La Domenica del Corriere, domenica 28 maggio 1899 , 9 settembre 2014
Tags : Pubblicità stampata tedesca
Il problema della réclame
La Domenica del Corriere, domenica 28 maggio 1899
Nei primi giorni del prossimo giugno verrà inaugurato a Genova, negli ampi locali di quel teatro Carlo Felice, una esposizione internazionale di réclames artistiche, la quale riuscirà interessante per i curiosi non solo, ma utile probabilmente dacchè anche in Italia l’arte ha cominciato a mettersi al servizio della réclame. All’estero nessun artista anche promosso sdegna più, se l’occasione si presenta, di misurarsi in concorsi per manifesti; esistono anzi pubblicazioni di gran lusso intese a riprodurre i migliori fra i cento ed i mille che si succedono senza tregua nei muri delle vie.
La réclame! Una volgarità, sembra, mentre invece essa è più che importante, necessaria al commercio quanto l’ossigeno ai polmoni. Va in proposito un opuscolo del signor Carl Kuchenmeister (1), che può insegnare qualcosa anche agli italiani quantunque esso sia dedicato ai negozianti tedeschi. Si sa infatti quale estensione e sviluppo hanno dato i tedeschi da 10 anni al loro commercio, al punto da lottare ormai con gli inglesi in quasi tutti i punti del globo. Pure il Kuchenmeister trova che i tedeschi non fanno ancora abbastanza e il suo opuscolo ha soprattutto lo scopo di guidarli e insegnar loro come si deve agire, affinché l’annuncio sia profittevole e rimunerativo.
Convinto dell’efficacia degli annunzi egli presenta i seguenti aforismi come assiomi indiscutibili:
Una buona reclame è oro in verghe;
La réclame ben compresa è l’anima del successo;
L’uomo abile in réclame riuscirà infallibilmente;
Senza la réclame, non c’è, successo possibile; la capacità di direzione, la solidità di giudizio e l’intelligenza non valgono la réclame.
Nondimeno egli constata che un certo numero di commercianti a ripugnanza per la pubblicità, e per diverse ragioni. Ci sono coloro per i quali la réclame è inutile frastuono o puro ciarlatanismo e che dicono: «Le buone Case non hanno bisogno di réclame». Il non fare reclame è per essi come una specie d’astuzia particolare, che permette loro di classificare le loro Case tra le migliori.
Vengono poi quelli che ragionano quasi in modo uguale, dicendo:«Noi non abbiamo bisogno di réclame. I nostri viaggiatori ci bastano».
- «Vi ingannate» - risponde loro l’autore dell’opuscolo - e potreste forse apprendere un giorno a vostre spese quanto costa il lasciar libero il terreno alla concorrenza. In materia commerciale non c’è monopolio, non c’è fortezza che sia inespugnabile.
Lo stesso Krupp , che può essere considerato come un una di queste fortezze poiché, fino a un certo punto, tiene una specie di monopolio, non è al coperto della concorrenza. Un’invenzione rimarchevole che portasse una rivoluzione nell’industria dei cannoni potrebbe fargli perdere il preponderante posizione che egli occupa. I più grandi industriali non devono mai dimenticare che il loro enorme successo mette in movimento milioni di intelligenze che cercheranno di lottare con essi, poiché non v’è nessuna legge che prescriva ai clienti di fornirsi sempre alla medesima fonte, è un abile concorrente che adoperi contro di essi la réclame intelligente, potrà poco a poco pervenire a soppiantarli.
Ecco come si spiega che una Casa fiorente sotto l’avo, prospera ancora sotto il figlio, declina sotto il nipote e finalmente sparisce.
Da qui il Kuchenmeister trae l’altro aforisma:
Ogni commerciante che non fa réclame abbandona il mercato ai suoi concorrenti, che ne fanno.
Ma gli avversari più risoluti della reclame non sono quelli. Sono invece coloro che avendone usato ed abusato, vi rinunziano, poiché dicono di non avervi trovato alcun profitto. Hanno forse gettato a dritta e a sinistra per qualche anno ogni sorta di reclame -inserzioni sui giornali, circolari e cataloghi spediti al domicilio, prospetti e prezzi correnti distribuiti sulla pubblica via,- hanno forse profuso grandi somme a questo modo, e quando il contabile presentò loro i conti, si sono accorti con rammarico che lo smercio non copriva le spese di réclame. Allora ne hanno tratto la conclusione che la pubblicità è inutile -e la conclusione era falsa, falsissima ma, poiché l’insuccesso non era proveniente dalla pubblicità che essi avevano fatto.
La réclame è un’arte; il suo impiego per essere rimunerativo domanda riflessione e discernimento.
Nei primi giorni del prossimo giugno verrà inaugurato a Genova, negli ampi locali di quel teatro Carlo Felice, una esposizione internazionale di réclames artistiche, la quale riuscirà interessante per i curiosi non solo, ma utile probabilmente dacchè anche in Italia l’arte ha cominciato a mettersi al servizio della réclame. All’estero nessun artista anche promosso sdegna più, se l’occasione si presenta, di misurarsi in concorsi per manifesti; esistono anzi pubblicazioni di gran lusso intese a riprodurre i migliori fra i cento ed i mille che si succedono senza tregua nei muri delle vie.
La réclame! Una volgarità, sembra, mentre invece essa è più che importante, necessaria al commercio quanto l’ossigeno ai polmoni. Va in proposito un opuscolo del signor Carl Kuchenmeister (1), che può insegnare qualcosa anche agli italiani quantunque esso sia dedicato ai negozianti tedeschi. Si sa infatti quale estensione e sviluppo hanno dato i tedeschi da 10 anni al loro commercio, al punto da lottare ormai con gli inglesi in quasi tutti i punti del globo. Pure il Kuchenmeister trova che i tedeschi non fanno ancora abbastanza e il suo opuscolo ha soprattutto lo scopo di guidarli e insegnar loro come si deve agire, affinché l’annuncio sia profittevole e rimunerativo.
Convinto dell’efficacia degli annunzi egli presenta i seguenti aforismi come assiomi indiscutibili:
Una buona reclame è oro in verghe;
La réclame ben compresa è l’anima del successo;
L’uomo abile in réclame riuscirà infallibilmente;
Senza la réclame, non c’è, successo possibile; la capacità di direzione, la solidità di giudizio e l’intelligenza non valgono la réclame.
Nondimeno egli constata che un certo numero di commercianti a ripugnanza per la pubblicità, e per diverse ragioni. Ci sono coloro per i quali la réclame è inutile frastuono o puro ciarlatanismo e che dicono: «Le buone Case non hanno bisogno di réclame». Il non fare reclame è per essi come una specie d’astuzia particolare, che permette loro di classificare le loro Case tra le migliori.
Vengono poi quelli che ragionano quasi in modo uguale, dicendo:«Noi non abbiamo bisogno di réclame. I nostri viaggiatori ci bastano».
- «Vi ingannate» - risponde loro l’autore dell’opuscolo - e potreste forse apprendere un giorno a vostre spese quanto costa il lasciar libero il terreno alla concorrenza. In materia commerciale non c’è monopolio, non c’è fortezza che sia inespugnabile.
Lo stesso Krupp , che può essere considerato come un una di queste fortezze poiché, fino a un certo punto, tiene una specie di monopolio, non è al coperto della concorrenza. Un’invenzione rimarchevole che portasse una rivoluzione nell’industria dei cannoni potrebbe fargli perdere il preponderante posizione che egli occupa. I più grandi industriali non devono mai dimenticare che il loro enorme successo mette in movimento milioni di intelligenze che cercheranno di lottare con essi, poiché non v’è nessuna legge che prescriva ai clienti di fornirsi sempre alla medesima fonte, è un abile concorrente che adoperi contro di essi la réclame intelligente, potrà poco a poco pervenire a soppiantarli.
Ecco come si spiega che una Casa fiorente sotto l’avo, prospera ancora sotto il figlio, declina sotto il nipote e finalmente sparisce.
Da qui il Kuchenmeister trae l’altro aforisma:
Ogni commerciante che non fa réclame abbandona il mercato ai suoi concorrenti, che ne fanno.
Ma gli avversari più risoluti della reclame non sono quelli. Sono invece coloro che avendone usato ed abusato, vi rinunziano, poiché dicono di non avervi trovato alcun profitto. Hanno forse gettato a dritta e a sinistra per qualche anno ogni sorta di reclame -inserzioni sui giornali, circolari e cataloghi spediti al domicilio, prospetti e prezzi correnti distribuiti sulla pubblica via,- hanno forse profuso grandi somme a questo modo, e quando il contabile presentò loro i conti, si sono accorti con rammarico che lo smercio non copriva le spese di réclame. Allora ne hanno tratto la conclusione che la pubblicità è inutile -e la conclusione era falsa, falsissima ma, poiché l’insuccesso non era proveniente dalla pubblicità che essi avevano fatto.
La réclame è un’arte; il suo impiego per essere rimunerativo domanda riflessione e discernimento.