La Domenica del Corriere, domenica 16 aprile 1899, 3 settembre 2014
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Articoli su Jules Lemaître
La Domenica del Corriere, domenica 16 aprile 1899
Diamo qui il ritratto di Jules Lemaître per completare la galleria – aperta già con i ritratti di Deroulede, Marcel Habert e Dupuy – dei personaggi che l’affare Dreyfus ha messo in vista, tanto più che in breve egli dovrà comparire davanti ai giudici. Chi l’avrebbe detto, sino a pochi mesi fa, che il Lemaître dovesse entrare un giorno nel novero dei grandi agitatori della vicina Repubblica? Come mai lo studioso letterato, il critico finissimo che per lunghi anni usò compiacersi solo delle lotte per le idee, si sia lasciato travolgere dall’onda demolitrice dell’affaire, è mistero. Tutta la sua esistenza passata è in perfetta opposizione con quella che egli conduce negli ultimi mesi. Fino all’anno scorso Lemaître si è sempre tenuto in una si pacifica tranquillità che la sua vita, punto ricca di avvenimenti, si riassume in poche parole.
Nato il 27 aprile 1853 a Vennecy, studiò dapprima in un seminario di Parigi e poscia alla Scuola Normale Superiore, per darsi quindi all’insegnamento. Visse qualche tempo a Le Havre, in Algeri, a Besancon, a Grenoble e più tardi tornò a Parigi per dedicarsi al giornalismo letterario. I suoi studi nella Revue bleue sugli scrittori contemporanei, le sue cronache nel Figaro , le critiche drammatiche pubblicate nel Journal des Débats, i molteplici lavori drammatici e letterari scritti in vari tempi, gli acquistarono fama di letterato e di critico degno di lode.
Sopravviene l’affare Dreyfus: Lemaître – con un altro letterato famoso, poeta dolcissimo, Francois Coppee – rinnega, quasi, tutto il suo passato ed entra nel campo della triste lotta con un ardore inatteso. Il nome suo si identifica da allora con la «Lega della Patria Francese », una delle tante Leghe scaturite dall’agitazione dell’affaire. Questa della «Patria Francese » e fra tutte la più caratteristica, ed è anche stata fino a poco fa la più potente. Essa non ha un ideale, non uno scopo politico, non un credo: è diretto esclusivamente contro un certo numero di Francesi, contro tutti quelli che non pensano come i suoi membri. Per Jules Lemaître, quanti non odiano chi egli odia, e non amano che egli ama, sono tutti «senza – patria». Centinaia e centinaia di persone illustri, che onorano in faccia del mondo il nome francese, sono dei sans – patrie.
La Lega ha cominciato a denunciare Loew, Bard e lo stesso Manau, il vulnerabile procuratore generale della Cassazione. Una delle grandi figure della Repubblica, che – agli occhi dei Lemaître e dei Coppée – s’era reso colpevole perché credeva e crede all’innocenza di Freyfus. Ci fu un momento in cui, con le denunce e le intimidazioni, la Lega i suoi capi su accennati erano divenuti onnipotenti, imponendosi al Governo, al Parlamento, a tutti.
Ma ogni cosa finisce : e anche la strapotenza della Lega della Patria Francese e dei suoi capi è finita, dopo il pazzo tentativo rivoluzionario di Dérouléde. Gli uomini di governo si sono scossi; Dupuy , facendo gravare sulle leghe al suo pugno che sa essere di ferro, le ha ridotte all’impotenza. Nel stesso tempo la pubblicazione fatta di questi giorni da un giornale di Francia dei documenti dell’affare Dreyfus ha arrecato ai nemici della giustizia un colpo terribile. Esterhazy s Du Paty de Clam – quello un volgare furfante, questo il sottile organizzatore d’una trama infernale ordita per perdere un innocente – hanno confessato, in parte almeno, le loro colpe. Oramai si può ritenere che la causa di Dreyfus sia vinta.
Lemaître però non ha finito di agitarsi e di gridare sebbene lo faccia ora un po’ più dimessamente. Adesso che Deroublede è ridotto al silenzio della prigione, Lemaître, con Quesnay de Beaurepaire, è uno dei più infiammati tra gli antidreyfusisti militanti. Scrive articoli ed è oggetto di articoli, polemizza, lotta ardentemente.
Strano fenomeno quello di cui da ora rettangolo quest’uomo il quale, dopo tanti anni di beata tranquillità, scaldata solo da pure battaglie intellettuali, si getta a capofitto nel vortice d’una lotta feroce, per combattere la verità proprio quando la verità sta finalmente per trionfare perché tutti sentono che deve trionfare!
– Io ho un gran rispetto per la verità. – me ne accorgo, perché le stai sempre ad una più che rispettosa distanza.
Diamo qui il ritratto di Jules Lemaître per completare la galleria – aperta già con i ritratti di Deroulede, Marcel Habert e Dupuy – dei personaggi che l’affare Dreyfus ha messo in vista, tanto più che in breve egli dovrà comparire davanti ai giudici. Chi l’avrebbe detto, sino a pochi mesi fa, che il Lemaître dovesse entrare un giorno nel novero dei grandi agitatori della vicina Repubblica? Come mai lo studioso letterato, il critico finissimo che per lunghi anni usò compiacersi solo delle lotte per le idee, si sia lasciato travolgere dall’onda demolitrice dell’affaire, è mistero. Tutta la sua esistenza passata è in perfetta opposizione con quella che egli conduce negli ultimi mesi. Fino all’anno scorso Lemaître si è sempre tenuto in una si pacifica tranquillità che la sua vita, punto ricca di avvenimenti, si riassume in poche parole.
Nato il 27 aprile 1853 a Vennecy, studiò dapprima in un seminario di Parigi e poscia alla Scuola Normale Superiore, per darsi quindi all’insegnamento. Visse qualche tempo a Le Havre, in Algeri, a Besancon, a Grenoble e più tardi tornò a Parigi per dedicarsi al giornalismo letterario. I suoi studi nella Revue bleue sugli scrittori contemporanei, le sue cronache nel Figaro , le critiche drammatiche pubblicate nel Journal des Débats, i molteplici lavori drammatici e letterari scritti in vari tempi, gli acquistarono fama di letterato e di critico degno di lode.
Sopravviene l’affare Dreyfus: Lemaître – con un altro letterato famoso, poeta dolcissimo, Francois Coppee – rinnega, quasi, tutto il suo passato ed entra nel campo della triste lotta con un ardore inatteso. Il nome suo si identifica da allora con la «Lega della Patria Francese », una delle tante Leghe scaturite dall’agitazione dell’affaire. Questa della «Patria Francese » e fra tutte la più caratteristica, ed è anche stata fino a poco fa la più potente. Essa non ha un ideale, non uno scopo politico, non un credo: è diretto esclusivamente contro un certo numero di Francesi, contro tutti quelli che non pensano come i suoi membri. Per Jules Lemaître, quanti non odiano chi egli odia, e non amano che egli ama, sono tutti «senza – patria». Centinaia e centinaia di persone illustri, che onorano in faccia del mondo il nome francese, sono dei sans – patrie.
La Lega ha cominciato a denunciare Loew, Bard e lo stesso Manau, il vulnerabile procuratore generale della Cassazione. Una delle grandi figure della Repubblica, che – agli occhi dei Lemaître e dei Coppée – s’era reso colpevole perché credeva e crede all’innocenza di Freyfus. Ci fu un momento in cui, con le denunce e le intimidazioni, la Lega i suoi capi su accennati erano divenuti onnipotenti, imponendosi al Governo, al Parlamento, a tutti.
Ma ogni cosa finisce : e anche la strapotenza della Lega della Patria Francese e dei suoi capi è finita, dopo il pazzo tentativo rivoluzionario di Dérouléde. Gli uomini di governo si sono scossi; Dupuy , facendo gravare sulle leghe al suo pugno che sa essere di ferro, le ha ridotte all’impotenza. Nel stesso tempo la pubblicazione fatta di questi giorni da un giornale di Francia dei documenti dell’affare Dreyfus ha arrecato ai nemici della giustizia un colpo terribile. Esterhazy s Du Paty de Clam – quello un volgare furfante, questo il sottile organizzatore d’una trama infernale ordita per perdere un innocente – hanno confessato, in parte almeno, le loro colpe. Oramai si può ritenere che la causa di Dreyfus sia vinta.
Lemaître però non ha finito di agitarsi e di gridare sebbene lo faccia ora un po’ più dimessamente. Adesso che Deroublede è ridotto al silenzio della prigione, Lemaître, con Quesnay de Beaurepaire, è uno dei più infiammati tra gli antidreyfusisti militanti. Scrive articoli ed è oggetto di articoli, polemizza, lotta ardentemente.
Strano fenomeno quello di cui da ora rettangolo quest’uomo il quale, dopo tanti anni di beata tranquillità, scaldata solo da pure battaglie intellettuali, si getta a capofitto nel vortice d’una lotta feroce, per combattere la verità proprio quando la verità sta finalmente per trionfare perché tutti sentono che deve trionfare!
– Io ho un gran rispetto per la verità. – me ne accorgo, perché le stai sempre ad una più che rispettosa distanza.