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 2014  agosto 19 Martedì calendario

Il poliziotto bianco ha sparato al ragazzo nero sei colpi di pistola, quattro al braccio e due in testa, e, di questi due, uno è entrato dalla nuca, segno che forse il ragazzo nero era stato fatto girare o che stava scappando

Il poliziotto bianco ha sparato al ragazzo nero sei colpi di pistola, quattro al braccio e due in testa, e, di questi due, uno è entrato dalla nuca, segno che forse il ragazzo nero era stato fatto girare o che stava scappando. Testimoni dicono che il ragazzo nero aveva le mani alzate. La polizia invece dice che ha spintonato l’agente che lo aveva fermato. I medici legali stanno esaminando adesso i vestiti per capire se il ragazzo nero, quando è stato ammazzato, si trovava vicino al poliziotto bianco. Se il ragazzo nero era vicino al poliziotto bianco, che cosa dobbiamo pensare tenendo conto del foro sulla nuca? E come mai addirittura sei colpi? Ecco quello che si domandano gli abitanti di Ferguson, nel Missouri. Il poliziotto bianco non è stato ancora arrestato, come chiede da ieri sera la madre del ragazzo nero. La madre del ragazzo nero si chiama Lesley McSpadden.

Il ragazzo nero, invece, si chiama Michael Brown.
E il poliziotto bianco che ha sparato Darren Wilson. Ci sono voluti dieci giorni per sapere il suo nome, e il nome è uscito fuori soprattutto perché quelli di Anonymous, dopo aver forzato i server della polizia, avevano diffuso un nome sbagliato, il nome di uno che non fa neanche parte della stazione di Ferguson. Ferguson è un sobborgo di St. Louis, 21 mila abitanti, due terzi dei quali neri. La locale stazione di polizia ha 53 agenti, quasi tutti bianchi. Il ragazzo nero è stato ammazzato il 9 agosto, di sera. Qui bisogna districarsi tra le fonti nere e le fonti della polizia. Le fonti nere parlano di «ragazzino che stava andando a trovare la nonna» e sottolineano che s’era appena diplomato e stava per andare all’università. Il ragazzo nero aveva 18 anni. La polizia sulle prime ha detto che Michael Brown, cioè il ragazzo nero, stava camminando in mezzo alla strada e quando il poliziotto Darren Wilson gli ha intimato di spostarsi sul marciapiede non gli ha dato retta. È chiaro che comunque sia andata la storia, sparare sei colpi e ammazzare un uomo non ha nessuna giustificazione. Qualche giorno dopo il fatto, la polizia ha diffuso un video in cui si vede un ragazzone che sarà almeno uno e 90, e anche con un po’ di pancia, in pantaloni corti e berretto rosso rubare una scatola di sigari da 49 dollari da uno scaffale del supermercato e poi malmenare un ometto bianco che protesta, chiaramente il padrone del negozio. La polizia ha diffuso il video con l’intenzione di dirci: vedete chi era il cosiddetto “ragazzino che andava a trovare la nonna”? Ma anche se il tizio col cappellino rosso fosse davvero Michael Brown, i sei colpi non hanno nessuna giustificazione. E le fonti nere negano che il tizio col cappellino rosso sia Michael Brown.  

Ci sono stati incidenti.
C’è una tensione montante. Il governatore del Missouri, Jay Nixon (niente a che fare con Richard Nixon), ha chiamato l’esercito e imposto il coprifuoco da mezzanotte alle cinque del mattino. Il coprifuoco dura da sabato, ma non è servito a fermare la protesta. Ancora domenica sera quattrocento persone sono scese in strada, gridando e agitando i pugni. La polizia ha sparato proiettili di gomma e lacrimogeni. Un ferito e sette arresti. Dal 9 agosto, giorno della sparatoria, a oggi si contano quaranta arresti, molti scontri e una quantità di case bruciate. La polizia dice che, tra le brave persone di Ferguson, si sono insinuati gruppi di provocatori.  

Obama?
È intervenuto due volte anche Obama, per fare un discorso difficilissimo: un presidente non può scoprire del tutto la sua polizia, e però ha da dare una qualche soddisfazione anche ai suoi elettori neri. Barack ha prima invitato «ad aiutarsi, non a ferirsi a vicenda». Poi è intervenuto in tv, parlando dalla casa di vacanze di Marta Vineyard: «Non ci sono scuse per un uso eccessivo di forza da parte della polizia contro manifestanti pacifici e per mettere in carcere chi protesta esercitando legalmente il Primo Emendamento. Negli Stati Uniti la polizia non dovrebbe usare prepotenza o arrestare giornalisti che stanno cercando di fare il proprio lavoro». In questi dieci giorni infatti c’è stato anche l’arresto di due giornalisti (del Washington Post e dell’Huffington Post) presi mentre stavano mangiando in un McDonald’s. Poi li hanno liberati. Obama è rientrato a Washington domenica sera e ha subito incontrato il ministro della Giustizia.  

Ci sono altre manifestazioni di protesta.
Sì, ci sono anche altre episodi. Un ambulante nero strangolato da un poliziotto a New York, un altro ragazzo nero ucciso dalla polizia a Los Angeles. L’elenco è lungo.  

Non è strano che un paese capace di mandare un nero alla Casa Bianca abbia ancora così forti pulsioni razziste?
La segregazione è finita (forse) nel ceto medio-alto, nei quartieri colti, nelle grandi città. In periferia, l’ostilità verso le comunità non bianche resta. Contro gli ispanici e soprattutto contro gli afroamericani. I quali rappresentano anche lo strato più povero della popolazione e necessariamente, quindi, quello più incline a delinquere. Si mischiano perciò in questi episodi questioni sociali e questioni culturali. I bianchi sono ancora maggioranza assoluta negli Stati Uniti, i neri non arrivano al 15%. Ma le minoranze, specie quelle povere, crescono di giorno in giorno. Le proiezioni mostrano che entro la metà del secolo la percentuale di bianchi sarà scesa sotto il 50 per cento.