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 2014  agosto 17 Domenica calendario

2014/08/14 - L’improvvisa debolezza tedesca: la guerra in Ucraina e l’impossibilità di esportare come prima in Europa

Il Sole 24 Ore, 14 agosto 2014

E se fosse la Germania il vero malato dell’Europa? Il titolo di uno studio pubblicato ieri da Ubs suonerebbe quasi come una provocazione, ma non è poi così distante dalla realtà. Se ci si riferisce ai mercati finanziari, infatti, la cronaca narra di un Bund mai così forte, come dimostra anche l’asta record del decennale tedesco chiusa con un tasso all’1,08% e un rapporto di copertura solido. Quando però si sposta lo sguardo alla Borsa non si può dire altrettanto perché, rimbalzo di ieri a parte, il Dax di Francoforte è uscito con le ossa rotte da queste ultime settimane: dai massimi (storici) di giugno l’indice tedesco ha perso il 10% e soprattutto si è comportato peggio del resto d’Europa, se si escludono Milano e Lisbona.
Non si tratta certo di un fenomeno usuale per le azioni tedesche, che in passato si sono in genere dimostrate più solide di altre anche nei momenti di maggior tensione sui mercati. Si potrebbe quasi sostenere, senza il rischio di essere smentiti, che di questi tempi la classica «fuga verso la qualità» degli investitori funzioni soltanto a senso unico: il denaro affluisce come non mai sul Bund, che potrebbe anche abbattere la barriera dell’1% sulla scadenza decennale; non altrettanto avviene invece per la Borsa di Francoforte, che anzi a luglio ha subito i maggiori deflussi netti fra i principali listini europei, secondo una ricerca condotta da Ubs sui propri clienti.
La ragione di movimenti così insoliti viene in generale attribuita all’effetto che la crisi russo-ucraina potrebbe esercitare sull’economia della Germania e sulle sue aziende: un impatto che ancora traspare poco dai dati reali, ma che già traspare dagli indicatori di fiducia (lo Zew di due giorni fa) così come è ben presente nella mente degli imprenditori (aziende come Adidas hanno già tagliato le stime sul fatturato annuale proprio per le difficoltà che potrebbero insorgere sul mercato russo).
Ben poco si parla invece del fatto che il sistema sul quale Berlino ha basato il proprio successo dopo la riunificazione e in particolare dopo la creazione dell’euro, ovvero l’export aggressivo nei confronti soprattutto degli altri Paesi dell’Unione monetaria, mostra ora più di una crepa anche per la continua stagnazione di questi ultimi. Quale sia la reale natura della nuova debolezza tedesca - se esogena o interna allo stesso sistema - gli analisti ritengono però che il Dax abbia comunque le carte in regola per tornare a brillare, e non solo in caso di alleggerimento delle tensioni in Ucraina: lo favoriscono soprattutto le sue valutazioni, a sconto del 10% quando si confrontano prezzi e utili con il resto d’Europa e vicine ai minimi degli ultimi 10 anni (cosa che spiega probabilmente il rimbalzo di ieri); lo avvantaggia anche il fatto di essere il mercato più esposto al ciclo economico globale, che potrebbe superare l’attuale impasse nella seconda parte dell’anno.
Nell’immediato ci sarà però da fare i conti con il dato sul Pil del secondo trimestre, che viene pubblicato questa mattina e che potrebbe certificare a sorpresa l’arretramento della Germania. Spingendo probabilmente a più miti consigli anche i «falchi» che siedono a Berlino.
Maximilian Cellino