di narrazioni mistificate: lo immaginiamo un severissimo padre-padrone.
«Monaldo era anche una madre affettuosa. Giacomo non ha avuto la mamma: la madre, Adelaide Antici, era una donna austera, molto devota, ma assolutamente anaffettiva, di quell’incredibile freddezza che il figlio descrive nel ritratto materno nello Zibaldone. Monaldo era affettuoso, ma contemporaneamente cercava di renderlo schiavo. Tiene Giacomo prigioniero a Recanati, tanto che lui è costretto a fuggire».
Si è parlato, durante la presentazione della pellicola, anche di una presunta omosessualità di Leopardi.
«Nell’erotismo di quel periodo, fortemente influenzato da Rousseau, l’amore per la donna e l’amore per l’uomo confondono molto le loro tinte tra di loro. Non c’è dubbio che lui non abbia mai avuto alcun rapporto omosessuale con Ranieri, ma al tempo stesso lo amava come si può amare una donna».
E Fanny Targioni Tozzetti?
«Di Fanny era sicuramente innamorato: aveva un’ossessione sessuale verso di lei».
È vero che “Aspasia” dichiarò di aver respinto Leopardi perché puzzava?
«È vero, ha detto questo e molte altre cose terribili di Leopardi. C’è una corrispondenza tra Fanny e Pietro Giordani in cui lei dice che lo ripugnava, che non aveva nemmeno simpatia per lui. Ha detto perfino che non sapeva affatto che Leopardi fosse innamorato di lei. Questa è una menzogna, perché lei lo sapeva benissimo. Di sicuro non lo ricambiava in nessun modo».
Leopardi è ancora un poeta amato dai ragazzi?
«I giovani non amano – ingiustamente – Manzoni ma amano Leopardi. Perché emana un senso di vastità e grandezza. Poi c’è la tragedia. E un’intelligenza straordinaria: lo Zibaldone è il libro più intelligente che sia stato scritto in Italia, è un libro difficile, ma che non perde mai, dall’inizio alla fine, la tensione intellettuale. E i ragazzi sono affascinati da queste cose. Detto questo, credo che abbiamo idee molto convenzionali su quello che amano o non amano i giovani».
Qual è il peggior mito su Leopardi?
«Che fosse un infelice. Una professoressa diceva, non parlando di letteratura ma di “sentimento dell’esistenza”: “Tra Foscolo e Leopardi, sempre Foscolo”. Leopardi era molto più intelligente di Foscolo, che era un uomo eccessivamente recitativo e assai poco affascinante. Tanto che Gadda negli ultimi anni della sua vita fece un radiodramma, in cui prendeva in giro l’enfasi di Foscolo».
A scuola ci crescono a pane e Infinito. Quali sono le opere più dimenticate?.
«Le Canzoni, che scrive contemporaneamente all’Infinito, composte in una lingua completamente immaginaria, forgiata sul latino. Ma tutta l’opera di Leopardi è magnifica: lo Zibaldone, i Pensieri, Le memorie del primo amore».