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 2014  settembre 03 Mercoledì calendario

La lotta e i lottari di Parigi (articolo del 22/1/1899)

La domenica del Corriere, domenica 22 gennaio 1899

La moda del giorno è per la lotta. Parigi se n’è impadronita e, come avviene sempre, la successione si è propagata per il mondo. Non si tratta più della lotta come manifestazione dell’atletismo e che in Austria, in Russia, in Germania ha i suoi cultori severi, ma della lotta la quale deve servire a base di spettacolo teatrale.
In meno di un mese due campionati mondiali si sono tenuti a Parigi, e subito se ne annunziarono altri in ogni parte del mondo. I proprietari di café-chantants, i quali veggono i soliti numeri in ribasso, s’ingolosirono subito dei bei guadagni fatti che con tal sorta di spettacoli dal Casinò di Parigi, e si affrettarono a bandir dei concorsi, trovando, come già a Parigi, dei giornali sportivi compiacenti per far passare come manifestazione sportiva, ciò che non è che una forma nuova della speculazione teatrale.
I lottatori, la cui professione, causa i trucchi e gli imbrogli troppo frequenti, era caduta enormemente in ribasso, veggono aprirsi un orizzonte nuovo. E poiché ogni nazione vorrà avere, a simiglianza di Parigi, uno o due campionati mondiali, così ogni persona che eserciti la professione della lotta, potrà aspirare a chiamarsi campione del mondo.
Sportivamente quindi, questo ridestarsi della passione per la lotta non offre alcun interesse e alcuna serietà. Interessanti invece è lo studio di questi individui, che fanno scopo della loro esistenza lo sviluppo dei muscoli. Ho scelto alcuni fra i più notevoli della bella raccolta del marchese Monticelli, presidente del Club Atletico di Milano.
Il più nervoso dal punto di vista anatomico è certamente Giorgio Haekenschmidt di Pietroburgo. I suoi muscoli hanno uno sviluppo che ha del mostruoso e la sua forza come lottatore è formidabile. E l’unico il quale possa a buon diritto chiamarsi il campione mondiale di lotta, giacché il suo titolo se lo guadagnò lo scorso agosto a Vienna, in un concorso ideato e condotto con vera serietà sportiva.
Egli non ha preso parte ai recenti concorsi di Parigi, non riconoscendo negli organizzatore l’autorità di contestare o di distruggere ciò che si è regolarmente guadagnato e al quale pare ci tenga assai.
Paolo Pons, l’altro campione del mondo, quello cioè che si è guadagnato questo titolo nel primo concorso di Parigi, ha tenuto lo stesso sistema. Benché accusato di aver avuto il sopravvento sui suoi concorrenti con mezzi illeciti, massacrando quasi l’austriaco Netasa e violentando il polacco Pytlasinsky, non volle arrischiare nella seconda prova il titolo di campione.
Paolo Pons è ciò che si dice un bel colosso. Alto m. 1,95 con un torace che ha una circonferenza di m. 1,31 con delle braccia e delle gambe che misurano 45 cm, pesa 236 libbre.
In lui lo sviluppo dei muscoli non ha nulla di mostruoso. Una certa tendenza alla pinguedine a smorzare le sinuosità e di rilievi della muscolatura, togliendole l’eccessiva rigidezza propria degli studi di nudo.
Pons ha trentacinque anni e sino ai venticinque fece il meccanico. Da dieci anni a abbandonata l’officina per le scene da café-chantant , ove le sfide di lotta lo fanno faticare, ma gli hanno procurata un’esistenza più comoda e più lucrosa.
Il suo più formidabile competitore  del campionato di Parigi è stato Pytlasinsky , un polacco della Polonia russa. Meno gigantesco di Pons, il Pytlasinsky è forse un più bel campione di Ercole pagano, giacché è una giusta media fra il gigantismo di Pons e la mostruosità di Haekenschmidt. Questo polacco ama anzi farsi fotografare nelle pose delle statue greche, ponendo in rilievo la plastica eleganza della sua persona.
Fa il professore d’atletica a Pietroburgo ed è una prova evidente come la forza possa essere moltiplicata dall’agilità. Egli resiste a muscoli che hanno doppio sviluppo dei suoi, per la maestria con cui sa parare. Se Pons volle atterrarlo dovette quasi strozzarlo servendosi di una mossa proibita.
E lo stesso accadde a Cirillo Wetasa, il campione austriaco, il quale era rimasto con Pons e Pytlasinsky  solo in una gara.
Pons non potendo vincere l’avversario dopo averlo sollevato, lo buttò con tutta la forza per terra. L’altro fece una mossa di parata ma non abbastanza energica da paralizzare la brutalità del colpo. Raccolto dovette essere trasportato all’ospedale. Fu fortuna per Pons l’essere francese: lo chauvinisme, che si manifesta specialmente allorché si tratta di spettacoli violenti, giustificò quell’atto, che assicurava al campione francese la vittoria. E così il povero Wetasa, l’idolo dei pubblici austriaci, e forse il più bello dei lottatori moderni, quello cioè in cui agilità, gigantismo, sviluppo dei muscoli si raccolgono, potrè dire che la lotta francese è quella che fa vincere ad ogni costo il campione di Francia.

Questa passione per la virtù muscolare nella città più nevrotica del mondo, è certamente un fatto curioso. Alcuni la vollero spiegare come una reazione al disprezzo per la forza fisica che è propria delle nostra educazione, ma io credo piuttosto che il successo degli spettacoli di lotta vada ricercato in ciò ch’essi hanno di violento, di brutale e talora persino di crudele. È questa la droga emozionale che le frequentatrici del Casinò di Parigi ricercarono e assaporarono.
La rinascita fisica del Daryl e l’educazione fisica del nostro Mosso, non hanno nulla a che vedere con questo decadimento del gusto, e questa imbecillità morale. E i lottatori che divertivano i pubblici dei teatri popolari, portati dalla grossolanità delle abitudini ad ammirare la violenza, troveranno il loro risorgimento economico nel mondo cosiddetto elegante.

Biaggio