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 2014  luglio 01 Martedì calendario

Genova, scelta giusta

L’unica alternativa a Genova era un’altra figuraccia internazionale. E siccome in quanto a sberleffi e prese per i fondelli con la Costa Concordia avremmo dato, la scelta del governo pare improntata al buon senso. «Il rischio non è accettabile». Le società di assicurazione inglesi non sono obbligate a seguire il cicaleccio della nostra politica. E quindi in nome e per conto di Costa, che mette i soldi, avevano bocciato Piombino con una certa severità. Il piano del porto toscano presentava «lacune evidenti», a cominciare dai tempi. A settembre sarebbero state pronte le banchine e i dragaggi, che avrebbero permesso solo il «parcheggio» della nave. Le altre opere necessarie allo smantellamento dello scafo giacevano alla voce «lavori da completare nei mesi successivi», non proprio rassicurante per chi è chiamato a un esborso da 300 milioni. Gli esperti di demolizioni navali non avevano dubbi. O Genova, oppure la Turchia e i suoi cantieri a basso costo. A fare resistenza c’era solo la politica e un malinteso campanilismo teso a salvaguardare una sorta di diritto primigenio della Toscana, anche se i danni d’immagine derivati dalle prodezze del comandante Schettino andrebbero equamente distribuiti lungo tutta la penisola. Il governatore Enrico Rossi, approfittando degli ultimi spasmi del governo Monti, si era garantito un decreto ad hoc per Piombino, città purtroppo in crisi nera. I 100 milioni stanziati a fine 2012 erano solo nominalmente destinati all’adeguamento del porto per accogliere il relitto. Si trattava piuttosto di un modo per dare ossigeno a cantieri navali debilitati dalla crisi del siderurgico. Il primo a saperlo era Rossi. Nel settembre 2013, in visita mediatica al Giglio per le operazioni di «raddrizzamento» dello scafo, aveva ammesso che una volta incassato il denaro per la località toscana a lui della destinazione finale della nave non importava molto. Un misto di realismo e cinismo a fin di bene. Ma poi ne ha fatto una questione personale. Ha giocato di melina facendo infuriare i vertici della Protezione civile del consorzio che lavora al Giglio per la messa in sicurezza della nave, che sostenevano l’opportunità di portare via la carcassa non appena in condizioni di navigare, senza attendere l’inverno e le sue intemperie per consentire a Piombino di prepararsi. Ha invocato il pericolo per il Santuario dei cetacei, intimato al governo di non fare «altri inchini» a Costa. Con gesto di ripicca ha neutralizzato con il suo solo voto contrario (su 17) la conferenza dei servizi che doveva decidere, fino al recupero di un vecchio classico, i poteri forti rappresentati dal peso politico della cordata genovese. Eppure la scelta di Genova non dovrebbe rappresentare una vittoria del suo rivale democratico Burlando, che molto si è speso presso i vertici di Costa per perorare la causa della sua città. Non ha perso nessuno. È un bel pareggio per tutti noi. Ovunque, ma non in Turchia. E di questi tempi va bene così.