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 2014  agosto 16 Sabato calendario

2013/12/31 - Un anno di Abenomics (Appunti)


Meno di un mese dopo la sua elezione Abe ha già dato il via ad una manovra molto aggressiva. Prima un piano di sostegno all’economia per 116 miliardi di dollari, poi l’ingiunzione al governatore uscente della Banca del Giappone di portare dall’1 al 2% il target dell’inflazione, a costo di stampare tanta moneta quanto basta. E poco importa se il debito pubblico, peraltro quasi tutto in mano ad investitori di casa, ormai supera il 236%. ed il deficit il 10%. L’importante far ripartire l’economia (che comunque cresce del 2,2%) e ridurre la disoccupazione (già oggi sotto il 5%). L’arma principale, per questo, è , al proposito, la svalutazione dello yen.
Ugo Bertone, Libero 16/1/2013

Il Giappone, non ancora uscito dallo shock energetico causato dalla crisi della centrale di Fukushima, è appesantito da un debito pubblico lordo al 240%, dall’indice di invecchiamento più alto del pianeta e da un apparato industriale che, complice lo yen, non riesce a superare il crollo dell’export. In gennaio gli ordini di macchinari, spina dorsale della produzione nazionale, sono calati del 13%, il più forte arretramento da otto mesi nonostante l’accelerazione della ricostruzione post-tsunami. Il rischio è che, senza le riforme strutturali che i grandi elettori di Abe storicamente non vogliono, banche e imprese si limitino a incassare i soldi della banca centrale senza reimmetterli nell’economia, avviando anche lo stimolo fiscale su un binario morto. Da metà novembre la caduta sul dollaro è superiore al 16% e secondo il nuovo governatore centrale «il suo indebolimento da guadagni eccessivi è basato sulle aspettative di allentamento monetario». I punti caldi che allarmano le cancellerie straniere sono due: il precedente di una grande potenza che sottomette la banca centrale agli obiettivi politici del governo e la rilanciata sfida globale di una svalutazione competitiva.
Giampolo Visetti, Affari&Finanza, la Repubblica 18/3/2013

Il governatore Kuroda, 68 anni, master a Oxford e passioni che spaziano dai testi filosofici ai romanzi polizieschi, sembra aver preso il consiglio del giornale americano alla lettera. Come primo atto della sua missione ha deciso di raddoppiare in due anni la base monetaria (che tradotto dal dizionario economico significa il denaro liquido e le riserve obbligatorie della banche): si tratta di un’operazione da non meno di 1.400 miliardi di dollari. L’obiettivo è di spezzare la spirale della deflazione e portare l’inflazione giapponese al 2 per cento. Venerdì alla Borsa di Tokyo sono state scambiate 6 miliardi e 450 mila azioni, un livello mai toccato da quando il mercato fu creato nel 1949. Neanche lo choc per lo tsunami e l’incidente nucleare di Fukushima, nel marzo del 2011, riuscì a provocare una tale ondata di compravendite. Anche l’indice Nikkei ha toccato un livello mai più visto dal 1° settembre 2008, la vigilia del fallimento della banca americana Lehman Brothers che svelò la gravità della crisi finanziaria nell’era della globalizzazione. Il presidente della Banca mondiale, Jim Yong Kim, si è detto soddisfattissimo dalla promessa del governatore di azzardare qualunque mossa pur di far ripartire la crescita. Se la terza economia del mondo ha deciso di giocare in modo spregiudicato la partita del «monetary easing», acquistando bond pubblici al ritmo di 40 miliardi di euro al mese e di fatto creando moneta, le altre potenze non saranno felici di assistere a un indebolimento dello yen che avvantaggerà le esportazioni giapponesi. In due giorni lo yen ha già perso il 4,5% sul dollaro e il 5% sull’euro e gli analisti prevedono che la tendenza al ribasso proseguirà nei prossimi mesi.
Guido Santevecchi, Corriere della Sera 07/04/2013

2 per cento è l’obiettivo per l’inflazione, 2 sono gli anni di tempo, doppia è la base monetaria con cui si ritroverà il Giappone dopo la cura Kuroda (arriverà a 270 mila miliardi di yen, circa 2.800 miliardi di dollari), 2 è il “Quantitative easing” al quadrato: ultraespansionismo quantitativo e qualitativo.
Con questo stimolo di 1.400 miliardi di dollari, il governatore vuole comprare qualsiasi cosa, violando i tabù stessi dell’Istituto, che non s’avventurava oltre i bond a tre anni: arriverà a riempirsi la pancia anche dei pericolosi Jgb a quarant’anni e la vita media dei titoli di stato in portafoglio passerà da tre a circa sette anni. Kuroda acquisterà 7 mila miliardi di yen in bond al mese (73 miliardi di dollari) pari all’1,4 per cento del pil (la Fed acquista 85 miliardi di dollari in bond al mese, lo 0,6 per cento del pil). E’ saltata anche la regola autoimposta secondo la quale i titoli di stato della Banca non possono superare il valore delle banconote di yen in circolazione: entro il 2014 i primi supereranno le seconde di quasi tre volte. Un piano B alla politica ultraespansiva non è stato pensato, anzi, al limite è toglierle il carattere di provvisorietà: ultra espansivi ora e sempre. L’opposizione al governo sussurra, in modo non molto elegante, che “l’Abenomics è come farsi la pipì addosso quando fa freddo: sul momento dà sollievo, ma poi è un disastro”. I vicini, sudcoreani in testa, non possono permettersi un Giappone con lo yen debole. E George Soros, finanziere ricchissimo con la passione per le piazze democratiche purché colorate, meglio noto come “quello che ha spezzato la Banca d’Inghilterra” speculando al ribasso sulla sterlina negli anni 90, già da qualche mese scommette sul ribasso dello yen: ha investito 1 miliardo di dollari. Un giornalista della Cnbc gli ha chiesto: “Vuole spezzare anche la Bank of Japan?”. E lui, con un sorriso feroce: “Forse è quello che la Bank of Japan si augura”.
Paola Peduzzi, Il Foglio 6/4/2013

L’indice Nikkei è stato il più alto dal 2008, mentre lo yen è precipitato ai minimi sia sul dollaro che sull’euro. Il neogovernatore della Boj, alla prima riunione del board, ha raddoppiato gli acquisti di titoli governativi a lungo termine, includendo anche quelli a quarant’anni, e ha allungato la vita dei titoli di Stato già in portafoglio da meno di 3 fino a a 7 anni. Tra questi, anche asset tossici, come gli exhange-traded fund, o gli immobiliari, responsabili trent’anni fa della prima grande bolla giapponese. La Banca centrale potrà aumentare l’acquisto annuale di Etf di mille miliardi di yen e quello di fondi comuni immobiliari di 30 miliardi. La preoccupazione è che Tokyo non riesca poi a saldare i debiti con la propria economia, facendo rischiare al Giappone uno storico crack, oppure consegnando la nazione alle economie straniere, prima fra tutte la Cina. Altri passi subito monitorati con attenzione, la sostituzione dell’«overnight call rate» con la base monetaria, da aumentare di 70 mila miliardi di yen all’anno, e la sospensione della regola secondo cui l’ammontare dei debiti pubblici detenuti dalla Boj non possa superare la quantità totale della massa monetaria in circolazione.
Giampaolo Visetti, Affari&Finanza, la Repubblica 8/4/2013

E fra i motivi di ottimismo c’è senz’altro il nuovo cammino intrapreso dalle Banche centrali con le loro politiche "non-convenzionali". L’esortazione a non aver paura della creazione di liquidità (già formulata su queste colonne - vedi Il Sole-24 Ore del 15-6-2011) veniva da lontano, da due giganti del pensiero economico come John Maynard Keynes e Milton Friedman: seppellite sacchetti di banconote e poi dite ai cittadini di scavare, scrisse Keynes; mandate in giro elicotteri che facciano cascare dal cielo pacchi di soldi, rincarò Friedman. Le architetture teoriche che stavano dietro queste due "raccomandazioni" erano diverse, ma la sostanza era la stessa: nella lettera o nello spirito erano misure di politica di bilancio finanziate col torchio. E la "Abenomics" sta funzionando: il tasso di disoccupazione è sceso (al 4,1%) e i giapponesi tornano a spendere (i consumi delle famiglie a marzo sono saliti del 5,2% reale sull’anno).
Fabrizio Galimberti, Il Sole 24 Ore 1/5/2013

Ha fatto appello al nazionalismo e ha lanciato un piano di investimenti pubblici quasi illimitati, spendendo tra gennaio e aprile 100 miliardi di euro e ordinando alla Banca del Giappone di stampare moneta in attesa di varare un piano di riforme strutturali. I primi mesi sono stati incoraggianti. La Borsa di Tokyo a partire da novembre ha guadagnato quasi il 50%, ridando fiducia ai consumatori. In questo nuovo clima finalmente a marzo le famiglie hanno speso in media il 5,2% in più, concedendosi un’auto nuova o lavori di ristrutturazione in casa. Era dal febbraio 2004 che non si vedeva un balzo del genere. Restano dei timori, perché i salari non sono saliti allo stesso ritmo e così questo livello di spesa familiare sembra insostenibile: tanto è vero che nel settore elettrodomestici, cruciale in Giappone, per vendere i produttori hanno dovuto abbattere ancora i prezzi, dal -10% dei frigoriferi al -18% dei televisori. Abe insiste nella sua previsione ottimista: il Pil salirà del 2,9% quest’anno. Spinta da uno yen che si è indebolito di quasi il 30 per cento da settembre sul dollaro e da nuovi modelli che piacciono agli automobilisti americani, la Toyota ha appena chiuso il primo trimestre del 2013 con utili netti da 313,9 miliardi di yen (vicini ai tre miliardi di euro), quasi triplicati rispetto allo stesso periodo del 2012. La Toyota, prima casa per veicoli prodotti nel mondo, arrancava da cinque anni nella peggiore crisi dei suoi 75 anni di storia; ora in tre mesi ha venduto per 58 miliardi di dollari. Per ogni yen che la valuta giapponese perde nel cambio rispetto al dollaro, il profitto operativo cresce di 35 miliardi di yen. Proprio oggi lo yen ha toccato la quota 100 sul dollaro (non succedeva da quattro anni) e 130 sull’euro, l’indice Nikkei - con l’ulteriore balzo di quasi il 3% di ieri – è salito ai massimi dal gennaio 2008 e sfiora un guadagno del 70% in meno di sei mesi sull’onda della forte ripresa dei profitti della Corporate Japan.
Guido Santevecchi, Corriere della Sera 10/05/2013

È di ieri anche la notizia che il credito alle imprese è salito in aprile del 2,1% rispetto a un anno prima, al ritmo più alto dal luglio 2009, con il valore complessivo dei prestiti bancari (escluse le casse locali) salito all’equivalente di 4mila miliardi di dollari (ai massimi dall’aprile 2009). La banca Resona ha annunciato ieri il piano per ripagare completamente il governo che la salvò nel 2003, con una drastica iniezione diretta di fondi nel suo capitale che spazzò via d’un colpo gli annosi problemi dell’intero settore bancario nazionale: una vicenda quasi dimenticata in cui ancora una volta il Giappone suscita invidia in Paesi che applicano medicine diverse e opposte. Il primo campanello di allarme è èerò già suonato nel mercato obbligazionario giapponese, con la sua accresciuta volatilità e la mancata riduzione dei tassi a lungo.
Stefano Carrer, il Sole 24 Ore 11/5/2013

Un pil in crescita dello 0,9 per cento nel primo trimestre 2013 e del 3,5 annuo: meglio delle previsioni che puntavano rispettivamente su uno 0,7 e 2,8. Lo spleen del dopo Fukushima pare lontano, i consumi interni. che valgono il 60% del Pil, crescono a un ritmo dello 0,9 per cento netto, l’export sembra tornato ai fasti del passato. Le metropoli Tokyo, Yokohama, Osaka e Nagoya sono in pieno boom con la spesa delle famiglie che cresce; mentre l’indice Nikkei è tornato al livello del 2007. L’Abenomics ha immediatamente calamitato l’attenzione di tutto il mondo. Essendo decisamente poco ortodossa – un governo di destra che ignora un debito pubblico del 230 per cento del pil, si serve di stimoli statali e della svalutazione (il 22 per cento sul dollaro) – è variamente commentata. Muhtar Kent, numero uno della Coca-Cola: “Il Giappone ha un problema demografico, ed è ormai tardi per trasformare la popolazione in qualcosa di dinamico, aperto, orientato alla natalità”. Il Credit Suisse ha rilasciato un report intitolato “Le cinque ragioni per investire in Giappone”. E cioè: la svalutazione rilancerà l’export; il pil crescerà al ritmo più elevato del G7; l’innalzamento del target d’inflazione orienterà gli investitori sulle azioni (oggi il 56 per cento dei portafogli privati è cash e solo il 9 in Borsa); questo dovrebbe riportare le aziende al profitto, al contrario che in Europa e Stati Uniti; infine la bassa produttività giapponese consente margini di crescita del 30 per cento.
Il Foglio 17/5/2013

Le prime 200 imprese, secondo Daiwa Securities, accresceranno gli utili del 75% nell’anno in corso se il dollaro resterà intorno a quota 100. Per ora ad Abe sembra andare tutto bene: la maggiore incognita resta legata agli effetti dell’introduzione - prevista per il prossimo aprile - dell’aumento dal 5 all’8% dell’Iva.
Stefano Carrer, Il Sole 24 Ore 17/5/2013

Si racconta che Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank, abbia alzato il telefono per esprimere al suo collega di Tokyo tutto il disappunto tedesco per la politica dello yen debole. «Da voi tedeschi non accetto lezioni...» sembra sia stata, più o meno, la risposta di Haruhiko Kuroda, il nuovo presidente della banca centrale scelto dal premier Shinzo Abe per dare una scossa all’economia, che segnava il passo da un quarto di secolo. Una risposta che ha il suo perché: a metà del decennio scorso, nel maggio del 2003, ci volevano 135 yen per comprare un euro, più o meno la stessa cifra di oggi (133 yen). Ovvero la grande svalutazione scatenata dalle riforme del premier conservatore Shinzo Abe (il 30% abbondante in meno di sei mesi) ha rimesso le cose al suo posto. È stata la Germania, accusa Tokyo, ad aver approfittato dei guai dell’Europa (in buona parte legati alla politica di Berlino...) per disporre di un euro debole, a vantaggio dell’export di Volkswagen, Bmw e così via.
Ugo Bertone, Libero 17/5/2013

Ma perché proprio il Giappone ha imboccato questa strada? David Pilling, editorialista del Financial Times, recentemente ha ipotizzato che questo drastico cambio di rotta sia stato provocato dal duplice shock dello tsunami del 2011 e del sorpasso della Cina, che ha scalzato il Giappone dalla posizione di seconda economia mondiale: questo doppio trauma ha fatto breccia nel fatalismo dominante e ha convinto la classe dirigente che bisognava fare qualcosa.
Paul Krugman, Il Sole 24 Ore 21/5/2013

Più del 90% del debito pubblico giapponese è in mano a investitori nazionali che si sono sempre accontentati di interessi irrisori. Ed è questo uno dei motivi per cui Abe ha potuto “ordinare” alla Banca del Giappone, dopo aver imposto al suo vertice un suo fidato sostenitore, Haruhiko Kuroda, di battere moneta. A seguito delle decisioni di Tokyo sono partite altre spinte di “svalutazione competitiva” (per ora la Corea, ma anche la Cina ci sta pensando). Gli investitori giapponesi resteranno fedeli all’Impero o andranno in cerca di migliori rendimenti? Fino a quanto si può spingere il deficit, già al 10 per cento del Pil? E che succederà se, in mancanza di un aumento dei salari, l’auspicata ripresa dei consumi non sarà forte come previsto, con conseguente ulteriore contrazione del gettito fiscale?
Pio d’Emila, il Fatto Quotidiano 22/5/2013

Il timore inconfessabile scontato ieri dall’indice Nikkei, il peggiore dopo quello seguito alla crisi atomica di Fukushima nel 2011, è che i dati strutturali dell’economia giapponese non possano alimentare a lungo l’euforia delle ultime settimane. Una battuta d’arresto, dopo i picchi d’inizio settimana, era nelle previsioni. Però si sono sommati due fattori decisivi: la crescita dei rendimenti dei titoli di Stato a dieci anni, che ha costretto la banca centrale a intervenire con 19 miliardi di dollari, e la frenata dell’indice Hsbc cinese. Per la prima volta da mesi scricchiolano cioè i fondamenti dell’osannata Abenomics. Lo stesso premier Shinzo Abe ha ammesso che l’obiettivo di alzare l’inflazione al 2% non potrà essere conseguito in un biennio, ma forse in un medio periodo. L’uso del debito nazionale per finanziare altro credito interno, non convince poi né gli Usa nè la Ue, dove i debiti non sono autofinanziati, ma venduti all’estero.
Giampaolo Visetti, la Repubblica 24/5/2013

La luna di miele dell’Abenomics con i mercati finanziari si è interrotta bruscamente ieri con un richiamo dai sogni alla realtà: al di là dei fattori contingenti che l’hanno causato, il dietro-front del 7,3% dell’indice della Borsa di Tokyo comincia a segnalare che il balzo dell’80% del mercato azionario negli ultimi sei mesi non è pienamente giustificato dai fondamentali dell’economia, mentre - a parte il forte stimolo monetario - finora le politiche promosse da Abe sono in ancora fase embrionale e quindi attese alla prova di vere riforme. Franklin Allen, professore di finanza ed economia alla Wharton University of Pennsylvani: «Il Paese ha problemi sottostanti difficili da eliminare: quello politico, con riflessi economici, con la Cina; quello demografico e quello del debito, fino poi alla caduta di competitività degli ex campioni mondiali dell’elettronica come Sony, Sharp e Panasonic». Per questo, ieri, è stata traumatica la combinazione tra l’ascesa mattutina dei tassi sui decennali all’1% e la notizia del calo dell’attività manifatturiera in Cina, che pone un punto interrogativo sulla ripresa globale. Se alcuni grandi investitori come Kyle Bass dell’hedge fund Hayman pronosticano sfracelli prossimi venturi del mercato dei bond e quindi sull’intera economia, anche il compassato Allen non manca di osservare che la crisi globale del 2008 fu innescata da politiche monetarie troppo accomodanti che hanno ignorato l’inflazione artificiale degli asset price (ossia proprio quello che la BoJ sta cercando di promuovere con la sua politica reflazionista).
Stefano Carrer, Il Sole 24 ore 24/5/2013

Si è pensato: gli investitori di Tokyo, a fronte dei tassi nipponici saliti fino al 2% (il trentennale), sono meno incentivati a diversificare i loro portafogli sugli asset occidentali. «In un simile contesto - dice Antonio Cesarano, economista di Mps capital services - le vendite di yen calano e il suo deprezzamento rallenta». Una divisa giapponese più forte (ieri è salita dell’1,2% sul dollaro) giocoforza fa ipotizzare minori esportazioni e, quindi, minori guadagni per le società quotate nella Borsa di Tokyo. Il risultato? Duplice: da un lato, il crollo del Nikkei (-7,32%); e, dall’altro, le vendite sui mercati dell’Europa che temono il mancato arrivo dei miliardi giapponesi.
Vittorio Carlini, Il Sole 24 ore 24/5/2013

La Banca centrale del Giappone potrà anche aver dato una bella scossa agli investitori di tutto il mondo, tuttavia le resta ancora da spronare i consumatori giapponesi. L’impegno della Bank of Japan, annunciato il 4 aprile, di intraprendere una politica aggressiva volta ad aumentare l’offerta di moneta ha contribuito a innalzare l’indice di Breakingviews sulla strategia economica del primo ministro Shinzo Abe, il cosiddetto Abenomics, per il quinto mese consecutivo. L’indice infatti, dal 94,39 registrato a marzo, è passato al 94,69 ad aprile. Ad ogni modo, la maggior parte dei consumatori è rimasta a casa. La spesa stagionalizzata da parte delle famiglie dei lavoratori, uno dei 10 componenti dell’indice complessivo, è scesa del 6% rispetto al mese precedente in termini reali, o al netto dell’inflazione.
Una diminuzione per quanto riguarda il bazooka monetario della BoJ che non fa altro che sottolineare la sfida del primo ministro Shinzo Abe: a meno che le aziende aumentino le retribuzioni e le famiglie destinino queste entrate aggiuntive ad acquisti di varia natura, un’ulteriore emissione di denaro potrebbe non essere sufficiente per porre fine alla deflazione cronica che da tempo affligge il Sol Levante.
Il primo ministro ha accennato a una serie di agevolazioni fiscali “considerevoli” per la spesa in conto capitale, le quali saranno annunciate ufficialmente in autunno. Questo contribuirebbe a stimolare nuovi investimenti e assunzioni, elementi fondamentali per mantenere a un buon livello di vitalità i risparmi dei consumatori quando, ad aprile del prossimo anno, l’imposta sul consumo salirà dall’attuale 5% all’8%.
Andy Mukherjee, La Stampa 11/6/2013

Il crollo di ieri della Borsa di Tokyo, il secondo nel giro di poco, segnala che la nuova politica giapponese (Abenomics) presenta criticità forti, e che comunque non si può passare dall’austerità a stampare moneta come se niente fosse.
Enrico Cisnetto, Il Foglio 14/6/2013

In Giappone il mondo sperimenta il tentativo di una ripresa per necessità, più che per scelta». A confermarlo, l’ottovolante del Nikkei: più 50% nell’ultimo anno, meno 25% in due settimane, ultimo crollo (prima dell’allarme banche in Cina nel weekend) a metà giugno, sei punti persi in una seduta. I ragazzi terribili di Kabutocho giudicano “non sostenibile nel medio-lungo periodo” un indebitamento pubblico che ha sfondato la barriera del 245%. La pensano così anche i democratici, costretti all’opposizione dopo soli tre anni al governo, che puntano alla rivincita il 21 luglio, quando si voterà per il rinnovo della metà dei seggi nella Camera Alta, che ancora controllano. Slogan elettorale: «Fermiamoci in tempo». Il vento popolare sembra però soffiare alle spalle dei liberaldemocratici. Trionfo domenica nelle municipali di Tokyo, dove la coalizione del premier ha fatto il pieno e l’Ldp ha eletto tutti i suoi 59 candidati.
La bilancia commerciale è in deficit record da quasi 8 miliardi di euro. «L’Abenomics — dice l’economista Masamichi Adachi — è l’ultima carta del Giappone per rallentare l’espansione di Pechino. O la crescita ritorna stabile in Europa e Usa, o la Cina, sostenuta dallaRussia,colmeràconl’autoritarismo il vuoto lasciato dal capitalismo privato. Il paradosso è che si cerchi di salvare consumi e multinazionali con i debiti pubblici: per questo, senza un forte nazionalismo, non si potrebbe chiedere allo Stato di anticipare soldi che non ha»
Giampaolo Visetti, la Repubblica 25/6/2013

il Fondo monetario internazionale, nel suo ultimo report, ha alzato le stime di crescita del Giappone di mezzo punto per quest’anno, mentre ha tagliato di 0,2 punti quelle globali per il 2013 e 2014.
Il Foglio 19/7/2013

Robusta vittoria elettorale di Shinzo Abe, ieri. C’è una faccia nazionalista nelle scelte economiche nipponiche dell’era Abe. Ed è la prima volta in decenni che nel Giappone moderno il nazionalismo in economia e finanza si sposa con il nazionalismo in politica, con il braccio di ferro sulle isole Senkaku ingaggiato con Pechino e con le visite — altamente irritanti per Pechino — di decine di deputati del partito liberaldemocratico di Abe al sacrario Yasukuni, dove si onorano tra l’altro le anime di 1.068 criminali di guerra giapponesi (14 di classe A, cioè giudicati criminali contro la pace). Abe — che è al governo da sette mesi — ha inoltre deciso di aumentare il budget destinato alla Difesa: non succedeva da 11 anni. Soprattutto, ha l’obiettivo dichiarato di modificare la Costituzione pacifista imposta al Giappone dagli americani nel 1947: intende dare uno status più rilevante ai militari, passo necessario per potere poi creare un esercito più grande. Dall’inizio dell’anno, l’indice Nikkei 225 della Borsa è lievitato di oltre il 40%, nel primo trimestre del 2013 la spesa per consumi è salita del 3,5% (su base annua), ci si aspetta che l’economia cresca quest’anno di quasi il due per cento. E la moneta si è svalutata da 84 yen per un dollaro lo scorso dicembre ai cento yen per dollaro di questi giorni. Con l’euro, nello stesso periodo, da 107 yen a 132: l’effetto Abe è che, rispetto a sette mesi fa, esportare in Cina è per la Mercedes del 23% più difficile che per la Toyota
Danilo Taino, Corriere della Sera 22/07/2013

Santevecchi (Cds): «Con la doppia maggioranza nei due rami del parlamento, Abe potrà proseguire con la Abenomics, il piano economico che, dopo quindici anni di stagnazione, ha già dato al Giappone una crescita del Prodotto interno lordo del 4,1% su base annua e ha lanciato i titoli della Borsa di Tokyo a un +40% da gennaio. Sullo sfondo, resta l’ombra della vecchia passione del primo ministro: una riforma della costituzione pacifista del Giappone e la creazione di un vero esercito non più ancorato al rifiuto dell’uso della forza se non per autodifesa».
22/7/2013

Giappone, anche la Camera alta al partito di Abe
• In Giappone il partito del primo ministro liberaldemocratico Shinzo Abe, dopo la vittoria nelle elezioni di dicembre, ha ottenuto un successo inequivocabile anche nel voto di ieri per la Camera alta della Dieta e ora controlla oltre la metà dei seggi (130 su 242) assieme al partito minore di coalizione. Santevecchi (Cds): «Con la doppia maggioranza nei due rami del parlamento, Abe potrà proseguire con la Abenomics, il piano economico che, dopo quindici anni di stagnazione, ha già dato al Giappone una crescita del Prodotto interno lordo del 4,1% su base annua e ha lanciato i titoli della Borsa di Tokyo a un +40% da gennaio. Sullo sfondo, resta l’ombra della vecchia passione del primo ministro: una riforma della costituzione pacifista del Giappone e la creazione di un vero esercito non più ancorato al rifiuto dell’uso della forza se non per autodifesa».
• Le misure prese finora da Abe: un pacchetto di stimolo da 110 miliardi di dollari in grandi opere pubbliche, dai ponti alle strade, una massa di denaro equivalente al 2% del Pil pompata nel sistema; la promessa di mettere fine alla deflazione, fissando un obiettivo di inflazione al 2%; riforme strutturali di lungo termine. [Santevecchi, Cds]
• Il debito pubblico del Giappone supera il 214% del Pil. [Santevecchi, Cds]
• «Dall’inizio dell’anno, l’indice Nikkei 225 della Borsa è lievitato di oltre il 40%, nel primo trimestre del 2013 la spesa per consumi è salita del 3,5% (su base annua), ci si aspetta che l’economia cresca quest’anno di quasi il due per cento. E la moneta si è svalutata da 84 yen per un dollaro lo scorso dicembre ai cento yen per dollaro di questi giorni. Con l’euro, nello stesso periodo, da 107 yen a 132: l’effetto Abe è che, rispetto a sette mesi fa, esportare in Cina è per la Mercedes del 23% più difficile che per la Toyota». [Taino, Cds]
Luca D’Ammando, www.cinquantamila.it 22/7/2013

Venerdì 9 agosto il ministero delle Finanze del Giappone ha pubblicato i dati sul debito pubblico del paese alla fine del giugno 2013. Per la prima volta nella storia, il debito ha raggiunto la cifra di un biliardo di yen, cioè un milione di miliardi. Scritto in numeri è un uno seguito da 15 zeri: 1.000.000.000.000.000. Si tratta circa di 7.700 miliardi di euro – 7,7 bilioni, in altre parole.
Il Post 10/8/2013 Leggi qui il resto

Alla fine è arrivato il momento di fare i conti con l’Abenomics, la politica economica super aggressiva del premier giapponese, Shinzo Abe, al governo da otto mesi. Secondo un report pubblicato ieri i prezzi al consumo sono aumentati al ritmo più veloce mai segnato dal 2008. I prezzi lievitano per via della carenza di energia, e aumenta l’inflazione in un paese da quindici anni afflitto da deflazione. Dati incoraggianti per la Bank of Japan, forse meno per i giapponesi e per l’economia reale.
Il Foglio 31/8/2013

La Borsa di Tokyo ha festeggiato con rialzi pirotecnici l’assegnazione al Giappone dei Giochi olimpici 2020. Il premier Shinzo Abe si è detto “semplicemente estasiato” per la decisione del Comitato olimpico. A completare la festa, ieri, sono arrivati i dati sulla ripresa del Sol levante. Il pil giapponese del secondo trimestre è cresciuto dello 0,9 per cento, assai più delle stime iniziali (0,6) che avevano gettato nello sconforto le teste d’uovo del governo. Su base annua il pil sale del 3,8 per cento, più di ogni altra economia avanzata, come non accadeva da un quarto di secolo abbondante. Insomma, la cura dei cento giorni, la scossa che Abe si proponeva per risvegliare l’economia, a suon di stimoli monetari e spesa pubblica, sembra funzionare. Ora, secondo i voti del premier, lo stimolo delle Olimpiadi dovrà servire a “spazzar via quindici anni di torpore economico”. E, aggiungono i maligni, a indorare la pillola del già previsto aumento dell’Iva (dal 5 all’8 per cento) necessario per contenere l’esplosione del deficit pubblico ma che tanto spaventa gli osservatori e la maggioranza: a fine anni Novanta una manovra dello stesso tipo fece precipitare l’economia, convalescente, in recessione. Stavolta il copione potrebbe non ripetersi. Anche perché, a differenza che in passato, il varo delle opere pubbliche collegate ai Giochi va a sposarsi con un altro ambizioso progetto di Abe: l’apertura del Giappone agli investimenti stranieri. E’ questo il salto in alto che dovrà spiccare l’Abenomics per conquistare la medaglia d’oro della ripresa. Senza trascurare di “aprire fin da subito il libretto degli assegni”, come ha notato Cnn in un servizio porta-iella dedicato ai grandi flop olimpici, da Montréal ad Atene. A monito di Shinzo Abe, ma forse anche di Enrico Letta.
Il Foglio 10/9/2013

Da gennaio il mercato azionario è cresciuto del 40%, inducendo gli investitori a sostenere che il grande malato del capitalismo è in via di guarigione.

Ma quanta liquidità c’è nell’universo finanziario mondiale? Troppa. Nell’agosto 2007 il bilancio della Fed aveva asset per circa 869 miliardi di dollari. Dopo il collasso di Lehman Brothers, avvenuto il 15 settembre 2008, si passò rapidamente da 1.000 miliardi di dollari ai 2.074,205 miliardi registrati il 5 novembre 2008. L’ultima rilevazione della Fed, datata 2 ottobre scorso, vede asset per 3.747,387 miliardi di dollari. E a questi vanno aggiunti i programmi straordinari messi in campo da Banca centrale europea, Bank of England, Bank of Canada. Il tutto senza scordarsi della Bank of Japan, che tramite l’Abenomics raddoppierà la propria base monetaria, portandola da 135.000 miliardi di yen a 270.000 miliardi nel 2014, cioè da 1.430 miliardi di dollari a 2.860 miliardi. Tutti soldi che sono stati riversati sui mercati nel tentativo di contenere gli effetti del post-Lehman Brothers.
Fabrizio Goria, Linkiesta 10/10/2013

Pensate alla Abenomics in Giappone: il suo maggiore successo finora è stato quello di far deprezzare lo yen, dando una mano all’export.
Paul Krugman, Il Sole 24 Ore 27/10/2013

Il Giappone non è da meno: sotto la guida del premier Shinzo Abe sta finalmente uscendo da una lunga depressione durata quasi vent’anni. Il caso nipponico è un concentrato di lezioni sulle terapie da adottare per uscire dal “buco nero” in cui l’eurozona resta prigioniera. Le ricette di Abe mettono insieme una sintesi felice di quel che è stato fatto in precedenza sia a Washington che a Pechino. “Abenomics”, com’è stata battezzata la terapia del Sol Levante, è fondata su una robusta manovra di investimenti statali nelle infrastrutture; più una politica monetaria molto aggressiva. La manovra anti-crisi di Tokyo si ispira ai due pacchetti di investimenti pubblici che Washington e Pechino lanciarono nel 2009. La politica della Banca del Giappone è “clonata” da quella della Federal Reserve: massicci acquisti di bond sul mercato, per schiacciare il costo del denaro e al tempo stesso svalutare la moneta.
Federico Rampini, la Repubblica 4/11/2013

A intralciare le ambizioni della Abenomics, la politica monetaria e fiscale iper espansiva inaugurata dal premier nipponico Shinzo Abe e dal banchiere centrale Haruhiko Kuroda, sono invece le grandi imprese: stanno godendo della liquidità immessa dalla BoJ ma sono riluttanti ad alzare i salari. Bloomberg perciò l’ha ribattezzata la “Scroogenomics” da Ebenezer Scrooge, il taccagno e bisbetico protagonista del “Canto di Natale” di Dickens. Se l’inflazione sale (l’obiettivo è di arrivare al 2 per cento) ma i salari restano bassi è difficile che i consumi ripartano perché il potere d’acquisto dei cittadini resta compresso. Ora Abe vuole mettere a disposizione 69 miliardi di euro per mitigare gli effetti di un aumento della tassazione sulle imprese nella speranza di convincere gli amministratori a cedere sui salari. Senza quest’innesco, infatti, l’Abenomics rischia di perdere spinta al punto che tre membri della BoJ già ora vorrebbero rivedere l’obiettivo inflazionistico (da “imperativo” a “flessibile”).
Il Foglio 07/12/2013

Si conclude con l’approvazione di una enorme manovra suppletiva da 5.500 miliardi di yen (oltre 40 miliardi di euro) il percorso del primo anno dell’Abenomics, la nuova politica economica con cui il premier giapponese Shinzo Abe vuole far uscire il Giappone dalla stagnazione in cui si trova da diversi anni. Secondo quanto riportano i quotidiani giapponesi, la nuova manovra dovrebbe creare 250.000 posti di lavoro e dare fiato al settore delle costruzioni. Essa include inoltre un bonus di 10.000 yen (74 euro) per ogni figlio e 600 miliardi di yen di aiuti al settore edile. Questa manovra, che si aggiunge a quella di inizio anno, è stata varata per cercare di ammorbidire l’impatto che il prossimo aumento della tassa sui consumi (la nostra Iva) avrà sull’economia giapponese. Dal prossimo maggio, infatti, passerà dal 5% all’8% per arrivare poi al 10% nel 2015. Gli ultimi dati del Pil giapponese, diffusi appena qualche giorno fa, sono meno positivi del previsto e anche per questo c’è chi è pronto a ipotizzare che gli effetti della cosiddetta Abenomics stiano già scemando. Nel terzo trimestre il Pil giapponese ha fatto registrare un +0,3%, in leggera flessione rispetto allo 0,5% delle previsioni, facendo attestare così la crescita annua all’1,1% e non al previsto 1,9%.
Stefania Viti, Macro, il Messaggero 16/12/2013

Le ultime statistiche sulla crescita economica in Giappone per l’anno in corso mostrano un raro +1.4%, risultato di tutto rispetto visti i tempi, largamente dovuto alle politiche economiche battezzate «Abenomics» dalla stampa, fatte di forti stimoli finanziari all’economia.
Ilaria Maria Sala, La Stampa 20/12/2013